CAPITOLO 76
Bruxelles, Belgio,
ore 20:10
Eva scosse il capo. Leggi, decreti, banconote diverse da quelle che aveva sempre visto. Non si riteneva una stupida, ma non aveva ancora capito bene quale fosse, realmente, l’oggetto del contendere.
«Zorzi voleva stampare banconote al posto della BCE?»
«Esattamente!», confermò la moglie di Defour. «Una volta il denaro era stampato sulla base dell’oro effettivamente posseduto. Tanto oro, tante banconote. Da molti anni non è più così. Le banche centrali hanno in deposito le riserve auree degli Stati però stampano cartamoneta che non è più convertibile in oro…».
Fossati rimase in silenzio, ascoltava le parole della donna e nel frattempo rifletteva. Gli sembrava che tanti piccoli indizi cominciassero ad avere senso.
«…In pratica, oggi le banconote stampate dalla BCE sono carta straccia». La donna fece una pausa in attesa che i due ospiti digerissero le sue parole. «Valgono come merce di scambio solo perché gli Stati e la politica garantiscono il monopolio. E perché ognuno di noi le accetta in cambio di beni e servizi».
«La BCE stampa banconote e le presta allo Stato. È corretto?». La lezione di Schollen era servita. Fossati si era convinto che il fulcro della questione fosse quello. «Se Zorzi avesse fatto stampare direttamente le banconote non ci sarebbe più stato bisogno dell’intermediazione della BCE. Giusto? Sarebbe lo Stato a stabilire quanto denaro stampare e di conseguenza a regolare l’inflazione e la deflazione!».
«È corretto… ma solo in parte», le rispose Sophie. «L’ordine esecutivo 11.110 e il decreto attuativo avrebbero evitato al debito nazionale di raggiungere il livello attuale. Il governo dell’UE avrebbe avuto il potere di cancellare il debito senza passare per la mediazione della BCE e senza l’aggravio di interessi per creare nuove banconote. Il problema però era un altro…».
Fossati rimase in silenzio e attese che la donna continuasse.
«Facendo gestire il ciclo della moneta a un organo statale non c’è più bisogno di una banca privata che si limita a stampare senza avere una copertura aurifera. Ma non è tutto».
«Non capisco», interruppe Eva. «L’Unione Europea può fare ciò che vuole. Non vedo, però, come questi disegni potrebbero mettere in difficoltà la BCE. È una banca privata, lo ha detto lei. Non possono mica cancellarla con una legge…».
La donna sorrise. «Ha ragione. Non avevano intenzione di cancellarla. La questione è un po’ più complessa».
«Cosa intende?». Fossati parve incuriosito.
«Anche se lo Stato prendesse il posto della BCE, ed emettesse moneta direttamente, la tentazione di comportarsi come una banca sarebbe troppo forte».
«Cioè anche lo Stato emetterebbe moneta dal valore solo nominale? Anche lo Stato emetterebbe carta straccia?»
«Oggi l’articolo 127 del trattato UE stabilisce che la BCE può essere solo consultata e non controllata. Uno Stato, forse, potrebbe comportarsi diversamente da una banca, ma solo con una legge approvata per impedirlo! Diversamente, non cambierebbe nulla. È la storia che ce lo insegna».
«E quale era la soluzione studiata da Zorzi?», tagliò corto Eva, che non aveva intenzione di sorbirsi un’altra lezione di economia. Ormai aveva capito che anche con quella donna si parlava soltanto di banche… Zorzi era stato ucciso per soldi, quale era la novità? Era uno dei moventi più comuni fin dalla notte dei tempi.
«La soluzione studiata da mio marito con il presidente Zorzi erano i “titoli di debito”. Questi titoli di debito». La donna indicò le copie delle banconote fatte stampare da Zorzi. «Chi emette un documento, una banconota, lo deve fare sulla base di una ricchezza reale: oro o argento. E il tutto deve essere con rapporto di parità: un chilo d’oro in cassa significa l’emissione di banconote per il valore equivalente, non un centesimo di più!».
Fossati ripensò alla lezione di Schollen. Il problema era proprio quello: parità uno a uno, non dieci a uno o peggio…
«Quindi tutto si riduce a questo? Un chilo d’oro equivale ad altrettanti euro?», fece Eva.
«Guardi lei stessa». Sophie Defour aprì il documento alla prima pagina. «È l’articolo uno della direttiva che lo dice: “Il potere di cui è investito il Dipartimento Comunitario del Tesoro di costituenda formazione lo autorizza a emettere per conto del Governo Centrale dell’Unione Europea certificati auriferi e argentiferi contro qualsiasi deposito d’oro e d’argento disponibile nelle casse nazionali…”».
