81.

Ottobre 2007

Alle otto e venti del mattino seguente, l’ispettore Stephen Curry, accompagnato dal sergente Ian Brown, entrò nella piccola sala conferenze nel blocco di custodia sul retro di Sussex House. Aveva in mano gli appunti per il briefing di giornata, che comprendevano una dettagliata rivisitazione di tutti i crimini più gravi che erano stati commessi nel distretto nel corso delle ventiquattr’ore precedenti.

A loro si unì il sergente Morley e il secondo sergente di turno, Mary Gregson, un’agente bassa e tozza con i capelli tagliati a spazzola e dotata di un entusiasmo contagioso per il suo lavoro.

Si misero immediatamente all’opera. Curry cominciò a passare in rassegna tutti gli episodi più significativi. C’era stata una terribile aggressione a sfondo razzista, un giovane studente musulmano picchiato a sangue davanti a un take-away in Park Road, a Coldean, mentre tornava dall’università; un incidente d’auto in Lewes Road nel quale erano morti un pedone e un motociclista; uno scippo violento sulla Broadway di Whitehawk; e il pestaggio di un uomo a Preston Park, per mano di un gruppo di omofobi.

Li passò tutti al setaccio, delineando i quartieri a rischio, assicurandosi – come diceva lui – di non tralasciare nemmeno uno spillo che potesse essere poi colto dal Soprintendente durante la riunione delle nove e mezza.

Poi passarono a esaminare i casi di persone scomparse del distretto e decisero una linea d’azione comune. Mary riferì i dettagli relativi a un uomo rilasciato su cauzione che sarebbe tornato più tardi per presentarsi davanti al tribunale, e ricordò a Curry che aveva un appuntamento alle undici con un Assistente Procuratore della Corona in merito a un sospetto arrestato per una serie di scippi su segnalazione dei colleghi di turni precedenti.

Poi, d’improvviso, l’ispettore si ricordò di qualcos’altro. “John, – ieri ti ho parlato di una donna. Ti avevo detto di andare a dare un’occhiata. A Kemp Town, ricordi? Non la vedo sulla lista – come si chiamava? – ah sì, Katherine Jennings. Ci sono sviluppi?”

Morley arrossì d’un tratto. “Oddio, mi dispiace, capo. Non ho fatto niente. È saltata fuori la faccenda di Gemma Buxton e – mi dispiace – ho dato la priorità a quello. Metterò l’intervento in programma e manderò là qualcuno stamattina.”

“Ottimo”, disse Curry, poi guardò di nuovo l’orologio. Merda. Erano le nove e cinque. Balzò in piedi. “Ci vediamo dopo.”

“Divertiti con il preside”, disse Mary con un sorrisetto ironico.

“Già, oggi potresti essere il cocco della maestra!”, aggiunse Morley.

“Con qualcuno con la tua memoria di merda nella squadra?” ribatté lui. “Non credo proprio.”

Doppia identità
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