53.

Ottobre 2007

Tremando per il terrore, Abby osservò l’ombra che si allungava e sentì scricchiolare le assi del parquet in corridoio, e un fruscio di carta.

Poi apparve Ricky.

Rimase sulla porta, appoggiandosi con calma allo stipite, il giubbotto di pelle da motociclista aperto su una T-shirt bianca e macchiata. La barba era sfatta. I capelli erano unti e schiacciati dal casco. Sembrava diverso dall’ultima volta che l’aveva visto. Non aveva più l’aria di un surfista rilassato, ma quella di un uomo braccato. Era invecchiato nel breve volgere di un paio di mesi. Aveva perso peso e la sua faccia era scavata, con occhiaie profonde, scure e gonfie sotto gli occhi. Aveva un pessimo odore.

Cristo, come aveva fatto a innamorarsi di lui?

Lui stava sorridendo, come se le leggesse nel pensiero.

Ma non era un sorriso che Abby conosceva. Non un sorriso alla Ricky. Era più simile a una maschera indossata per l’occasione. Riuscì a vedere il suo orologio. Erano le undici meno dieci. Era rimasta priva di conoscenza per quasi quattro ore?

Poi vide la busta imbottita. Lui la sollevò, annuì e la rovesciò, lasciando che il contenuto, una copia del Times e una del Guardian di venerdì, cadesse sul pavimento.

“È bello rivederti, Abby”, disse. La sua voce non sorrideva.

Lei tentò di parlare, di chiedergli di slegarla, ma tutto ciò che le uscì dalla bocca fu un verso soffocato.

“Sono contento che la pensi come me! Sono solo un po’ confuso. Perché volevi inviare a qualcuno per corriere dei vecchi giornali?” Guardò l’indirizzo. Laura Jackson. 6 Stable Cottages, Rodmell. “Una tua vecchia amica? Ma perché mandarle dei vecchi giornali? Non ha molto senso, per me. A meno che, ovviamente, non mi stia sfuggendo qualcosa. Mi sta sfuggendo qualcosa? Forse i giornali non vengono consegnati, a Rodmell?”

Lei lo fissò.

Lui strappò la busta a metà. Ne uscì l’imbottitura. Poi, facendo bene attenzione a romperne solo una striscia alla volta, fece a pezzi ciò che restava. Quando ebbe finito, scosse la testa e lasciò che anche l’ultimo frammento cadesse sul pavimento. “Ho letto tutti e due i giornali. Nessun indizio. Ma, ehi, nulla di tutto questo ha più importanza, ora, no?”

La guardò dritta negli occhi, fissandola, sempre sorridendo. Se la stava godendo un mondo.

Abby stava cercando di pensare rapidamente. Sapeva che cosa voleva Ricky. E sapeva anche che, per riuscire ad averlo, doveva permetterle di parlare. Tentò freneticamente di farsi venire un’idea. Ma non le veniva in mente nulla.

Lui scomparve per qualche secondo, tornando con la sua valigia azzurra, e la posò sul pavimento, bene in vista. Poi si inginocchiò, aprì la cerniera e sollevò il bordo superiore.

“Sempre ordinata”, disse guardando il contenuto. “Ogni cosa al suo posto.” La sua voce si fece amara. “D’altra parte, ti sarai esercitata parecchio, nel corso della vita, a fare fagotto e svignartela.”

Ancora una volta, i suoi occhi grigi si fissarono su di lei. E lei vide qualcosa, in quegli occhi, che non aveva mai visto prima. Qualcosa di nuovo. C’era oscurità, in quello sguardo. Oscurità vera. Come se la sua anima fosse morta.

Ricky cominciò a disfare la valigia, con metodo. Prima prese un maglione di lana che era ripiegato sopra la busta del trucco e il beauty-case. Lo aprì senza fretta, controllandolo con cura, rovesciandolo. Poi, quando fu soddisfatto, se lo buttò dietro le spalle.

Abby aveva bisogno di fare pipì. Ma era decisa a non umiliarsi di fronte a lui. Né voleva dargli la soddisfazione di vedere la sua paura. Così si trattenne e continuò a osservarlo.

Lui se la stava prendendo comoda. Si muoveva con lentezza esasperante. Quasi come avvertisse il suo bisogno.

Dal suo orologio, Abby vide passare quasi venti minuti prima che lui finisse di disfare la valigia, scartando l’ultimo oggetto – il suo asciugacapelli da viaggio. Lo gettò lungo il corridoio. L’asciugacapelli scivolò e andò a sbattere contro il battiscopa.

Per tutto quel tempo non smise mai di tentare di muoversi. Niente da fare: il nastro non cedeva. I polsi e le caviglie le facevano un male d’inferno. Le natiche avevano perso sensibilità, e ormai doveva stringere i muscoli delle gambe per combattere il bisogno di fare pipì.

