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Base NATO di Pazar, Turchia. Due ore dopo la fuga dal Sito A.
«L’abbiamo sempre avuto sotto gli occhi», esclamò Viola in piedi sulla pista di atterraggio. Era ancora buio e faceva un freddo pungente. Mentre parlava si strinse nel giaccone militare.
Tutto intorno a lei, la base era in piena attività. Dal Black Hawk, con i rotori ancora in movimento, i militari avevano appena scaricato il baule con i rotoli. L’avevano imbarcato nella pancia di un C-130 e si erano dileguati all’interno del terminal. A poca distanza, un grosso camion cisterna si stava allontanando rumorosamente e alcuni uomini erano intenti a stivare sacchi di iuta nel velivolo.
«Il punto è proprio questo…», continuò Viola, rivolta a Elisabeth e Henkel. «La Genesi dice che lo spirito non resterà sempre nell’uomo, perché egli è solo carne. Non aggiunge altro…».
«Conosco la Bibbia», ruggì l’agente dell’SSV, spostandosi verso Stella, seduta poco distante su alcuni bauli e con in braccio la bambina. Avevano passato l’ultima ora a parlare. Lei gli aveva raccontato ciò che ricordava di tutta quell’avventura: il suo tentativo di fuga, la caduta nel torrente, la ferita alla gamba e poi il trasferimento in quell’hangar. Le sue parole, dure ma al tempo stesso decise e quasi distaccate, gli avevano ricordato quanto forte fosse quella donna… e la ragione per la quale era così importante per lui.
Viola gli mostrò l’originale della lettera di Bonifacio e picchiettò con l’indice nella parte bassa. «Leggi qui, invece».
Lui sbuffò e l’accontentò.
Egli disse, e riportiamo le sue parole per futura memoria: «Il mio spirito non durerà per sempre e non condividerò più i miei liquidi con l’uomo, perché non è che carne e la sua vita sarà di centoventi anni».
«Tra la Genesi e il testo di Bonifacio, che raccontano lo stesso evento biblico, c’è una grande differenza», precisò il sottotenente con enfasi. Il lampeggiante giallo di uno dei mezzi in movimento le rischiarò il viso. «Ciò che Dio smise di condividere non era lo spirito, bensì i liquidi!».
Lui scosse il capo con insistenza.
«La lettera racconta di un Patriarca biblico che visse su quelle montagne per mille anni», aggiunse Viola, spostando il peso da un piede all’altro. Era evidentemente eccitata. «Fu proprio Bonifacio degli Aleramici a sottolineare quelle parole, lo dice lui stesso nel suo scritto. Forse perché quel passaggio si differenziava dalla Bibbia che conosceva o forse, più semplicemente, perché lo percepì come importante!».
Henkel aprì la bocca, preparandosi a ribattere, ma il rombo di una jeep dietro di loro glielo impedì.
Quando il mezzo si fu allontanato in direzione di un grosso silos metallico, fu però Elisabeth a intervenire. «Posso vedere?», disse, curiosa. «Secondo me non è semplicemente un errore di traduzione».
«Cosa intendi?»
«Conosco bene quel passo della Genesi». Elisabeth serrò gli occhi come se avesse il sole in faccia. «La vocalizzazione fatta dai Masoreti è stata a lungo discussa: le radici semantiche del passaggio in ebraico non parlano mai di spirito, bensì di qualcosa di liquido. Qualcuno pensa che il testo originale si riferisse al liquido seminale… Interpretazione coerente anche con i versetti 1 e 2 della Genesi, che affermano che ai maschi degli Elohìm piacevano le femmine degli Adam».
«E se fosse ancora più semplice? Se parlasse solo di acqua di sorgente?», insistette ancora Viola, ripensando all’ultima immagine che aveva della base, in cui i riflessi di due torrenti brillavano alla luce della luna. «Se gli Elohìm avessero semplicemente smesso di far abbeverare agli Adam dalla loro fonte?».
Elisabeth annuì in modo convinto. «Potrebbe essere… Ci sono varie teorie sulla cosiddetta memoria dell’acqua. E nel giardino dell’Eden scorrevano due fiumi. Esattamente come attorno alla base», aggiunse, fissando Stella.
«E allora?»
«La miscela di vegetali somministrata alla tua fidanzata potrebbe non essere la fonte della sua guarigione…», concluse Viola. «Forse tutto era dovuto alle sostanze presenti nell’acqua che bevevano o con cui venivano a contatto».
Elisabeth fece due passi e raggiunse Stella che, nonostante fosse intabarrata in una coperta, indossava ancora il camice che le scopriva le gambe. «Non hai detto di essere caduta in un torrente?», le chiese, indicando la grossa cicatrice sulla coscia. «Non sono un’esperta di medicina, ma una ferita del genere non guarisce senza punti di sutura e in così poco tempo!».
«Riesci a ricordare dove potrebbe essere quel corso d’acqua?», la incalzò Viola.
«Sentite…», intervenne Henkel, che si frappose tra le due ragazze, prima che Stella potesse rispondere. «State facendo ipotesi assurde e l’interpretazione che date della Genesi è pura follia! Adesso lasciatela stare, Stella deve riposare e Anahita ha bisogno di cure».
Viola deglutì ma non ribatté.
«Non mi interessa cosa le abbiano dato in quella struttura. Non sappiamo neppure se la cinese ci ha detto la verità!», rincarò la dose Henkel, fissando un punto a caso nell’edificio principale della base. «Una cosa però è certa: non voglio più sentir parlare di questa storia! Ciò che importa adesso è che lei stia bene».
A quel punto estrasse dal giubbotto una provetta di vetro con un’etichetta numerata: era una delle provette cadute a Xiaochen prima che riuscisse a fuggire dall’hangar. Nella fretta, la cinese non l’aveva vista e l’aveva lasciata sul pavimento. Dopo che Henkel aveva rianimato Stella si era limitato a raccoglierla e d’istinto se l’era infilata in tasca, senza più pensarci fino a quel momento.
«Cos’è?», chiese il sottotenente, che la afferrò con entrambe le mani per non farla cadere.
«Immagino qualcosa che potrai far analizzare per toglierti ogni dubbio. A condizione che non parli più di albero della vita, di sorgente miracolosa o di altra roba simile!». Henkel si avvicinò a Stella e la aiutò ad alzarsi. Poi prese Anahita in braccio e insieme si avviarono verso un edificio metallico.
«Non mi hai fatto parlare…», gli sussurrò Stella, mentre varcavano le porte scorrevoli della base.
«C’era qualcosa da aggiungere?»
«Sì!», lei sorrise, un lampo di luce negli occhi. «Credo che potrebbero avere ragione… e soprattutto: forse sono in grado di ritrovare quel torrente!».