104.

Ottobre 2007

Abby aprì la portiera posteriore del taxi, profondamente turbata dall’incontro con Hugo Hegarty, e si guardò intorno sotto la pioggia battente scrutando entrambi i lati di Dyke Road Avenue.

Il furgone della British Telecom era ancora lì, così come la piccola automobile azzurra parcheggiata poco oltre. Salì sul taxi e chiuse la portiera.

“Al Grand Hotel?” le domandò la tassista.

Abby annuì. Era l’indirizzo sbagliato, che aveva dato apposta quando aveva telefonato dall’ufficio di Hegarty, non volendo che l’uomo sapesse dove stava. Sarebbe scesa un po’ prima di arrivare.

Si appoggiò allo schienale, riflettendo. Nemmeno una parola, da Ricky. Dave si sbagliava. Vendere quei francobolli sarebbe stato molto più difficile di quanto le aveva detto. E ci sarebbe voluto molto più tempo.

Il suo cellulare cominciò a squillare. Il display mostrava il numero di sua madre. Quando rispose, Abby si sentì travolgere dalla paura. Si premette il cellulare all’orecchio, ben consapevole che la tassista poteva ascoltarla.

“Mamma!” disse.

Sua madre sembrava disorientata e molto turbata. Il respiro le usciva in brevi ansiti affannosi. “Per favore, Abby, per favore, devo avere le mie medicine, sto peggioran...” Si interruppe e respirò con fatica, poi si lasciò sfuggire un gemito. “Gli spasmi. Io – ti prego – non avresti dovuto prenderli. È sbagliato...” Gemette di nuovo.

Poi la comunicazione si interruppe.

Abby rifece freneticamente il numero, ma venne dirottata all’istante alla segreteria telefonica, proprio come in precedenza.

Tremando, fissò il display del telefono, aspettandosi quasi di vederlo accendersi da un momento all’altro per una telefonata di Ricky. Ma il cellulare rimase muto.

Abby chiuse gli occhi. Quanto sarebbe riuscita a sopportare ancora, sua madre? Quanto male poteva ancora farle?

Bastardo. Lurido bastardo, bastardo, bastardo, bastardo.

Ricky era furbo. Troppo maledettamente furbo. Stava vincendo. Sapeva che lei non sarebbe riuscita a vendere con facilità i francobolli e che, di conseguenza, quasi certamente li aveva ancora tutti. Il suo piano di liberarsi di lui dandogli qualcosa in contanti, dicendogli che aveva trasferito il resto sul conto di Dave, ora non poteva più funzionare.

Abby non sapeva più cosa fare.

Guardò nuovamente il telefono, quasi esortandolo a squillare con il pensiero.

In realtà c’era una cosa che poteva fare, e doveva sbrigarsi. Doveva mettere fine alle sofferenze di sua madre, anche a costo di giungere a un accordo con Ricky. Il che voleva dire dargli tutto ciò che voleva. O, almeno, quasi tutto.

Poi le venne un’idea. Sporgendosi in avanti per parlare con la tassista, disse: “Conosce qualche commerciante locale di francobolli?”

Il nome sul tesserino identificativo era Sally Bidwell.

“Ce n’è uno in Queen’s Road appena dopo la stazione, si chiama Hawkes. Credo che ce ne sia un altro a Shoreham. E un altro ancora nelle Lanes, in fondo a Prince Albert Street”, disse Sally Bidwell.

“Mi porti a Queen’s Road”, disse Abby. “È il più vicino.”

“Lei è una collezionista?”

“Niente di speciale”, disse Abby, frugandosi nell’impermeabile e slacciandosi la cintura.

“È più un hobby da maschi. Almeno è quello che ho sempre pensato.”

“Già”, commentò cortesemente Abby.

Recuperò la busta imbottita e la tenne abbassata, perché la tassista non potesse vederla dallo specchietto retrovisore, frugò all’interno, cercando alcuni dei pezzi di minor valore. Tirò fuori un blocco di quattro francobolli con la croce maltese che valeva circa mille sterline. Inoltre, c’erano alcune tavole raffiguranti il Sydney Harbour Bridge che valevano circa quattromila sterlina ciascuna. Tenne fuori quelle, rimise il resto nella busta e la infilò di nuovo al sicuro sotto il maglione.