«Banconote convertibili in oro e argento». Fossati commentò ad alta voce.
Così la vicenda cominciava ad avere senso. Il governo dell’UE si riservava la possibilità di emettere banconote sulla base delle riserve di oro e di argento. Nessuno avrebbe cancellato la Banca Centrale, ma la conseguenza di quella mossa era fin troppo evidente anche per chi non aveva studiato economia.
«Banconote convertibili in oro e argento. Tutto qui. Questo è il motivo per il quale mio marito è stato ucciso».
«Questa legge non tocca la BCE», commentò Eva. «Li hanno fatti uccidere solo perché avevano perso il monopolio? Nessuno gli avrebbe impedito di continuare a stampare i loro euro di carta. Questi sarebbero stati soldi stampati in aggiunta!».
La moglie di Defour sorrise.
Contemporaneamente la bambina ritornò dall’altra stanza in sella al triciclo. «Mamma, ho sonno!».
Sophie si alzò in piedi. «Abbiamo quasi finito, amore. I signori stavano per andare».
La bimba squadrò Fossati e sorrise a Eva, che si sentì a disagio ma contraccambiò il sorriso. «Stiamo per andare, ma la tua mamma deve spiegarci un’ultima cosa».
«Ha ragione», affermò la donna. «Non li hanno fatti uccidere solo perché avevano perso il monopolio: la conseguenza economica delle banconote dell’UE era molto più grave per loro».
«Si spieghi meglio, la prego», insistette Fossati.
«Le banconote dell’UE sarebbero state emesse come valuta senza interessi e senza debiti, garantite dalle riserve d’oro e d’argento presenti nelle tesorerie degli Stati membri». Un tonfo, alle spalle della donna, la costrinse a interrompersi. Qualcuno era passato rumorosamente nel vano scala ma sembrava avere proseguito oltre.
La bimba spinse il triciclo e andò verso la porta. La madre ne approfittò per continuare. «Zorzi sapeva bene che le sue banconote, prodotte sulla base delle riserve auree e argentee, si sarebbero ampiamente diffuse e avrebbero eliminato la richiesta delle banconote della BCE. È una questione economica molto banale. Le banconote dell’UE sarebbero state emesse sulla base del valore delle riserve realmente esistenti, mentre quelle della Banca Centrale no».
«Sarebbe stata la gente a cancellare la BCE!», concluse Eva. Era la solita questione di soldi, ma a differenza di altre volte si parlava di una montagna di denaro: miliardi e miliardi di euro che la Banca Centrale avrebbe perso se la direttiva di Zorzi fosse stata approvata integralmente.
«Al nostro arrivo, prima che ci tenesse questa lezione privata, ci ha detto che aveva paura. Non capisco ancora di cosa. Zorzi ormai è morto».
Un ronzio lontano, in strada. Li fece voltare simultaneamente verso la finestra del soggiorno. Il cane alzò la testa e poi l’appoggiò di nuovo sul tappeto. Il rumore sembrava quello di un grosso calabrone, prima molto vicino e poi sempre più lontano.
Sophie Defour osservò la piccola Ann Marie e abbassò il tono di voce. «Questo fascicoletto è una bomba. Nessuno ne è a conoscenza. Se lo vedessero le persone giuste qualcuno potrebbe decidere di mettere in pratica la stessa idea, e soprattutto rappresenta il movente per l’assassinio di mio marito e di Zorzi. Un movente che identifica esattamente il colpevole».
«Noi non abbiamo un nome», argomentò Eva.
«Noi forse no. Ma a un nome prima o poi si arriverà. Ci sono molte famiglie dietro al nostro sistema bancario. Credetemi, nessuna di loro vuole che questo documento sia diffuso. Per tutte le ragioni che le ho detto. Giudichi lei quale gli potrebbe creare più problemi».
Un nuovo rumore echeggiò nell’aria. Questa volta più forte e netto. Non in strada, decisamente molto vicino: dietro la porta d’ingresso.
Eva scattò in piedi e, di riflesso, estrasse la piccola Glock.
Fossati andò alla porta finestra e guardò verso l’alto. C’era una luce che girava in circolo nel cielo, ma sembrava abbastanza distante.
Improvvisamente un’esplosione e il portone si spalancò. Il legno vicino alla serratura saltò via e lo stipite fu divelto.
Davanti a loro apparvero tre uomini con maschere in kevlar e piccole pistole mitragliatrici in mano.
Eva non si fece pregare. «Giù tutti!», urlò. Poi puntò la Glock contro il primo degli aggressori e fece fuoco.