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Atene. Ora locale 19:55.

-27:04:04 alla deadline.

 

«Perdonate la messa in scena di poco fa». Yanis Simonides era seduto al tavolo del Piazza Duomo, un bel ristorante affacciato su una delle vie pedonali del centro. Oltre la vetrata, dalla parte della cattedrale, si vedevano numerosi avventori seduti all’esterno, riscaldati da grossi funghi a gas. Al di là della strada, qualcuno passeggiava su piazza Mitropoleos. «È un periodo in cui tutti i miei amici fanno una brutta fine. Dovevo essere certo di potermi fidare. Per fortuna uno dei vigilanti dell’acropoli è un grande amico del presbiterio».

Henkel, Viola ed Elisabeth si sedettero al tavolo senza parlare. Dopo un serrato faccia a faccia con una guardia e un prete ortodosso, erano finiti in quel ristorante a pochi passi da piazza Syntagma.

Una volta individuati all’acropoli, infatti, erano stati portati in una stanzetta disadorna dove li attendeva un sacerdote. Era stato l’anziano presbitero, su richiesta di Simonides, a porre loro una serie di domande per verificare chi fossero realmente. Se non l’avessero convinto, la guardia avrebbe semplicemente chiamato la polizia: essendosi intrufolati abusivamente in un sito archeologico di grande importanza sarebbero stati arrestati seduta stante. Ma era andata diversamente. Avevano parlato con il religioso, convincendolo che dicevano la verità, e alla fine erano stati accompagnati dal genetista. Anche e soprattutto perché avevano detto di poterlo aiutare…

«È da alcuni giorni che non rientro più a casa», spiegò in un inglese cattedratico il greco, trangugiando una forchettata di giros. Era un gigante corpulento che faticava a entrare nei braccioli della sedia. Probabilmente, pensò Henkel nel vederlo, sarebbe stato più comodo su due sgabelli affiancati.

«Immagino che sappia perché la stanno cercando», esordì Viola, piantando il suo sguardo indagatore sul viso butterato dello scienziato.

Lui si pulì il mento unto con il tovagliolo e annuì convinto. «Per il mio libro, immagino».

«Angeli caduti», si intromise Elisabeth, con un luccichio nei suoi brillanti occhi neri. In aereo, prima di dedicarsi allo strano orologio di Henkel, si era documentata anche sull’uomo che stavano per incontrare. «Parla del cosiddetto anello mancante, giusto?».

Il grassone annuì di nuovo. «Qualcuno deve essersi indispettito leggendo le mie teorie».

«Perché era a Firenze due giorni fa?», intervenne Henkel, che era più incline a pensare che il problema non fosse il libro, bensì la partecipazione all’asta da Paolini. «Cos’ha a che fare un genetista come lei con antichi rotoli della Bibbia?».

Simonides alzò lo sguardo e radiografò l’agente dell’SSV. «Dovevo immaginarlo… se il Vaticano si interessa a me è perché allora ho ragione!».

«Su cosa?»

«Avete mai sentito parlare dell’HAR1?», domandò il greco a sua volta, spostando lo sguardo sui tre ospiti.

Fu Elisabeth a sorridere, ricordando una delle lezioni di Friedman. «Intende l’Human Accelerated Region 1?», chiese, la mano alzata per attirare l’attenzione della cameriera.

«Esattamente. Stiamo parlando di una delle sequenze del nostro DNA, all’interno del cromosoma 20. È l’HAR1 che si occupa dell’encefalizzazione, lo sviluppo del nostro cervello. È l’HAR1, assieme ad altre sequenze come l’HARE5 o l’HACNS1, ciò che differenzia l’uomo dai primati. Noi genetisti ci sforziamo da anni di capire perché quelle regioni genomiche, praticamente immutate da trecento milioni di anni, si siano invece evolute con estrema rapidità nell’uomo».

«Non capisco dove vuole arrivare», mugugnò Viola, scuotendo il capo. «Che relazione ha questo con il Vaticano e… con il fatto che qualcuno la vuole uccidere?»

«Conoscete le due principali teorie sulla nascita dell’uomo? La teoria evoluzionistica di Darwin e quella creazionistica della Chiesa?».

Viola annuì, ma dalla sua espressione parve tutt’altro che soddisfatta della risposta.

«Ebbene, la teoria evoluzionistica ha un grosso limite: il cosiddetto anello mancante». Simonides fece una pausa, per verificare l’effetto delle sue parole. I tre ospiti lo fissavano in silenzio. «In pratica, se c’è un’evoluzione progressiva, questa avviene in più momenti e quindi dovrebbero essere disponibili reperti fossili che documentino tutte queste fasi. Come gli anelli di una catena, in sostanza, che passo passo permettano agli studiosi di evidenziare le differenze tra un passaggio evolutivo e il successivo».

«E questi anelli non esistono, giusto?», chiarì Elisabeth.

