90.

Ottobre 2007

Abby sentiva un telefono squillare da qualche parte, vicino e insistente. Poi si rese conto con un sussulto che il telefono era il suo. Si sollevò a sedere di scatto, confusa, cercando di capire dove si trovava. Il telefono suonava ancora.

Sentiva sul viso una brezza fresca, ma era madida di sudore. Era al buio, intorno a lei c’erano soltanto ombre avvolte in una spettrale foschia arancione. Quando si mosse, una molla cigolò sotto di lei. Si rese conto di essere seduta sul divano nell’appartamento della madre. Cristo, per quanto tempo aveva dormito?

Si guardò intorno, temendo che Ricky fosse tornato e fosse lì con lei. Poteva vedere il bagliore del display del cellulare e allungò la mano ad afferrarlo. Le spirali di paura avvolte nel suo stomaco si strinsero quando vide la scritta Numero privato. L’orologio sul display segnava le 18:30.

Si portò il cellulare all’orecchio. “Sì?”

“Ci hai pensato su?” disse Ricky.

Il panico si impossessò del suo cervello. Dove diavolo era? Doveva andarsene di lì alla svelta. Era un bersaglio facile, in quella casa. Ricky sapeva dove si trovava in quel momento? Era là fuori da qualche parte?

Aspettò un attimo prima di rispondere, tentando di raccogliere le idee. Decise di tenere le luci spente, nel caso lui fosse in strada a osservare l’appartamento. Per orientarsi, bastava la luce dei lampioni che filtrava dalle tende alle finestre.

“Come sta mia madre?” domandò, e udì il tremito nella propria voce.

“Sta bene.”

“È debole. Se le fai prendere freddo, può venirle una polmonite...”

Ricky la interruppe. “Come ti ho già detto, è comoda come uno scarafaggio in un tappeto.”

Ad Abby non piaceva affatto il tono in cui aveva pronunciato quelle parole. “Voglio parlare con lei.”

“Ma certo che lo vuoi. E io voglio quello che mi hai rubato. Quindi la cosa è molto semplice. Tu me lo riporti, o mi dici dove si trova, e la tua mammina può tornarsene a casa con te.”

“Come faccio a sapere che posso fidarmi?”

“Questa è proprio buona, detta da te!” sbottò lui. “Non penso che tu conosca il significato di quella parola.”

“Senti, quello che è stato è stato”, disse Abby. “Ti ridarò quello che è rimasto.”

Ricky sembrò allarmarsi. “Cosa vuol dire quello che ti è rimasto? Voglio tutto. Ogni singolo pezzo.”

“Non puoi avere tutto. Posso darti solo quello che ho.”

“È per questo che non c’era niente nella cassetta di sicurezza, vero? Li hai spesi?”

“Non tutti”, azzardò Abby.

“Brutta puttana maledetta. Mi lasceresti uccidere tua madre, vero? Lasceresti che io la uccida piuttosto di restituirmi ciò che mi appartiene! Ecco quanto contano i soldi per te.”

“Sì”, disse Abby. “Hai proprio ragione, Ricky. Lo farei.”

Poi gli chiuse il telefono in faccia.

Doppia identità
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