65.
Ottobre 2007
Al principio della sua carriera in polizia, Roy Grace era stato agente di pattuglia a Central Brighton, poi aveva trascorso un po’ di tempo al CID nella squadra narcotici. Conosceva quasi tutte le facce e i nomi degli spacciatori di strada, nonché di alcuni dei loro clienti fissi, e a un certo punto, prima o poi, li aveva arrestati tutti.
Di solito erano solo i pesci piccoli quelli che venivano presi – i frutti sui rami più bassi, come si diceva in gergo. Spesso la polizia li ignorava, limitandosi invece a sorvegliarli e persino stringendo rapporti amichevoli con qualcuno di loro nella speranza che li conducessero ai pezzi grossi, ai mediatori, ai fornitori e, molto di rado, sul luogo della consegna di una grossa partita. Ma ogni volta che la polizia otteneva qualche risultato e riusciva a eliminare dal gioco un elemento, ce n’erano sempre di nuovi pronti a prenderne il posto.
In quel momento, però, mentre parcheggiava la sua Alfa Romeo all’NCP di Church Street e spegneva il motore, interrompendo la canzone di Marla Glen che stava ascoltando, il sottobosco della droga di Brighton poteva essere utile ai suoi scopi.
Con indosso un leggero cappello scozzese sopra il completo, camminò tra la folla della pausa pranzo che iniziava ad emergere dagli uffici, oltrepassò caffetterie e bar e il Corn Exchange e svoltò a sinistra in Marlborough Place, dove si fermò fingendo di fare una telefonata. La zona immediatamente a nord, e verso est oltre London Road, era da tempo il regno degli spacciatori di droga.
Gli ci vollero meno di cinque minuti per notare due uomini vestiti male che andavano di fretta, camminando più rapidi di tutti gli altri: bersagli facili. Si mise a seguirli, tenendosi a distanza di sicurezza. Uno era alto e magro, con le spalle curve, e indossava una giacca a vento sopra un paio di pantaloni grigi e scarpe da tennis. L’altro, più basso e robusto, indossava la casacca di una tuta su pantaloni larghi e scarpe nere e camminava con strani movimenti saltellanti, le braccia larghe, e si guardava alle spalle ogni pochi secondi, come per controllare di non essere seguito.
Il più alto reggeva in mano una borsa di plastica, quasi sicuramente contenente una lattina di birra. Bere per strada era illegale, in città, così la maggior parte della gente di strada teneva una lattina aperta in un sacchetto. Stavano camminando molto alla svelta, o perché avevano fretta di procurarsi dei soldi – nel qual caso stavano per commettere un reato, forse uno scippo o un furto in un negozio – oppure perché diretti da uno spacciatore a comprare la dose giornaliera, pensò Grace. O forse erano loro stessi spacciatori che stavano andando a incontrare un compratore.
Due autobus a un piano, gialli e rossi, passarono per la strada con un rumore assordante, seguiti da un taxi e da una coda di automobili. Da qualche parte si accese una sirena e le teste dei due uomini scattarono all’unisono. Quello più massiccio sembrava guardare solo alla propria destra, così Grace si tenne alla sua sinistra, vicino alle vetrine dei negozi, facendosi scudo con i passanti ogni volta che gli era possibile.
I due svoltarono a sinistra in Trafalgar Street. Grace era sempre più sicuro di averci visto giusto. E infatti, dopo nemmeno duecento metri, svoltarono di nuovo a sinistra e giunsero alla loro destinazione.
Pelham Square era una piccola piazza elegante circondata da case in stile Regency con ampi terrazzi e con al centro un parchetto delimitato da una staccionata. Le panchine vicino all’ingresso della piazza erano sempre state uno dei posti preferiti dagli impiegati per fermarsi a pranzare nelle belle giornate. Ora, con il divieto di fumare nei posti di lavoro entrato in vigore da poco, le panchine sembravano godere di un successo anche maggiore. Ben pochi, tra quelli che stavano pranzando o si stavano fumando una sigaretta, degnavano di un pensiero, o anche solo di uno sguardo, l’assortimento di straccioni raggruppato intorno a un’altra panchina dalla parte opposta del parco.
Grace si appoggiò a un lampione e li studiò per qualche minuto. Niall Foster era uno dei tre seduti sulla panchina: beveva birra da un sacchetto della spesa come tutti gli altri. Poco oltre i quaranta, con un viso scavato e ostile che spiccava sotto un taglio di capelli bizzarro, simile alla tonsura di un frate, indossava solo una canottiera a dispetto del vento freddo, sopra a un paio di pantaloni blu e scarponi da lavoro.
Grace lo conosceva abbastanza bene. Era un rapinatore e di tanto in tanto spacciava. Di sicuro era lui che stava servendo il gruppo di disperati che gli stava attorno. Accanto a lui, sulla panchina, c’era una donna sporca e smagrita con capelli unti castani. Accanto a lei, un trentenne altrettanto male in arnese che continuava a mettersi la testa tra le ginocchia.
I due uomini che aveva seguito si avvicinarono a Foster. Era una migrazione da manuale. Foster doveva aver detto a ognuno dei consumatori di incontrarlo lì, in quel parco, a quell’ora precisa. Se si fosse innervosito o avesse sospettato di essere sorvegliato, avrebbe mandato a monte l’incontro, lasciato il parco, scelto un posto nuovo e comunicato via telefono ai suoi clienti di raggiungerlo là. A volte potevano esserci diverse migrazioni come quella prima che lo spacciatore si sentisse a suo agio. E spesso c’era un giovane assistente che faceva il servizio al posto suo. Ma Foster era un pusher di mezza tacca, probabilmente non voleva pagare nessuno. E, a parte questo, conosceva il sistema. Era ben consapevole di essere un pesce piccolo; se in pericolo, si sarebbe semplicemente limitato a inghiottire i pacchetti o le dosi della droga che stava vendendo per poi recuperarle più tardi dalla tazza del cesso.