Qualche minuto più tardi il taxi accostò di fronte a Hawkes. Abby pagò la corsa e scese, tenendo i francobolli al sicuro e all’asciutto nel loro involucro di cellophane, dentro l’impermeabile. Un autobus passò rombando, poi Abby notò una piccola macchina azzurra che la superava con due uomini seduti davanti, una Peugeot o una Renault, pensò. Il passeggero stava parlando al cellulare. La macchina sembrava molto simile a quella parcheggiata vicino a casa di Hegarty. O forse si stava solo facendo prendere dalla paranoia?

Nel negozio non c’erano clienti. Una donna con lunghi capelli chiari era seduta a un tavolo, intenta a leggere una copia del quotidiano locale. A Abby piacque parecchio l’atmosfera un po’ trasandata della bottega. L’ambiente non era troppo ricercato, non le dava l’impressione di un posto dove l’avrebbero tartassata di domande sulla provenienza.

“Ho dei francobolli che vorrei vendere”, disse.

“Li ha con sé?”

Abby li porse alla donna. La donna mise da parte il giornale e guardò rapidamente i francobolli.

“Niente male”, disse in tono amichevole. “È un bel po’ che non vedo questi Sydney Harbour. Mi faccia controllare un paio di cose. Va bene se li porto con me nel retro?”

“Benissimo.”

La donna portò i francobolli oltre una porta aperta e si sedette a una scrivania, sopra la quale campeggiava una grossa lente di ingrandimento fissata al ripiano. Abby la osservò sistemare i francobolli sulla scrivania e poi iniziare a esaminarli attentamente uno per uno.

Lanciò un’occhiata alla prima pagina dell’Argus. Il titolo era:

UN’ALTRA DONNA ASSASSINATA COLLEGATA A VITTIMA DELL’UNDICI SETTEMBRE

Poi vide le fotografie sotto il titolo. E si paralizzò.

La fotografia più piccola mostrava una bionda molto bella ma dai lineamenti duri, sui venticinque anni, che fissava il lettore con aria seducente come se avesse voglia di fare sesso con chiunque fosse dall’altra parte dell’obiettivo. La didascalia diceva Joanna Wilson. La fotografia più grande ritraeva un’altra donna, vicina ai quaranta. Aveva i capelli biondi e mossi ed era attraente, con un sorriso piacevole e sincero, anche se in lei c’era qualcosa di vagamente pacchiano, tipico di una donna con molti soldi ma senza stile. Il nome sotto la fotografia era Lorraine Wilson.

Ma era la fotografia dell’uomo al centro quella che Abby stava fissando. Come ipnotizzata. Guardò la faccia dell’uomo, poi il nome, Ronald Wilson, poi di nuovo la faccia. E poi ancora il suo nome.

Lesse il primo paragrafo dell’articolo.

Il corpo di una donna di quarantadue anni, rinvenuto cinque settimane fa nel bagagliaio di un’automobile in un fiume nelle vicinanze di Geelong (Melbourne, Australia), è stato identificato come Lorraine Wilson, vedova dell’uomo d’affari di Brighton Ronald Wilson, uno dei sessantasette cittadini britannici rimasti vittime dell’attacco terroristico dell’undici settembre al World Trade Center.

Abby rilesse l’inizio dell’articolo. Aveva la sensazione che qualcuno le avesse spento la luce nel cervello. Poi continuò a leggere.

Lo scheletro di Joanna Wilson, ventinove anni, era stato scoperto in un canale di scolo dagli operai di un cantiere edile durante gli scavi per le fondamenta del complesso New England Quarter, nel centro di Brighton, lo scorso venerdì. Era la prima moglie di Wilson, ha confermato questa mattina all’Argus la Detective Elizabeth Mantle dell’Ufficio Investigativo della Polizia Anticrimine del Sussex.

