23.

11 settembre 2001

Lorraine fissava lo schermo incredula e stordita, la sigaretta spenta dimenticata tra le dita. Una giovane reporter stava parlando in tono concitato rivolta verso la telecamera e sembrava del tutto inconsapevole del fatto che la Torre Sud, a sole poche centinaia di metri dietro di lei, stava crollando.

Stava cadendo giù dritta, cancellandosi dal cielo, scomparendo dentro se stessa, in modo preciso, insopportabilmente preciso, come se per un brevissimo istante Lorraine si trovasse ad assistere al più grande trucco di magia mai eseguito. La giornalista continuava a parlare. Dietro di lei, macchine e persone stavano scomparendo sotto i detriti e il turbine di polvere. Altri correvano a perdifiato, proprio verso la telecamera.

Oh Gesù, ma non si rende conto?

Ancora inconsapevole, la giornalista continuò a leggere i cartelli o a ripetere ciò che le veniva detto nell’auricolare.

GUARDATI ALLE SPALLE! avrebbe voluto gridarle Lorraine.

Poi, finalmente, la donna si voltò. E perse completamente il controllo. Fece un passo incerto da un lato, seguito da un altro. La gente la superava correndo da entrambi i lati, spingendola, facendola quasi cadere. Il fungo di fumo e polvere ora arrivava fino in cielo, largo come la città intera, e rotolava come una valanga verso di lei. In preda allo shock, la donna disse ancora qualche parola, ma non c’era più il sonoro, come se il cavo fosse stato scollegato, poi le immagini divennero soltanto un turbinio grigio macchiato da sagome in ombra e dal caos. La telecamera era stata inghiottita.

Lorraine, con ancora indosso soltanto gli slip del bikini, udì diverse grida. L’immagine sullo schermo passò alla ripresa a mano, sussultante, di un enorme pezzo di acciaio e vetro e cemento che si abbatteva su un mezzo dei pompieri bianco e rosso. Prima schiantò la scala, poi appiattì a terra la parte centrale. L’impressione era quella di un camioncino giocattolo calpestato dal piede di un bambino.

Una voce di donna continuava a gridare senza sosta: “Oh, mio Dio! Oh, mio Dio! Oh, mio Dio!”

C’erano grida e urla. Poi un secondo di oscurità, quindi un’altra ripresa a mano di un giovane che zoppicava tenendo un asciugamano intriso di sangue sul volto di una donna; la aiutava ad avanzare, cercando di farla muovere più veloce, in fuga dalla nube di polvere che guadagnava terreno.

Poi passarono in studio. Lorraine guardò il giornalista, un uomo sulla quarantina in giacca e cravatta. Le immagini che aveva appena visto si susseguivano su una serie di monitor alle sue spalle. Aveva un’aria torva.

“Ci stanno riferendo che la Torre Sud del World Trade Center è crollata. Tra qualche istante vi aggiorneremo anche sulla situazione al Pentagono.”

Lorraine tentò di accendersi la sigaretta, ma la mano le tremava troppo e l’accendino cadde sul pavimento. Aspettò, incapace di distogliere lo sguardo dallo schermo nemmeno per un secondo per paura di perdere un’eventuale inquadratura di Ronnie. Ora lo schermo mostrava le immagini di una donna agitatissima, che gridava qualcosa di incomprensibile. Lorraine rimase a guardare la cronista, una donna molto bella che reggeva in mano un microfono: si stagliava su uno sfondo ribollente di fumo nero screziato da fiamme arancioni, attraverso il quale si riusciva appena a distinguere la sagoma del Pentagono.

Lorraine fece ancora una volta il numero di Ronnie, e ancora una volta ottenne soltanto il segnale di occupato.

Provò ancora. E ancora. E ancora. Il cuore le batteva all’impazzata. Stava tremando. Voleva disperatamente sentire la sua voce, sapere che stava bene. E non riusciva a smettere di pensare nemmeno per un attimo che l’appuntamento di Ronnie era nella Torre Sud. La Torre Sud era crollata.

Voleva altre immagini di Manhattan, non di quel maledetto Pentagono, Ronnie era a Manhattan, non al Pentagono! Cambiò canale e passò su Sky News. Vide un’altra ripresa sobbalzante, questa volta di tre vigili del fuoco impolverati e con i caschi che trasportavano il corpo inerte di un uomo dai capelli grigi, le fasce gialle sulle braccia che sussultavano a ogni passo frenetico.

Poi vide un’auto in fiamme. E un’ambulanza in fiamme. Sagome che apparivano dall’oscurità turbinante. Ronnie? Si sporse in avanti, avvicinandosi all’enorme televisore al plasma. Ronnie? Le sagome spuntavano dal fumo come facce su una fotografia in sviluppo. Tra loro Ronnie non c’era.

Rifece il suo numero. Per un attimo sembrò che stesse per squillare! Ma ancora il segnale di occupato infranse le sue speranze.

Sky News passò a Washington. Lorraine afferrò il telecomando e cambiò canale. Sembrava che ogni emittente ora stesse trasmettendo le stesse immagini, le stesse riprese. Guardò un replay del primo aereo che si schiantava sulla torre, poi il secondo. Lo trasmisero di nuovo. E ancora.

Squillò il telefono. Lorraine premette il pulsante di risposta con una fiammata di gioia, quasi incapace di parlare. “Pronto?”

Era il tecnico della lavatrice, che chiamava per confermare l’appuntamento del giorno dopo.

Doppia identità
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