Capitolo 73
Dubai, 5 gennaio. 22:28.
«Quindi le coordinate in cui abbiamo scavato non sono corrette!», esclamò Al Husayn dall’alto della sua sedia. «O per lo meno… corrispondono al punto di ingresso alla foresta e non a quello da cui Dante ascende al Paradiso».
La sala riunioni al centosettesimo piano del Burj Khalifa si era improvvisamente animata. Con l’inaspettato ritorno di Manuel Cassini, sembrava la redazione di un quotidiano pronto ad andare in stampa.
Attorno al tavolo, accanto allo sceicco, sedevano il principe Ibrahim con un’espressione smarrita in volto, Julia, Dempsey e Cassini a capotavola.
Tutt’intorno, c’erano addetti che maneggiavano grosse mappe, lucidi e squadre.
«Andiamo con ordine», cominciò lo sceicco, eccitato e felice molto più di quanto il tono afono del sintetizzatore vocale lasciasse immaginare. «La prima fase è definire l’unità di misura. Se con la parola “passi” Dante vuole fornirci dei riferimenti nelle distanze, dobbiamo capire a quanto corrisponde un passo».
«Ma i passi non sono le uniche indicazioni», lo corresse Cassini.
Il fervore per quella strana caccia al tesoro, che d’un tratto appariva così concreta, gli aveva fatto dimenticare in un solo istante tutti i patimenti subiti; come gli era accaduto per i triangoli astronomici, anche in quel caso gli indizi erano divenuti improvvisamente chiari nella sua mente. L’adrenalina, l’eccitazione, la smania di saperne di più avevano fatto tutto il resto: si era costretto a dimenticare le vicissitudini degli ultimi giorni e aveva richiamato l’unico uomo che sembrava in grado di poterlo aiutare in quella ricerca.
«In più punti si parla della posizione del sole che indica lo spostamento dei personaggi», gli fece notare ancora. «E nel canto XXXII vengono menzionati “tre voli”…».
«Potremmo isolare le parti del testo in cui i personaggi si muovono e confrontarli con la mappa», propose Timothy Dempsey, con il portatile davanti al naso. «Forse così potremo capire a quanto corrisponde un “piccolo passo” o un “lento passo”».
Il professore si alzò in piedi e afferrò una delle mappe sparse sul tavolo. Si vedeva il corso dei due fiumi. In riva al Jökulfall, sulla sinistra, era stata tracciata una X, il punto d’entrata nella divina foresta. «Ha ragione! Partiamo con il canto ventottesimo, dopo l’ingresso nel Giardino dell’Eden. Il primo riferimento è al verso quattro, dove si dice che Dante lascia la riva per andare a est». Cassini disegnò con una penna una freccia che partiva dal luogo in cui avevano scavato sei mesi prima e si spostava verso oriente.
«Dante cammina nella foresta e poi si trova davanti un fiume che gli sbarra la strada», continuò Al Husayn, immaginando il metodo che il professore intendeva seguire.
«Esatto!», concordò Cassini. «Quindi arriva fino a qui». Nel punto della mappa in cui il fiume intersecava la freccia, scrisse un numero: “1”. «Questo è il primo punto di riferimento».
«Dalla X fino a lì sono ottocentosettanta metri», aggiunse Dempsey, calcolando la distanza con l’aiuto di Google Maps.
«Ok, proseguiamo», incalzò Cassini, sedendosi e cominciando a sfogliare il testo del Purgatorio. «Dopo che Dante si ferma, dalla parte opposta del fiume gli appare una donna».
«Matelda», aggiunse lo sceicco in quello strano gioco di ruoli.
«E quando lei lo raggiunge, i due cominciano a risalire il fiume».
«Risalire il fiume significa che lo percorrono nella direzione opposta a quello dello scorrimento», disse Julia, che osservava attentamente un’altra mappa. Era stata in quella zona ed era certa che lì, il Jökulfall scorresse verso nord. «Quindi vanno a sud».