Niall Foster guardò dalla sua parte, Grace si scansò per non essere visto e nel farlo si ritrovò praticamente addosso all’uomo che era venuto a cercare.
Erano passati un po’ di anni, ma anche così Grace era sconvolto da quanto il delinquente fosse invecchiato. Terry Biglow era il rampollo di una delle famiglie criminali più abiette di Brighton. La storia dei Biglow risaliva alle gang cosiddette “dei rasoi” che avevano combattuto guerre da marciapiede per il controllo del racket negli anni Quaranta e Cinquanta, e c’erano molte persone a Brighton e Hove che un tempo si sarebbero spaventate soltanto a sentire quel nome. Ora, però, la maggior parte dei membri anziani della famiglia era morta, mentre i più giovani o erano in prigione a scontare lunghe condanne o erano latitanti in Spagna. Quelli che restavano ancora in città, come Terry, erano criminali da strapazzo.
Terry Biglow aveva iniziato la sua carriera come sciacallo, poi era diventato ricettatore e spacciatore occasionale. Un tempo aveva modi aggressivi e un fisico scattante, e ostentava capelli imbrillantinati e scarpe a punta dozzinali. Ora doveva avere più di sessantacinque anni, pensò Grace, ma ne dimostrava almeno dieci di più.
I capelli del vecchio malavitoso erano sempre acconciati allo stesso modo, ma ora sembravano unti e radi, ed erano diventati grigi. La sua faccia da roditore era incavata e smagrita al punto da sembrare emaciata, mentre i piccoli denti aguzzi avevano assunto il colore della ruggine. Indossava un vestito grigio stazzonato con i pantaloni legati da una cintura posta troppo in alto, quasi sotto le costole. Sembrava anche essere rimpicciolito di diversi centimetri, e aveva un cattivo odore. Le uniche tracce del Terry Biglow di un tempo erano il grosso orologio d’oro e un massiccio anello di smeraldo.
“Signor Grace, Sergente Grace, che piacere vederla! Ma che sorpresa!”
Non proprio una sorpresa, stava per dire Roy. Ma era contento per la facilità con cui tutto sembrava filare per il verso giusto, in quel suo giro in centro.
“Ora sono Soprintendente”, lo corresse.
“Ma sì, ma certo! Me ne ero dimenticato.” La voce di Biglow era sottile e acuta. “Promosso. L’ho sentito dire, sì. Se lo merita, signor Grace. Oh, scusi, signore, detective... Soprintendente. Sono pulito, ora. In prigione ho trovato Dio.”
“Era dentro anche lui, eh?” ribatté Grace.
“Non faccio più quelle cose, signore”, disse Biglow, mortalmente serio, senza accorgersi – o ignorandolo a bella posta – del sarcasmo di Grace.
“Allora è solo una coincidenza che te ne stai fuori dal parchetto mentre Niall Foster spaccia su quella panchina, vero, Terry?”
“Assoluta coincidenza”, disse Biglow, gli occhi più agitati che mai. “Sì, signore, proprio una coincidenza. Io e il mio amico – ce ne stavamo andando solo a pranzo, passavamo di qui per caso.”
Biglow si rivolse al suo compare, che era vestito altrettanto male. Grace conosceva quell’uomo: Jimmy Bardolph, un tempo scagnozzo della famiglia. Ma non più, immaginò Grace. L’uomo puzzava di alcool, la faccia era ricoperta di ulcere e i capelli erano spettinati e sporchi. Sembrava non facesse un bagno da quando l’ostetrica gli aveva tolto la placenta subito dopo il parto.
“Questo è il mio amico, il Soprintendente Grace, Jimmy. È un brav’uomo, con me è sempre stato leale. Se c’è uno sbirro di cui ti puoi fidare, be’, questo è il signor Grace.”
L’uomo protese una mano lercia e solcata di vene dalla manica troppo lunga del soprabito. “Lieto di conoscerla, agente. Forse potrebbe aiutarmi?”
Ignorandolo, Grace tornò a voltarsi verso l’uomo. “Ho bisogno di parlare con te di un tuo vecchio amico, Ronnie Wilson.”
“Ronnie!” esclamò Biglow.
Con la coda dell’occhio, Grace vide che Foster si era accorto della sua presenza e se la stava svignando dal parchetto. Lo spacciatore uscì dal cancello, lanciò a Grace un’occhiata carica di tensione e si inoltrò lungo la strada parlando al cellulare, metà camminando e metà correndo.
“Ronnie!”, ripeté Biglow. Rivolse a Grace un sorriso e scosse la testa. “Il caro vecchio Ronnie. È morto, lo sa, vero? Che Dio accolga la sua anima.”
L’aria fresca non stava migliorando il mal di testa di Grace, così decise di seguire il consiglio di Bella di consumare cibo caldo e unto. “Hai già pranzato?” domandò.
“No, ci stavamo proprio andando.” Terry Biglow sorrise all’improvviso, come compiaciuto per l’alibi inatteso che gli si era presentato. “Già, vede, è per questo che io e Jimmy... è per questo che siamo qui. Stavamo andando alla caffetteria, approfittando della bella giornata.”
“Bene. Allora, in questo caso, fatemi strada. Offro io.”
Seguì i due uomini lungo il marciapiedi. Jimmy si muoveva a piccoli passi nervosi, come un giocattolo a molla quasi scarico. Entrarono in una piccola tavola calda.