La Polizia del Sussex è rimasta sconcertata dai risultati degli esami medico-legali che indicano che il corpo di Lorraine Wilson è rimasto nel fiume Barwon per un periodo di circa due anni. Come riportato allora da questo giornale, si riteneva che la signora Wilson si fosse suicidata nel novembre del 2002, quando scomparve dal traghetto Newhaven-Dieppe nel corso di una traversata notturna, anche se il Medico Legale non ha ancora dissipato tutti i dubbi.

La Detective Mantle ha dichiarato che le indagini sul presunto “suicidio” della signora Joanna Wilson sono state immediatamente riaperte.

Abby guardò di nuovo ognuna delle fotografie. Ma era sull’uomo al centro che i suoi occhi continuavano a tornare. Improvvisamente, il pavimento sotto di lei sembrò inclinarsi. Rischiando di perdere l’equilibrio, Abby fece un paio di passi verso sinistra e si aggrappò al bordo di un tavolo. Anche le pareti sembravano muoversi, turbinandole intorno.

Una voce incorporea le domandò: “Si sente bene? Ehi?”

Abby vide la donna, la commerciante di francobolli con i capelli chiari, in piedi sulla porta. La vide scorrere davanti ai suoi occhi come se fosse l’addetta di una giostra. Passò, scomparve e ritornò di nuovo nel suo campo visivo.

“Vuole sedersi?” domandò la voce.

La giostra stava rallentando, ora. Abby aveva i brividi, e al tempo stesso stava sudando.

“Sto bene”, ansimò, guardando di nuovo il giornale.

“Storia interessante”, disse la donna, indicando il quotidiano con un cenno del capo. La guardò di nuovo, preoccupata. “Operava anche lui nell’ambiente. Lo conoscevo.”

“Ah.”

Abby fissò ancora la fotografia. Udì a malapena le parole della donna mentre le offriva duemilatrecentocinquanta sterline per i francobolli. Prese i soldi, in contanti e in biglietti da cinquanta sterline, e se li ficcò subito in tasca.

Doppia identità
f01_cover.xhtml
f01_title.xhtml
frontmatter2.html
frontmatter3.html
chapter001.html
chapter002.html
chapter003.html
chapter004.html
chapter005.html
chapter006.html
chapter007.html
chapter008.html
chapter009.html
chapter010.html
chapter011.html
chapter012.html
chapter013.html
chapter014.html
chapter015.html
chapter016.html
chapter017.html
chapter018.html
chapter019.html
chapter020.html
chapter021.html
chapter022.html
chapter023.html
chapter024.html
chapter025.html
chapter026.html
chapter027.html
chapter028.html
chapter029.html
chapter030.html
chapter031.html
chapter032.html
chapter033.html
chapter034.html
chapter035.html
chapter036.html
chapter037.html
chapter038.html
chapter039.html
chapter040.html
chapter041.html
chapter042.html
chapter043.html
chapter044.html
chapter045.html
chapter046.html
chapter047.html
chapter048.html
chapter049.html
chapter050.html
chapter051.html
chapter052.html
chapter053.html
chapter054.html
chapter055.html
chapter056.html
chapter057.html
chapter058.html
chapter059.html
chapter060.html
chapter061.html
chapter062.html
chapter063.html
chapter064.html
chapter065.html
chapter066.html
chapter067.html
chapter068.html
chapter069.html
chapter070.html
chapter071.html
chapter072.html
chapter073.html
chapter074.html
chapter075.html
chapter076.html
chapter077.html
chapter078.html
chapter079.html
chapter080.html
chapter081.html
chapter082.html
chapter083.html
chapter084.html
chapter085.html
chapter086.html
chapter087.html
chapter088.html
chapter089.html
chapter090.html
chapter091.html
chapter092.html
chapter093.html
chapter094.html
chapter095.html
chapter096.html
chapter097.html
chapter098.html
chapter099.html
chapter100.html
chapter101.html
chapter102.html
chapter103.html
chapter104.html
chapter105.html
chapter106.html
chapter107.html
chapter108.html
chapter109.html
chapter110.html
chapter111.html
chapter112.html
chapter113.html
chapter114.html
chapter115.html
chapter116.html
chapter117.html
chapter118.html
chapter119.html
chapter120.html
chapter121.html
chapter122.html
chapter123.html
chapter124.html
chapter125.html
chapter126.html
backmatter1.html