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Lugano, Svizzera. 22:20.
-71:39:47 alla deadline.
«Cosa volete che faccia?». Il volto di Henkel era una maschera di rabbia, il respiro affannato e i denti serrati.
Van Buuren, attraverso il monitor, sorrise pacatamente e si avvicinò alla telecamera. Si fermò quando la sua immagine fu a mezzo busto.
Henkel lo fulminò, disgustato. Stella era ancora dietro di lui, immobile, ma adesso non riusciva più ad avere una visuale completa della carlinga dell’aereo.
«Il Vaticano ha una cosa che noi vorremmo», cominciò l’olandese, con il tono cortese di chi sta chiedendo al suo vicino di innaffiare le piante. «Si tratta di quattordici rotoli di papiro. Reperti storici antichissimi».
«Cosa volete che faccia, esattamente?», ripeté ancora Andreas, sfinito.
«Vogliamo che si introduca negli Archivi Segreti e li prenda per noi». Lo scienziato sorrise.
Trascorsero alcuni secondi in cui nessuno parlò.
“Sta scherzando?”. Se non si fosse trovato in quella situazione, Henkel avrebbe giurato di sì.
«È un accordo molto semplice… una cosa banale!», chiarì Van Buuren.
«È una follia bella e buona!», sbottò Henkel. «Nell’Archivum ci sono quasi cento chilometri di gallerie e scaffali. Anche ammesso di riuscire a entrare, come potete essere certi che ciò che state cercando sia lì?»
«Ne siamo certi. Abbiamo le nostri fonti».
Le nostre fonti.
L’olandese si fece serio. Poi decise di fornire qualche altra spiegazione a Henkel. «Questa mattina, durante un’asta a Firenze, i papiri che ci interessano sono stati rubati. Abbiamo motivo di ritenere che i responsabili li abbiano già portati al sicuro in Vaticano».
Henkel sbuffò. «Siete pazzi. Anche se la Santa Sede fosse davvero interessata a quei reperti, è folle pensare che siano loro i responsabili del furto!».
«Si sbaglia, signor Henkel. Sa meglio di me che ci sono persone, dietro quelle mura, che tramano molto di peggio… lei è un esempio vivente. Comunque, mi basterà farle solo un nome: monsignor Raniero Savelli. Sono certo che lo conosce di fama. In passato si è dimostrato molto interessato ai nostri rotoli». Lo scienziato fece una pausa teatrale, poi proseguì. «Ma in ogni caso non le serve una ragione per credermi. Lei deve solo fare ciò che le sto ordinando. Pensi a Stella: quanto le stiamo facendo è soltanto un piccolo incentivo…».
«Anche se aveste ragione, e non lo credo affatto, gli Archivi Vaticani sono sorvegliatissimi!», lo interruppe Henkel, con rabbia. «Il bunker è quattro piani sotto piazza San Pietro. Mi state chiedendo una cosa impossibile».
«Non si sottovaluti, colonnello. Lei ha un’abilitazione di livello 1. Non sto dicendo che è facile, ma se c’è una persona che può riuscirci, quella è lei», sentenziò lo scienziato. «L’abbiamo scelta per questo motivo».
L’agente dell’ssv sospirò, scuotendo la testa.
Nel frattempo, Van Buuren indietreggiò nella carlinga dell’aereo e tornò accanto a Stella. Si avvicinò sorridendo e le accarezzò i capelli biondi. «Un’ultima cosa: qualora avesse ragione e i rotoli non fossero in Vaticano, non c’è problema. Non siamo persone che si offendono. Ci fidiamo di lei: li trovi e ce li porti… se ci tiene a Stella».
Henkel deglutì, impotente. Fissò la sua fidanzata: aveva gli occhi spalancati e lo sguardo colmo di terrore. Poi, vinto, si arrese: «Ok, va bene. Cosa sto cercando esattamente?».
Venti minuti più tardi, l’auto dei rapitori ripartì a razzo subito dopo averlo abbandonato su un marciapiede.
Andreas Henkel si mise seduto e si sfilò il cappuccio dal capo. L’orologio che gli avevano infilato al polso indicava che erano trascorsi trentanove minuti dall’attivazione. Se ciò che gli avevano detto era vero, restavano poco meno di settantadue ore alla deadline, o come diavolo l’avevano definita.
Per terra, accanto a lui, era stato abbandonato un volume rilegato. Lo raccolse: era il catalogo patinato di una casa d’aste di Firenze in cui erano raffigurati i rotoli di papiro di cui aveva parlato l’olandese. L’asta avrebbe dovuto tenersi quella mattina.
Si alzò in piedi, guardandosi in giro: il lago era una tavola nera ma la nebbia di poco prima si era diradata. Sulla riva opposta adesso si distingueva con precisione la sagoma imponente del casinò di Campione d’Italia. Si voltò verso gli edifici affacciati sul lungolago e individuò l’insegna di un Burger King. Dovevano averlo lasciato nei pressi della piazza centrale, molto vicino al suo hotel.
Erano stati di parola, ma dopotutto avevano raggiunto un accordo… anche se definirlo così era un eufemismo.
Non aveva scelta. Ripensò allo sguardo di Stella. I problemi che avevano affrontato fino al giorno prima gli sembravano lontani come un miraggio. Adesso, tutto si riduceva a uno sporco ricatto: entro settantadue ore doveva fornire a quel pazzo ciò che chiedeva.
Era possibile che fosse tutto un bluff? Non aveva modo di saperlo. E in ogni caso, quali alternative aveva?
«Niente Gendarmeria», erano state le ultime istruzioni. «Se chiama la polizia, la guardia svizzera o anche solo la ronda di quartiere, Stella muore subito… e il nostro accordo salta».
Il nostro accordo.
No, non c’erano alternative. Non poteva rischiare. Oltretutto, doveva prendere per buona la teoria secondo la quale i rotoli erano realmente custoditi negli Archivi Segreti. In caso contrario non aveva alcun elemento concreto su cui indagare.
Più ci pensava, più si convinceva che Van Buuren dovesse avere elementi assolutamente certi per credere che i rotoli fossero in Vaticano. La trappola che gli aveva teso, preparata nei minimi dettagli, e l’organizzazione quasi militare dei suoi rapitori denotavano un’attenta programmazione. E soprattutto, la scelta accurata delle vittime, lui e Stella, era un chiaro indizio del fatto che erano sicuri di non sbagliarsi.
Se davvero avevano ragione, in effetti lui era una delle poche persone che potevano muoversi agevolmente all’interno delle mura leonine. Era rischioso e di sicuro non facile, però forse avrebbe potuto portare a termine quell’assurda missione. Per un istante gli sembrò l’unica opzione: prima avrebbe salvato Stella e poi, in qualche modo, avrebbe cercato di rimediare.
Riflettere sulle conseguenze di quanto stava per fare avrebbe significato mettere in discussione i princìpi di una vita. Per questo non lo fece e si limitò a osservare il conto alla rovescia sull’orologio: i secondi scorrevano inesorabilmente.
Ormai aveva deciso, sarebbe entrato negli Archivi Segreti.
Si incamminò a fatica verso via Nassa, dove nel parcheggio sotterraneo aveva lasciato la Kia Sportage di Stella.