82.

Ottobre 2007

Ricky dormì male, appisolandosi dopo le svariate pinte di birra che si era concesso in un pub affollato e svegliandosi con un sussulto ogni volta che vedeva dei fari o sentiva il rumore di una macchina, o di passi, o di una porta che si chiudeva. Era seduto sul sedile del passeggero per non dare l’aria di essere un guidatore ubriaco, nel caso un poliziotto si avvicinasse per controllare, e abbandonò il furgone soltanto un paio di volte per andare a urinare in un vicolo.

Alle sei del mattino accese il motore e si allontanò nell’oscurità in cerca di un caffè. Fece colazione e tornò al suo posto di osservazione in meno di un’ora.

Come diavolo aveva fatto a cacciarsi in quella situazione? si domandò più volte. Come aveva fatto a farsi fregare da quella stronza? Oh, lei era stata davvero brava, così carina e dolce, gli si era avvicinata e aveva recitato alla perfezione la parte della troietta arrapata. Gli aveva lasciato fare tutto quello che voleva e aveva fatto finta che le piacesse. Forse le era piaciuto davvero. Ma per tutto il tempo gli aveva estorto subdolamente un’informazione dopo l’altra. Le donne sono furbe. Sanno benissimo come manipolare gli uomini.

E lui aveva fatto l’enorme errore di raccontarle tutto, per darsi delle arie. Pensava che così l’avrebbe conquistata.

Invece, una notte in cui era strafatto di coca e ubriaco marcio, lei l’aveva ripulito e se l’era svignata. Ora lui aveva un disperato bisogno di riavere ciò che era suo. Le sue finanze erano in caduta libera, era pieno di debiti fino alle orecchie e gli affari non andavano. Quella era la sua unica possibilità. Gli era piovuta dal cielo, poi lei gliel’aveva fregata e aveva tagliato la corda.

C’era una cosa in suo favore, però: il mondo nel quale Abby cercava di far perdere le sue tracce era più piccolo di quanto pensasse. Tutti coloro ai quali si fosse rivolta con ciò che aveva in mano le avrebbero fatto delle domande. Un sacco di domande. Ricky sospettava che Abby avesse già iniziato a scoprirlo, e che fosse quello il motivo per cui era ancora in circolazione. Senza contare poi l’ostacolo ulteriore del suo arrivo a Brighton.

 

* * *

Alle nove e mezza, un taxi di Eastbourne si fermò di fronte all’ingresso del palazzo. Il tassista uscì e suonò il citofono. Un paio di minuti più tardi, Abby scese. Da sola.

Ottimo.

Perfetto.

Stava andando al primo dei tre appuntamenti con le case di riposo che aveva preso per quella mattina. E lasciava mammina da sola, dopo averla istruita, senza dubbio, di non aprire la porta a nessuno tranne che al fabbro.

Osservò Abby salire a bordo e il taxi partire. Non si mosse. Sapeva quanto potevano essere imprevedibili le donne e sapeva che Abby poteva benissimo tornare di lì a cinque minuti per prendere qualcosa che avevo dimenticato. Aveva tutto il tempo. Abby sarebbe stata via un’ora e mezza, come minimo, e più probabilmente tre ore o anche più. Bastava ancora un po’ di pazienza, per assicurarsi di avere campo libero.

Poi non ci avrebbe messo molto.

Doppia identità
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