Capitolo 52
Milano, 3 gennaio. 18:45.
«In sintesi, possiamo dire che non abbiamo niente». Alessandro Pitti era immobile, le braccia conserte e uno sguardo cupo. Osservava, in compagnia di Nigel Sforza, la FIAT Punto sistemata sopra un carroattrezzi, al centro di un parcheggio giudiziario alla periferia nord della città.
L’auto era stata ritrovata nel primo pomeriggio, abbandonata sotto uno dei viadotti del nuovo quartiere di Porta Nuova, aperta e con le quattro frecce inserite.
«Volevano che la trovassimo», continuò Pitti, lanciando un’occhiata arguta all’agente dell’Interpol. «E dal centro possono essere andati dovunque…».
Sforza era silenzioso, le mani sprofondate nelle tasche del giubbotto e i Ray-Ban calati sul naso, nonostante fosse ormai buio da un po’.
Lentamente, con l’ausilio di un gancio d’acciaio, la Punto fu calata sull’asfalto.
I due si avvicinarono. «La lasci qui», ordinò Sforza.
«Il mio turno è finito», protestò l’uomo, cappellino di pile sulla testa e un pancione da far invidia a una partoriente. «La devo mettere sotto chiave e poi me ne vado a casa».
«Solo un secondo, la prego». Pitti gli si avvicinò e indicò l’orario sul Citizen Eco-Drive. Poi osservò l’auto da più vicino: era stata usata dalla donna e da Cassini sì e no per mezz’ora. All’interno dell’abitacolo non c’era nulla che potesse essergli utile.
Sforza, però, non sembrava dello stesso avviso. Individuò un oggetto metallico sul tappetino del passeggero e aprì lo sportello.
«Cos’è?», chiese immediatamente il carabiniere, incuriosito.
«Uno smartphone». L’agente dell’Interpol si portò gli occhiali sulla fronte e lo accese con calma. Il dispositivo non richiese alcun PIN e si collegò alla rete.
«Devono averlo lascito qui di proposito», dedusse Pitti.
«È di Cassini, a giudicare dal registro chiamate». Sforza toccò il display più volte e poté verificare che l’ultima telefonata era della sera precedente, alle diciannove e ventuno. Il numero era il suo…
«Può mettere l’auto sotto chiave, adesso». Pitti si rivolse all’impiegato del parcheggio e lo ringraziò con un cenno del capo.
L’ispettore si spostò di un paio di metri, con gli occhi fissi sul display del telefono. Dopo qualche passo si bloccò di colpo: tra i documenti aperti di recente, ce n’era uno molto interessante.
«San Francisco Tribune» – edizione online
Lunedì, 2 aprile 2012
Un microchip organico per comunicare coi neuroni.
In futuro saremo in grado di registrare i sogni e rivivere le nostre esperienze.
Lo lesse con calma, poi, quando ebbe finito, si rivolse a Pitti che gli si era avvicinato con sguardo indagatore. «Cosa diceva prima? Che non abbiamo nulla?».
Il carabiniere annuì. «Perché, non è così?»
«Direi proprio di no…». Sforza alzò lo sguardo, lo fissò in viso e sorrise. «Ho un indizio molto promettente…».
Pitti sorrise. «E dove ci porta?»
«Sicuramente molto lontano da qui».