Capitolo 56

Reykjavík, 4 gennaio. 9:30.

Viso di ghiaccio, cuore di fuoco.

Per Joonas Eklöf, finlandese di nascita ma islandese per amore, quella era la definizione che sintetizzava meglio la sua città adottiva: costruita attorno a geyser sempre in attività e vulcani fumanti, eppure così accogliente e calda con gli stranieri come lui.

Di Reykjavík, da quando vi si era trasferito con la moglie, amava tutto. Dalle case a schiera con colori sgargianti affacciate sul mare fino ai palazzi futuristici di vetro e acciaio costruiti a ridosso del porto.

Era seduto al buio, sulla scogliera del lungomare, a fissare la Solfar, una scultura in acciaio che ritraeva una nave vichinga stilizzata. Si era fatto lasciare lì dal taxi, di ritorno dall’aeroporto, proprio per decidere cosa fare prima di rientrare a casa. Non era abituato a mentire, e soprattutto non gli piaceva tradire gli amici. Ma la questione, purtroppo, non si limitava solo a quello: era estremamente più delicata… “Questione di vita o di morte”.

Rivolse lo sguardo verso il parallelepipedo di vetro che ospitava il centro congressi e poi si alzò di colpo, vinto dalla stanchezza.

«Ho bisogno delle tue conoscenze tra le alte sfere del governo dell’isola», gli aveva detto con quella voce robotica l’amico. «E questa volta sarà più complicato».

Il finlandese aveva ascoltato con attenzione le teorie di Al Husayn. Non aveva però smesso un secondo di pensare che quelle richieste l’avrebbero messo in seria difficoltà, ancora una volta.

Sei mesi prima aveva accettato di aiutarlo solo sulla base dell’intuizione sui triangoli astronomici. Li aveva verificati di persona e si era reso conto che i calcoli erano verosimili. Non sapeva esattamente cosa lo sceicco sperasse di trovare, ma il suo entusiasmo l’aveva spinto a collaborare.

Poco dopo l’inizio della spedizione erano però cominciati i problemi: da Venezia era arrivato un uomo, un gigante di muscoli con il collo corto e tozzo, che aveva voluto parlare con lui in privato.

«Il Gran Maestro è molto preoccupato», gli aveva sussurrato con un tono di voce grave. «Fratello, l’infedele sta cercando qualcosa che è riservato a pochi eletti. Sono tempi difficili, dobbiamo essere vigili e fare la cosa giusta… Il tuo ruolo è vitale perché lui si fida di te. È questione di vita o di morte: se il Sex dierum iter dice il vero e riuscirete a trovare l’oggetto, dovrai impedire a ogni costo che cada in mani sbagliate».

Cosa fosse l’oggetto, il Toro non lo aveva detto… e forse non lo sapeva neppure lui. Le sue parole austere avevano però avuto l’effetto di catapultarlo in una realtà fatta di tradimenti e di bugie. Di responsabilità che gravavano sulle sue spalle, che non poteva e non voleva più sopportare.

Poi, alla fine dell’estate, tutto si era concluso e lui aveva tirato un sospiro di sollievo: con soddisfazione dei suoi amici veneziani, lo scavo era stato chiuso senza che alcun reperto fosse stato ritrovato. Forse non c’era nulla da trovare…

Quando credeva che la questione fosse ormai dimenticata, era arrivato quell’invito a Dubai e la notizia che Al Husayn voleva ricominciare a cercare altrove.

Lo sceicco non gli aveva fornito le coordinate esatte, non le conosceva ancora, gli aveva spiegato. Gli aveva però chiesto di ottenere permessi per entrambe le sponde dei fiumi Blákvísl e Jökulfall, in un’area di vari chilometri quadrati.

«La mappa è più complessa di quanto immaginavamo. Entro pochi giorni avremo la chiave per decifrarla!».

Se in quelle rocce vulcaniche c’era realmente qualcosa, forse questa volta l’avrebbero trovata per davvero… e lui, purtroppo, sarebbe stato costretto a regolarsi di conseguenza.

Eklöf infilò le mani nel cappotto con il collo di pelliccia e si avviò verso casa.

Quando entrò, dieci minuti dopo, sua moglie Krista era in piedi davanti alla porta, avvolta in un pesante maglione di lana, i capelli raccolti in due grandi trecce.

Lo squadrò con i suoi occhi blu e dal suo sguardo cupo capì immediatamente che lo spettro che aveva afflitto il marito negli ultimi sei mesi era tornato.

«Non puoi semplicemente dire di no?», si limitò a chiedere, scrutando oltre la finestra il monte Esja ricoperto di neve.

«Ho già detto che sarei andato da lui… e poi ho fatto un giuramento», rispose Eklöf, mentre con la mente continuava a ripetersi le parole del Toro: “Sconvolgimenti inauditi se cadrà in mani sbagliate.”

«Anche lui ha giurato… ma ha deciso di infischiarsene!».

“Sta morendo”, avrebbe voluto rispondere Joonas, che invece si limitò a guardarla senza dire nulla. Non aveva scelta, doveva farlo. Lo sceicco si fidava di lui e se si fosse tirato indietro i Cavalieri non avrebbero avuto nessun infiltrato nel progetto.

Andò nello studio e cominciò a scrivere un’email.

Eccellentissimo Gran Maestro, Cancelleria Magistrale, come ti ho accennato al telefono qualche giorno fa, mi sono recato dal nostro comune amico…

Terminò in trentacinque minuti, la rilesse più volte e infine premette il tasto “invio”.

Subito dopo, consapevole di avere tradito un vecchio amico, si augurò di non aver commesso il più grave errore della sua vita.