CAPITOLO 8

 

 

 

 

 

 

 

Rodi, Grecia,

nello stesso istante

 

«Bersaglio avvistato», gracchiò il primo passamontagna nel microfono.

«Libero!», sibilò un altro.

La squadra di otto incursori era entrata nel cortile della villa di Eva senza incontrare resistenza.

Avanzavano in formazione, testa bassa e armi in pugno. Erano divisi in due gruppi.

Avevano lasciato i potenti SUV al centro della strada scoscesa, parcheggiati proprio davanti al cancello, per chiudere ogni via di fuga.

Due motociclette nere attendevano poco più su, in corrispondenza di un’uscita secondaria.

«Dieci secondi!», scandì una voce femminile negli auricolari di tutti gli agenti.

L’ampia vetrata che dava sul soggiorno andò in frantumi, disintegrata da una scarica di mitra. Un oggetto rotondo fu gettato dentro il locale, che cominciò a riempirsi di gas.

La prima squadra entrò. Indossavano jacket tattici, giubbotti antiproiettile e una muta simile a quella dei sommozzatori, con ginocchiere e gomitiere. Oltre ai passamontagna avevano maschere e guanti in kevlar e caschetti Pro-Tech con telecamere che inquadravano ogni movimento. Le piccole pistole mitragliatrici Heckler & Koch erano spianate.

«Quindici secondi!», ripeté con calma la voce.

 

Eva era immobile con un coltellaccio da cucina in mano.

L’allarme silenzioso era squillato. Un LED rosso, posizionato sul quadro elettrico accanto ai monitor, glielo aveva confermato. Entro tre minuti i soccorsi sarebbero arrivati.

Centottanta secondi. Troppo, non avrebbe resistito tanto a lungo…

Protetta dalla rientranza del muro, dal soggiorno non potevano vederla. Ma aveva troppo poco tempo prima che il gas lacrimogeno arrivasse fino a lei.

Osservò immobile le telecamere in bianco e nero: una squadra di quattro militari era rimasta fuori e sembrava volesse girare attorno alla casa, forse per entrare dalla terrazza della cucina. L’altra squadra era già dentro: due uomini andavano verso le camere e due venivano verso di lei.

Con la coda dell’occhio individuò un’ombra che stava salendo i tre gradini che separavano il soggiorno dalla cucina.

Respirò profondamente e fissò l’agenda appoggiata sul pianale del lavabo. Non avrebbe mai potuto raggiungerla.

Quando l’uomo arrivò proprio dietro lo stipite, decise di muoversi.

Con l’agilità e la rapidità di un gatto girò su se stessa e piantò il coltello dritto nel collo di uno degli assalitori, esattamente sotto la sua maschera protettiva.

L’aggressore, preso alla sprovvista, portò le mani al viso. Il sangue zampillò sul muro bianco.

Eva lo osservò dritto negli occhi e con un movimento altrettanto rapido estrasse la lama. Poi con un calcio lo fece ruzzolare giù per i gradini.

L’uomo non riuscì a mantenere l’equilibrio e cadde rovinosamente.

Qualcosa si ruppe.

Subito dopo, dalla terrazza, una scarica di mitra venne indirizzata verso di lei.

La mancò, ma l’unica parte della vetrata rimasta integra andò in frantumi, inondando di schegge il pavimento. Il fragore fu assordante.

Gli aggressori stavano arrivando anche dall’altra parte. La buona notizia era che il gas ci avrebbe messo più tempo a sostituire l’aria fresca proveniente dal mare.

Eva si mosse nella direzione opposta, verso l’interno della casa, dritta in bocca all’altro assalitore.

L’affrontò a viso aperto quando se lo trovò di fronte. Si era voltato un attimo prima e adesso le dava le spalle. Era stato distratto dal rumore del mitra e forse non si era accorto che lei si era mossa velocemente.

Gli sferrò un calcio all’altezza dei reni con il piede nudo, ma colpì una protezione in kevlar.

L’uomo si voltò con un grugnito, sicuro di averla in pugno. Neppure lui, però, fece in tempo a rendersi conto di ciò che stava succedendo.

