56.

Ottobre 2007

“Avanti”, disse Alison Vosper quando bussarono alla porta del suo ufficio.

Cassian Pewe aveva scelto con cura i vestiti per quell’incontro. Il suo completo blu, la sua camicia migliore, la sua cravatta preferita, a disegni azzurri e bianchi. E si era spruzzato addosso così tanta colonia Calvin Klein Eternity che sembrava avesse passato la notte a marinarci dentro.

Si capisce sempre quando si ha un’intesa reale con qualcuno, e Pewe sapeva di averla con l’Assistente Vicecapo fin dal loro primo incontro. Era stato al convegno della Polizia Metropolitana sulla lotta al terrorismo e sulla minaccia islamica nelle città della Gran Bretagna, lo scorso gennaio. Pewe aveva avvertito una netta attrazione sessuale, tra loro. Era praticamente sicuro che il motivo per cui Alison Vosper aveva incoraggiato con tanta insistenza ed entusiasmo il suo trasferimento all’Anticrimine del Sussex – e sponsorizzato la sua promozione a Soprintendente Investigativo – era la prospettiva di qualche attività extra-curricolare.

Più che comprensibile, dek resti. Pewe era ben consapevole del fascino che esercitava sulle donne. E in tutta la sua carriera aveva sempre focalizzato le proprie attenzioni su quelle che occupavano posizioni di potere nel corpo di polizia. Non tutte erano malleabili; in effetti, alcune erano d’acciaio quanto le loro controparti maschili, se non di più. Ma una buona percentuale era costituita da donne normali, intelligenti e forti, ma emotivamente vulnerabili. Bastava saper premere i bottoni giusti.

Il che rese ancora più sorprendente l’accoglienza gelida dell’Assistente Vicecapo al suo ingresso in ufficio.

“Prendi una sedia”, disse lei senza sollevare lo sguardo dai giornali del mattino sparpagliati sulla scrivania come una mano di poker. “O forse dovrei dire Prendi una panca.”2

“Oh, molto divertente”, cinguettò Pewe.

Ma nessun sorriso alterò l’espressione glaciale di Alison Vosper. Seduta dietro la sua immensa scrivania di palissandro, continuò a leggere un articolo sul Guardian, indicandogli di aspettare con un gesto della mano elegante e curata.

Lui si mise comodo sulla poltrona di pelle nera. Anche se erano passati quattro mesi da quando il taxi in cui stava viaggiando era stato preso in pieno da un furgone rubato, fratturandogli la gamba in quattro punti, restare in piedi a lungo gli procurava ancora dolore. Ma se lo teneva per sé, non volendo rischiare le sue possibilità di carriera facendosi marchiare come semi-invalido.

Alison Vosper continuò a leggere. Pewe studiò le fotografie incorniciate del marito, un ufficiale di polizia corpulento, calvo e assai più vecchio di lei, e dei loro due bambini, ragazzini con l’uniforme della scuola ed entrambi con occhiali alquanto buffi.

Alle pareti erano appesi diplomi e riconoscimenti che portavano il suo nome, insieme a un paio di stampe raffiguranti la vecchia Brighton: una l’ippodromo, l’altra il molo di legno ormai scomparso da tempo.

Squillò il telefono. Alison Vosper si sporse in avanti e guardò il display, poi sollevò il ricevitore e sbottò: “Sono in riunione, ti richiamo”. Rimise il telefono al suo posto e continuò a leggere. “Allora, come te la stai cavando?” domandò all’improvviso, senza smettere di leggere.

“Finora, benissimo.”

Lei sollevò gli occhi e lui si sforzò di agganciarne lo sguardo, ma quasi subito lei lo distolse verso un altro angolo della scrivania. Allungò una mano, prese un fascio di fogli dattiloscritti e li scorse rapidamente, come se stesse cercando qualcosa. Doveva essere un rapporto di qualche tipo. “Ho sentito che sei stato assegnato ai casi irrisolti.”

“Sì.”

Lei indossava una giacchetta corta e stretta su una camicetta senza colletto, chiusa sul davanti da un opale in una spilla d’argento. Il suo seno, su cui lui aveva spesso fantasticato, era quasi appiattito. Poi lei lo guardò e sorrise. Un lungo sorriso, quasi di incoraggiamento.