Senza dire una parola, Ricky spinse via la valigia e si allontanò in corridoio. Abby aveva sete, ma quello era l’ultimo dei suoi problemi. Doveva riuscire a liberarsi. Sì, ma come?

Fece la pipì. Almeno quello era ancora in grado di farlo, lui non le aveva tappato proprio tutto con il nastro isolante. Si sentì subito meglio. Esausta, con la testa che le pulsava, ma almeno ora riusciva a pensare con più chiarezza.

Se fosse riuscita a farsi togliere il nastro dalla bocca, almeno avrebbe potuto parlargli, cercare di farlo ragionare.

Magari addirittura trovare un accordo.

Dopotutto era un uomo d’affari.

Ma non poteva esserne certa. Sarebbe dipeso da quanto ostinatamente lui avesse cercato ciò che voleva.

Stava tornando indietro. Aveva in mano un bicchiere di whisky con ghiaccio e fumava una sigaretta. L’odore dolciastro e ricco del fumo la tormentava. Avrebbe dato qualsiasi cosa per fare solo un tiro. O per bere. Qualsiasi cosa.

Lui fece tintinnare i cubetti di ghiaccio, poi allargò le narici. Fece un passo avanti e allungò una mano dietro di lei. Abby udì un rumore metallico, poi partì lo sciacquone. Sentì gocce di acqua gelida sulla schiena.

“Sporcacciona”, disse lui. “Devi sempre azionare lo sciacquone dopo che sei andata in bagno. Ti piace mandare gli altri giù per il cesso, dopotutto.” Buttò la cenere sul pavimento. “Hai un bel posticino, qui. Dalla strada non sembra poi ’sta gran cosa.” Fece una pausa, riflettendo. “Ma, d’altra parte, non credo che nemmeno il mio furgone sia un granché, visto da quassù.”

La parola la colpì come un pugno. Furgone. Quel vecchio furgone bianco? Quello che non si era mai mosso? Era stata davvero così stupida da non prendere in considerazione quella possibilità?

Tentò di implorarlo con lo sguardo. Per tutta risposta lui le fece il verso, sfottendola, bevve un altro sorso di whisky, fumò la sigaretta fino al filtro e poi spense il mozzicone sul pavimento.

“Bene, Abby, adesso io e te faremo una bella chiacchierata. È molto semplice. Io ti faccio delle domande, e tu muovi gli occhi verso destra per dire , e a sinistra per dire no. Tutto chiaro?”

Abby tentò di scuotere la testa, ma non poteva. Riusciva a muoverla soltanto di qualche millimetro da una parte e dall’altra.

“No, Abby, non mi hai ascoltato bene. Ti ho detto di muovere gli occhi, non la testa. Ti va di mostrarmi che l’hai capito?”

Dopo qualche istante di esitazione, Abby spostò gli occhi verso destra.

“Brava!” disse lui, come se si stesse complimentando con un cucciolo di cane. “Molto brava!”

Posò il bicchiere, prese un’altra sigaretta e se la infilò tra le labbra, poi raccolse il bicchiere, scuotendo i cubetti di ghiaccio. “Ottimo questo whisky”, disse. “Single malt. Costoso. Ma non credo che i soldi siano un grosso problema per te, vero?”

Lei continuò a fissare davanti a sé, rabbrividendo per il freddo.

Poi Ricky fece un tiro dalla sigaretta e le soffiò il fumo in faccia. Il fumo le fece bruciare gli occhi. “I soldi”, ripeté. “Quelli non sono un problema per te, vero?”

Poi si alzò. “Il punto è, Abby, che non molte persone sanno che sei qui. Direi che non lo sa nessuno. Il che significa che nessuno si accorgerà della tua assenza. Nessuno verrà a cercarti.” Bevve un po’ di whisky. “Bella doccia”, commentò. “Non hai badato a spese. Immagino ti piacesse fare la bella vita. Be’, sono un uomo giusto.”

Fece tintinnare i cubetti di ghiaccio ancora una volta, fissando il bicchiere, e per un momento Abby pensò che stesse davvero per proporle un accordo.

“Ecco la mia offerta. O ti faccio veramente male finché non mi restituisci tutto, oppure mi restituisci tutto.” Sorrise di nuovo. “Mi sembra facile, come scelta.”

Fece un lungo tiro dalla sigaretta, rilassato, come se si stesse godendo lo sguardo di Abby fisso su di sé, la consapevolezza che probabilmente lei aveva una voglia disperata di fumare. Inclinò la testa di lato e lasciò che il fumo azzurrognolo gli uscisse piano dalla bocca, arricciandosi verso il soffitto.

“Sai che ti dico?” aggiunse. “Ti permetterò di dormirci su.”

Poi se ne andò e chiuse la porta.

Doppia identità
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