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Gerusalemme. 10:55.

-36:04:35 alla deadline.

 

«E adesso cosa facciamo?». Viola era seduta sul letto matrimoniale della camera d’albergo, la schiena appoggiata alla testiera di ferro battuto.

La stanza era spoglia: un semplice armadio in noce, un comò, una piccola scrivania su cui era appoggiato un televisore LCD Inno-Hit. Il sole, che entrava di taglio, filtrava tra le tende dalla minuscola finestra e dava all’ambiente una colorazione ambrata. Davanti alla porta, incastrata sotto la maniglia, Henkel aveva sistemato una sedia per evitare che dall’esterno potesse essere aperta.

«Chi poteva essere la ragazza nell’ufficio di Friedman?», chiese ad alta voce il sottotenente. «Forse non ha nulla a che vedere con questa storia…».

«Ce l’ha invece!», grugnì Henkel senza alzare il viso dal computer di Lamberto Zonca, che avevano portato con loro da Bologna. «Ce l’ha perché il tizio che ci ha buttato fuori strada stava aspettando proprio lei».

Viola, senza scarpe e con i jeans arrotolati, cominciò a disfare la fasciatura che le era stata fatta a Firenze. Ormai il fianco non le doleva quasi più. «Non ti seguo».

«Quell’uomo lo conosco bene. Lavora per i Cavalieri Guardiani di Pace di Venezia, i Cavalieri di Malta. È soprannominato il Toro e si dice che sia un killer professionista… una specie di giustiziere solitario che fino a qualche tempo fa si occupava dei lavori sporchi».

«Che tipo di lavori sporchi?», domandò lei, incuriosita.

«Omicidi, per lo più. Il Servizio Segreto Vaticano aveva indagato, in passato, su qualche morte sospetta. Ricordo due vescovi accusati di pedofilia, entrambi strozzati con un cavo elettrico prima che fossero condannati ufficialmente».

«Una specie di Batman in salsa templare?», scherzò lei.

Henkel annuì. Poi prese a muovere velocemente l’indice sul touchpad. «Provammo a incastrarlo, ma all’improvviso scomparve. Non sentivo parlare di lui almeno dal 2010».

«Ma come fai a dire che c’entra anche la ragazza?»

«Il Toro… fuori dall’università aspettava proprio lei. Prova a pensarci: era parcheggiato vicino al suo motorino e si è mosso appena l’ha vista partire».

Viola non disse nulla, cercando di ripensare ai momenti concitati dell’inseguimento. Forse Henkel aveva ragione: la ragazza era saltata sul ciclomotore e dopo un istante il grosso Hummer era partito.

«…Poi deve aver notato noi», proseguì l’agente. «Non poteva sapere che eravamo in Israele, quindi non ci stava aspettando. Quando ci ha riconosciuti deve però aver deciso che eravamo un bersaglio migliore».

Viola non parve convinta. «Ci ha riconosciuti? Non mi pare di averlo mai visto. E non credo che lui abbia mai visto me!».

Henkel si alzò di colpo dalla scrivania e andò alla piccola finestra. Dava su un vicolo stretto e rumoroso, animato da decine di turisti. Visto dall’alto, sembrava un fiume colorato in costante e lento movimento. «E se ti sbagliassi?», obiettò, rimanendo di spalle, con lo sguardo fisso su un chiosco di knafeh.

«Cosa intendi?»

«Per quanto ci abbia pensato, riesco a dare solo una spiegazione a quello che è successo: se fosse proprio il Toro l’uomo che stai cercando? Quello che guidava il furgone a Firenze e che ha sparato al tuo capo?».

Lei rimase in silenzio per qualche secondo, passandosi la lingua sulle labbra.

«Questo spiegherebbe il fatto che appena ti ha riconosciuto ha cambiato obiettivo. Ha già provato una volta a toglierci di mezzo e non ci è riuscito… deve aver pensato che era una buona occasione».

«Adesso che ci rifletto…», concordò la ragazza, cercando di fare mente locale sulle fattezze del killer, che aveva visto solo per pochi attimi dal vetro del furgone ribaltato, «il killer di Zonca, quello della stazione, era un tipo tozzo e muscoloso. Dai video della sorveglianza non si vedeva bene in volto, ma la corporatura potrebbe essere compatibile con quella di questo Toro! E inoltre dalle immagini sembrava avesse anche un pizzetto».

«Avrebbe senso».

Viola si alzò dal letto e andò a sedersi sulla sedia che fino a un attimo prima era stata occupata dal suo compagno di viaggio. Appoggiò il gomito al tavolo e ci poggiò sopra il mento. «Potrebbe essere lui che sta togliendo di mezzo tutti i partecipanti all’asta?»

«Non i partecipanti all’asta. Sta uccidendo chi è venuto a contatto con la Bibbia: Zonca, Paolini, e adesso Friedman. Oltre ad Aruta e ai due morti durante l’attentato».

«Ok. Diciamo che così cade la pista della truffa assicurativa. Se questo Toro è davvero un killer che uccide in nome della religione potrebbe essere proprio lui l’uomo che stiamo cercando». La ragazza si sistemò con la mano il caschetto di capelli neri e poi proseguì, dubbiosa: «Anche se però bisogna ammettere che non abbiamo molte prove a sostegno della nostra tesi».

«Il fatto che si trovi a Gerusalemme il giorno dopo la morte di Friedman non può essere casuale. E neppure che abbia tentato di ucciderci».

Viola lanciò una rapida occhiata al monitor del computer. La pagina web era piena di numeri e di caratteri ebraici, ma in alto si vedeva un logo bianco e azzurro raffigurante un’automobile stilizzata. «Visto che Friedman non potrà risponderci scommetto che hai già elaborato un piano di riserva».

«La ragazzina. Non sappiamo perché era nello studio del professore né perché il Toro la stesse seguendo. Però una cosa la sappiamo: lui la stava cercando e lei gli è sfuggita».

«La vuoi rintracciare? Credi che quel tizio tornerà a cercarla?», ipotizzò Viola. «…E speri di trovarla prima di lui grazie al sito della motorizzazione israeliana… o qualunque sia il suo nome!». Picchiettò con l’unghia color amaranto sul monitor del computer.

«Se lo scooter era suo, abbiamo un indirizzo», borbottò Henkel.

Viola sorrise. Un sorriso carico di nervosismo. «E con la polizia come la mettiamo? Di sicuro dopo la storia dell’ambulanza ci staranno cercando».

Lui annuì. Sapeva bene che avevano le ore contate, e non solo a causa della polizia.

Fissò il timer sull’orologio e per un istante fu sul punto di dire a Viola la verità: lui non era lì per conto del Vaticano, ma solo per salvare la sua fidanzata…

Ma non fece in tempo. All’improvviso, una sirena lontana cominciò a risuonare in tutta la città: era l’allarme antimissile a cui tutti gli israeliani erano tristemente abituati.