Lui si sciolse all’istante. Poi perse di nuovo il suo guardo quando lei abbassò gli occhi e ricominciò a scartabellare.

C’era qualcosa di intensamente fragrante, in lei, pensò Pewe. Non era bellissima, ma lui ne era attratto con forza. La sua pelle era bianca e setosa e persino il piccolo neo in rilievo appena oltre il colletto della camicetta, la sua unica minuscola imperfezione, lo intrigava. Aveva messo un profumo al cedro che gli stava accendendo fuochi d’artificio nel basso ventre. Sembrava pura, e decisa, e trasudava autorità. Pewe avrebbe voluto girare intorno a quella scrivania, strapparle i vestiti di dosso e rotolarsi con lei sul pavimento.

Al solo pensiero gli stava venendo un’erezione.

E lei continuava a guardare la scrivania, sfogliando quelle maledette carte!

“È bello rivederti”, disse Pewe in tono gentile, per smuoverla.

Lasciò appositamente una pausa di silenzio. Alison provava le stesse cose per lui ed era soltanto timida? Forse gli avrebbe suggerito un posto in cui potersi incontrare più tardi per bere qualcosa insieme. Un posto intimo e tranquillo.

Oppure poteva invitarla nel suo appartamentino alla Marina. Con la vista sugli yacht ormeggiati, non era niente male.

Ora Alison Vosper aveva ripreso a leggere il Guardian.

“Stai cercando qualcosa?” le domandò lui. “Parlano della Polizia del Sussex?”

“No”, tagliò corto. “Sto solo cercando di mettermi in pari con le notizie del giorno.” Poi, senza sollevare lo sguardo, aggiunse: “Presumo che avrai iniziato una verifica dei casi irrisolti più importanti, no?”

“Be’”, disse lui, “be’, sì, assolutamente sì.”

“Omicidi, morti sospette? Persone scomparse da molto tempo? Altri crimini gravi trascurati?”

“Tutto.”

Alison passò al Telegraph e studiò la prima pagina.

Lui la guardò, incerto. C’era una barriera invisibile tra loro, e si sentiva completamente spiazzato. “Senti, io... mi stavo chiedendo se posso parlarti in via confidenziale.”

“Prego.” Voltò diverse pagine in rapida successione.

“Be’, so che dovrei riferire a Roy Grace, ma ho delle preoccupazioni... che lo riguardano.”

Ora aveva tutta l’attenzione dell’Assistente Vicecapo. “Continua.”

“Ovviamente sai che sua moglie è scomparsa”, disse Pewe.

“Tutto il corpo di polizia è venuto a saperlo, negli ultimi nove anni”, rispose lei.

“Be’, sono andato a interrogare i suoi genitori, ieri sera. Sono molto preoccupati. Hanno la sensazione che nessuno, nella Polizia del Sussex, abbia condotto un’indagine imparziale.”

“Puoi spiegarti meglio?”

“Sì. Be’, ecco il punto. In tutto questo tempo, l’unico agente della Polizia del Sussex che si è preso la responsabilità di rivedere l’indagine per la sua scomparsa è stato proprio Roy. A me la cosa non suona bene. Voglio dire, alla Polizia Metropolitana non sarebbe successo.”

“Quindi cosa stai dicendo?”

“Be’”, continuò Pewe, untuoso, “i suoi genitori sono molto a disagio per questa cosa. Leggendo tra le righe, penso che sospettino che Roy stia nascondendo qualcosa.”

Alison Vosper lo fissò per un lunghissimo istante. “E tu cosa pensi?”

“Vorrei il tuo permesso per dare la priorità assoluta a questo caso. Scavare più a fondo. Usare la mia discrezione per fare tutto ciò che ritengo necessario ai fini dell’indagine.”

“D’accordo”, rispose lei. Poi riprese a guardare i giornali e lo congedò con un unico gesto della mano. Quella con il diamante solitario e la fede nuziale.

Quando Pewe si alzò, la sua erezione si era dileguata, ma provava un genere completamente nuovo di eccitazione.

2 Il gioco di parole, intraducibile, è tra il cognome Pewe e pew che significa, appunto, panca. [NdT]

Doppia identità
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