«Concordo, il verso ventisettesimo è chiarissimo: le onde del fiume piegano a sinistra i fili d’erba, quindi il fiume scorre verso nord», intervenne ancora il professore. «Dante e Matelda proseguono a sud fino a che il corso d’acqua non svolta verso est. Qui». Cassini tracciò un altro segno sulla mappa: “2”.
Il principe Ibrahim ascoltava con distacco quei discorsi. Per lui stavano solo perdendo tempo: quella caccia al tesoro era una solenne idiozia.
«Secondo il mio testo, adesso compare ancora una volta la parola “passi”», chiarì il professore, che faceva balzare gli occhi da una stampa del Purgatorio allo schermo del computer.
«Non eran cento tra’ suoi passi e’ miei», recitò a memoria Cassini. «Fecero meno di cento passi in due».
«Ottimo!», esultò l’americano. «Questo è un ottimo punto di riferimento».
Sullo schermo OLED appeso alla parete apparve l’immagine della mappa su cui il giovane stava lavorando. Si vedeva una linea blu che collegava il punto “1” e il punto “2” e in mezzo l’indicazione di una misurazione.
«Sono seicentosessantacinque metri», calcolò. «Quindi possiamo dedurre che cento passi equivalgono a seicentosessantacinque metri».
«No», intervenne lo sceicco perplesso. Per un secondo rimase in silenzio, rileggendo anche lui il verso che il professore aveva recitato a memoria. «Cento passi in due: significa cinquanta passi a testa».
«Ha ragione», concordò Cassini. «Seicentosessantacinque metri equivalgono a cinquanta “piccoli passi”».
«Ok, quindi un passo corrisponde tredici metri virgola qualcosa… Poi cosa succede?»
«Canto XXIX, versi dodici e tredici», gli rispose Cassini dopo aver sfogliato velocemente il tomo del Purgatorio. «Dante e Matelda continuano a camminare verso oriente, per un tragitto più o meno uguale al precedente».
«Quindi per altri seicentosessantacinque metri», replicò l’americano, tracciando sullo schermo un’altra linea.
Cassini lo osservò e poi disegnò sulla sua mappa una freccia che andava verso est e un numero “3”.
«Ormai nella divina foresta è giorno, sta nascendo il sole», aggiunse lo sceicco.
«Interessante…», mugugnò tra sé il principe.
«Sì, questa è un’osservazione interessante», lo interruppe il professore che lo squadrò con un’espressione dura. Non lo aveva mai visto, ma l’atteggiamento visibilmente scettico del giovane lo indispettiva. «Al verso centododici, Dante dice di vedere la sua ombra a sinistra sul fiume».
«Siamo in Islanda, quindi il sole più che a est nasce a sud-est», aggiunse Julia lanciando un’occhiata d’intesa a Cassini. «Quindi, se lui vede la sua ombra a sinistra, significa che sta andando a nord. Anzi a nord-est».
«Di qua!». Cassini disegnò un’altra freccia verso nord. «Ma per quanto cammina prima di fermarsi ancora? Se non sbaglio i punti di riferimento finiscono».
Ci fu un secondo di silenzio. Fu Dempsey a romperlo: «Se le coordinate del punto di ingresso erano indicate con il numero del verso, canto ventisette, verso sessantaquattro… forse dobbiamo verificare anche in questo caso il numero del verso».
Il professore si accarezzò la barba incolta e scosse il capo. «Possiamo provarci. Dante si ferma di nuovo quando dalla parte opposta del fiume vede comparire un carro trainato da un grifone».
«Di che verso si tratta?», domandò l’americano.
Cassini consultò il suo testo. «È qui: “Per veder meglio ai passi diedi sosta”. È il verso settantadue e in effetti compare ancora la parola “passi”».
Il giovane fece un rapido calcolo e poi tracciò sullo schermo un’altra linea. «Settantadue passi equivalgono a novecentocinquantasette metri».