«Esattamente. Tra i primati e l’uomo mancano numerosi anelli. Pensate che il cervello dell’Australopithecus misurava meno di cinquecento centimetri cubici e quello dell’Homo sapiens milletrecento. Non abbiamo significative vie di mezzo… Qual è la spiegazione, che è lievitato di colpo?»

«Mi perdoni, professore…». Henkel appoggiò le mani sul tavolo, quasi avesse intenzione di bloccare il flusso di inutili informazioni che lo scienziato stava riversando su di loro. Dopo la lezione di Elisabeth non aveva intenzione di sorbirsi un’altra ramanzina basata sul nulla. «Quello che ci sta raccontando è sicuramente molto interessante», dichiarò, con un sarcasmo appena velato. «La mia domanda però era diversa: lei due giorni fa era a un’asta a Firenze e, probabilmente, a causa di quell’asta adesso è in pericolo».

Il greco sorrise, scuotendo il capo. «Le spiego subito cosa ci facevo in Italia…». Prima di proseguire afferrò una bottiglietta d’acqua e bevve un sorso a canna. «Come dicevo, la teoria evoluzionistica non regge. L’alternativa da considerare è l’altra teoria: quella creazionistica».

«È per questo che le interessavano i manoscritti degli Illuminati?»

«La Bibbia, come molti dei libri dell’antichità, racconta che l’uomo sarebbe stato creato dai figli delle stelle. Io mi sono semplicemente domandato se questo mito potesse essere interpretato diversamente. Come vi ho già detto, è piuttosto curioso che in un genoma come il nostro di tre miliardi di nucleotidi, mutamenti casuali ed estremamente rari si registrino prevalentemente nell’HAR1, una regione microscopica di soltanto centodiciotto nucleotidi. E oltretutto, se parliamo in termini evoluzionistici, tutto ciò sarebbe avvenuto nel tempo di un respiro. Un simile tasso di cambiamenti molecolari non è mai stato registrato nella storia».

«Sta dicendo che i nostri creatori modificarono il DNA degli ominidi per creare l’uomo?». Henkel cominciava ad avere un quadro più chiaro della situazione. Quelle teorie, esattamente come quelle di Elisabeth e di Friedman, avevano un comune denominatore: la Bibbia. Per quanto le trovasse assurde, in un modo o nell’altro, qualcuno stava cercando di zittire chi le aveva rese pubbliche. «E i manoscritti degli Illuminati le sarebbero serviti per dimostrarlo?»

«Non sono un fanatico religioso… Ma la Bibbia racconta a suo modo l’origine dell’uomo. La nostra storia è radicata in secoli di cui non abbiamo nessuna memoria. Conosciamo abbastanza bene gli ultimi duemila anni e abbiamo qualche informazione che risale fino al cinquemila o al diecimila avanti Cristo. Nessuno sa cosa sia accaduto prima, molto prima… e la Bibbia potrebbe fornirci elementi utili a capirlo».

«Crede che gli extraterrestri abbiano creato l’uomo?». Elisabeth sorrise. Lei stessa aveva dato alla Genesi, che parlava di DNA/tzelem e di “fabbricazione”, un significato simile.

Sorprendentemente lo scienziato scosse la testa. «Non mi interessa crederci. Credo alla scienza, e la scienza mi dice che l’evoluzione umana è spiegabile solo se si ammettono degli interventi genetici sui primati. La cosiddetta Eva mitocondriale, cioè la femmina da cui derivano i mitocondri umani e da cui discendiamo anche noi, è vissuta circa duecentomila anni fa».

«Continuo a non capire dove vuole arrivare», lo interruppe Viola, che in tutto quel racconto, a differenza di Henkel, non era riuscita a trovare un filo conduttore con il Toro.

«Dico semplicemente che nessuno di noi può sapere cosa è accaduto duecentomila anni fa. Nessuno, forse, tranne chi ha scritto la Bibbia mettendo per iscritto vecchie leggende tramandate di padre in figlio. Zecharia Sitchin diceva che la mitologia è il modo che gli antichi trovarono per raccontarci la storia».

«Se quella Bibbia è così importante per dimostrare le sue teorie, ammesso che sia possibile, allora è ragionevole pensare che sia lei l’autore del furto!», lo accusò Henkel, senza giri di parole.

«Ma sta scherzando? Mi vogliono uccidere a causa di quell’asta…». Nonostante la schiettezza, Simonides parve divertito, invece che offeso.

«È ragionevole pensarlo… lei è stato allontanato dalla comunità scientifica a causa delle sue teorie. Se davvero quei rotoli potevano dimostrarle, è plausibile che abbia commissionato il furto!». Henkel non ci credeva davvero, ma accusandolo sperava di spingerlo a rivelare qualcosa di realmente utile per la sua ricerca.

Ma non ottenne l’effetto sperato, perché in quel momento la vetrata affacciata su piazza Mitropoleos fu polverizzata da un’esplosione.

L’agente dell’SSV, circondato da urla di terrore, alzò lo sguardo e vide il Toro attraversare la strada con un fucile a pompa in mano.