CAPITOLO 43
Venezia, martedì 18 febbraio,
ore 06:45
L’alba aveva portato con sé un’aria gelida e un cielo grigio come una lastra d’acciaio.
A Luca Zorzi piaceva vedere la città risvegliarsi. Gli piaceva alzarsi presto per andare a fare footing e attraversare così le calli che tornavano in attività e si preparavano per un’altra invasione di turisti. Osservava i giornalai che aprivano le serrande, i negozianti che pulivano il selciato davanti alle loro vetrine, i bar che sistemavano i tavolini su piazza San Marco, assaporava l’odore di caffè e dei dolci appena sfornati.
Quella mattina sbucò sulla Riva degli Schiavoni, nei pressi del famoso Hotel Danieli, mentre un motoscafo da diporto stava attraccando al molo di San Zaccaria. Una coppia vestita di bianco, lei con cappello a falde larghe, lui con bastone e viso sorridente, lo riconobbe e lo salutò.
Distolse lo sguardo. Dalla parte opposta della laguna, al di là della fine nebbia che si stava diradando, si intravedeva il campanile dell’isola di San Giorgio Maggiore.
Poi sentì una leggera vibrazione nella tasca dei pantaloni.
«Scusa per ieri, mi sono un po’ innervosita! Vedrai che giovedì in trasmissione mi farò perdonare».
Zorzi sorrise. Le esatte parole che si aspettava e che sperava.
Giovedì, durante il Filo di Arianna, avrebbe lanciato il guanto di sfida a Rosati, sempre che lei, prima, non avesse dato di matto…
Il sindaco scosse la testa. Era pazza, sì, ma nel privato, non in TV. Teneva troppo alla sua carriera.
Mise il telefono in tasca e riprese a correre.
Attraversò con ampie falcate il Ponte della Paglia e raggiunse piazza San Marco.
Strizzò gli occhi e individuò il “Becchino”, con cui aveva appuntamento. Indossava lo stesso identico vestito nero stropicciato della sera precedente e teneva in mano la solita busta gialla. Sembrava non fosse neppure andato a letto.
Guardò l’orologio: erano le sette meno un quarto. Era in perfetto orario.
Si asciugò il sudore con la manica della tuta Adidas e si avvicinò.
«Buongiorno!», esordì il sindaco tendendo la mano.
«Buongiorno a lei», rispose l’uomo con sguardo stanco.
«È riuscito ad avere l’informazione?», domandò Zorzi, asciutto.
Il Becchino, uno dei più pagati e bravi investigatori privati della Serenissima, estrasse una delle fotografie. Si vedeva Lucrezia fotografata con un teleobiettivo. Aveva i capelli neri raccolti, indossava un paio di jeans e stava parlando con un uomo. «Si chiama Mirko Živković. È di nazionalità serba».
«Bene. E…?». Zorzi indugiò. La sera precedente, prima di telefonare alla Capraro, aveva già visto quelle fotografie e almeno su un fronte si era tranquillizzato. «Siamo sicuri che non sia il suo amante?».
L’uomo sorrise, mettendo in bella mostra denti ingialliti dalla nicotina. Estrasse la stessa foto che aveva mostrato poche ore prima, quando si era presentato a casa del sindaco per portare personalmente la notizia. «È omosessuale. Non c’è nessun dubbio su questo».
Nella foto si vedeva lo slavo che ballava in atteggiamenti inequivocabili in un locale per gay di Riccione.
«Questo me l’ha già detto. Ha scoperto se è con lui che chatta mia moglie? È lui il fantomatico SPS64?».
L’investigatore annuì. «Sto lavorando agli SMS e ai messaggi su WhatsApp, ma i primi dati sembrerebbero confermarlo. Comunque, sì, sua moglie scrive email proprio a lui. SPS potrebbe stare per Socijalistička Partija Srbije, “Partito socialista di Serbia”, il partito che fu di Slobodan Milošević».
«E cosa ci fa mia moglie con…». Zorzi cercò la parola adatta, ma non gli venne in mente nulla di veramente calzante. «Con un fanatico di questo tipo. Cos’è? Un rifugiato politico, un criminale di guerra?».
«Purtroppo per questo tipo di informazioni sarebbe necessario un viaggio nella ex Jugoslavia», si giustificò l’investigatore. «Ho un contatto a Belgrado. Se parto oggi potrei darle maggiori informazioni già in serata o al massimo domani».
Zorzi non parlò per diversi secondi. Evidentemente stava riflettendo. «Se non è il suo amante, di cosa diavolo parla mia moglie con un tipo del genere?».
L’investigatore si incupì. «Temo parli di lei, signor Zorzi», il becchino fece una pausa. «E purtroppo anche della signora Arianna Manzoni».