Cassini sorrise. Era possibile che il giovane avesse ragione perché la linea si fermava proprio sul bordo del fiume, nel punto in cui il Jökulfall sfociava in uno specchio d’acqua un po’ più largo. «Ok. Questo è il punto quattro».
«Si sente un tuono e il carro si ferma davanti a Dante. Poi compare Beatrice», concluse lo sceicco, riassumendo l’ultima parte del testo.
Il professore annuì. «Nei due canti seguenti il poeta attraversa il fiume, arrivando così al punto cinque. Qui». Cassini tracciò un “5” sulla riva opposta.
Sullo schermo, l’americano disegnò una linea per simboleggiare l’attraversamento.
«In quei versi c’è il rimprovero di Beatrice», aggiunse il sintetizzatore vocale dello sceicco.
«Esatto, dopodiché, nel canto trentadue, Dante osserva la processione tornare indietro e si mette a seguire il carro per i “tre voli” di cui vi dicevo prima».
«Tre voli. Ovviamente è un’unità di misura», dedusse l’americano. «Ma a quanto corrisponde?»
«Un tiro di lancia? Di una freccia?», domandò ad alta voce Ibrahim, quasi per scherzo.
«Potrebbe essere…», gli fece eco Julia, «un tiro d’arco corrisponde a ottanta, cento metri. Tre tiri… diciamo trecento metri al massimo?».
Cassini annuì. «Dove ci fa arrivare?»
«In mezzo al niente…», ripose Dempsey dubbioso, fissando la mappa sullo schermo.
«Ma non è finita», aggiunse il professore. «C’è un ultimo spostamento: dopo aver legato il grifone a un albero, Beatrice fa altri dieci passi e arriva alla fonte. Lì nascono due corsi d’acqua, il Letè e l’Eunoè e nello stesso luogo il poeta si purifica bevendo le acque del fiume. Poi ascende alla candida rosa, il suo punto d’arrivo: un anfiteatro a forma di rosa in cui riposano le anime del Paradiso».
«Dieci passi fino alla fonte, quindi…», tagliò corto Dempsey, che trasformò l’ultimo riferimento in metri, li sommò ai precedenti e tracciò una linea retta verso est.
Improvvisamente si fermò, non convinto.
Cassini alzò lo sguardo. Nel frattempo aveva disegnato una freccia che andava dal punto “5” al “6”.
Anche Julia lo osservò, incerta.
Il giovane fissò nuovamente la sua mappa e poi fece cadere lo sguardo su quella tracciata a mano dal professore. Il risultato era identico al suo:
Era plausibile, anzi, doveva essere così!
«A cosa corrisponde il punto numero sei?», domandò lo sceicco, anche lui incuriosito.
«Un momento». Rifece velocemente i calcoli e ottenne lo stesso risultato: il punto “6” distava dal “5” un totale di quattrocentotrenta metri. L’ultima linea si fermava proprio sulle cascate di Gýgjarfoss. «Come ha detto, professore?»
«Quando?»
«Prima che Dante salga in Paradiso abbiamo un ultimo riferimento terreno, per così dire. Ha detto che il poeta beve alla sorgente di due fiumi?»
«Esatto», bofonchiò Cassini, annuendo con il capo.
«Allora abbiamo fatto bingo!», concluse il giovane con aria trasognata. «Il punto sei è qui, alle cascate di Gýgjarfoss, dove nascono due fiumi, il Blákvísl e il Jökulfall».
Quaranta minuti dopo, il principe Ibrahim Al Husayn era in compagnia di Edward sul bordo della fontana illuminata a giorno, ai piedi del Burj Khalifa.
«C’è stato uno sviluppo improvviso. C’è un cambio di programma», esclamò, lo sguardo plumbeo e il tono afono. «Ma ho pensato a come risolvere il problema. Tra pochi giorni partirò anche io per l’Islanda… Dica ai suoi amici di trovarsi lì a inizio febbraio e io rispetterò i patti».