Eva gli piantò il coltello dritto nell’occhio, frantumando l’unica parte vulnerabile della maschera protettiva. Poi provò, senza riuscirci, a estrarre l’arma e fu costretta a lasciarla dov’era.

L’aggressore si girò su se stesso e finì dritto su un tavolo di cristallo, che andò in frantumi sotto il suo peso.

Eva non si perse d’animo. Scalza, attraversò il salotto verso l’uscita secondaria che dava sui vicoli del paese.

Da quello che aveva visto, gli assalitori non sembravano avere individuato quell’uscita. Si sbagliava.

Passò sui vetri rotti ferendosi i talloni e si catapultò oltre il giardino. Aprì una porta in legno, distante dieci metri dal cancello principale, e si ritrovò in una minuscola via pedonale.

 

I due motociclisti la videro appena sbucò dalla piccola apertura nel muro.

Erano poco distanti, nel vicolo, nell’unico posto dove avevano trovato lo spazio per fermarsi.

Ingranarono immediatamente la marcia e si precipitarono giù per la viuzza. Era un mercato a cielo aperto, pieno di turisti, di bancarelle e di colori in movimento.

La ragazza correva agile a pochi metri da loro.

«Bersaglio individuato!». La moto passava a fatica. La stradina era costeggiata dagli alti muri delle case e lastricata di ciottoli. Ogni due metri c’erano gradini che salivano o scendevano. L’arteria principale, poi, si apriva su un labirinto di viuzze più piccole che andavano verso il mare.

Il primo veicolo sussultò facendo zigzag tra le vetrine e i numerosi passanti. Riuscì a fatica a tenere il manubrio dritto.

Eva svoltò a destra e si precipitò giù per un ponticello costeggiato da vasi di gerani rossi.

«Scende verso il molo», riuscì a dire l’inseguitore che le stava più vicino. Poi un tonfo.

Una bambina fu investita in pieno. La moto si ribaltò e disarcionò il centauro, che andò a sbattere con il casco sulla vetrina di un negozio di conchiglie. Il vetro andò in frantumi e urla di terrore echeggiarono rumorosamente nel vicolo.

L’altra moto arrivò subito dopo a velocità sostenuta. Si trovò davanti una serie di persone sdraiate a terra e il veicolo fumante del collega.

Sbandò, prima a destra e poi a sinistra, investendo in pieno il bancone di un negozio di souvenir. Rimase ferma solo un istante, poi ingranò la marcia e ripartì.

 

Eva sentì il frastuono e le grida di terrore alle sue spalle, ma non si voltò per non perdere il vantaggio accumulato. Correva a grandi falcate, con i polmoni che le bruciavano e i piedi scalzi insanguinati a causa dei vetri.

Passò accanto a un negozio di abbigliamento. Sopra di lei, tra un palazzo all’altro, erano tesi diversi fili da cui penzolavano, quasi a formare una strana galleria, tuniche bianche, prendisole, tende e lenzuola.

Subito dopo si trovò di fronte una bottega che faceva angolo, e occupava gran parte del vicolo che risaliva verso il centro. Voltò ancora a destra, scendendo tre gradini e immettendosi in un viottolo ancora più stretto.

Non rallentò e proseguì in apnea mescolandosi tra un gruppo di turisti fermi davanti alla vetrina di un pittore.

Subito dopo, il vicolo piegava a destra; passato l’angolo, tra un palazzo e l’altro, si intravedeva l’azzurro del mare.

 

L’altro motociclista era in difficoltà.

«Uomo a terra!», aveva gridato nel microfono mentre tallonava Eva. Il rombo del due cilindri echeggiava nei profondi canyon formati dalle stradine di Lindos.

La moto rallentò nell’affrontare una curva a gomito e i successivi dieci gradini che prima scendevano e poi subito dopo risalivano.

La ragazza gli stava sfuggendo. Riusciva ancora a vederla ma era troppo lontana.

La moltitudine di turisti l’avrebbe aiutata a mimetizzarsi. A piedi, in quel mercato a cielo aperto, aveva un vantaggio troppo grande. Con la moto non l’avrebbe mai raggiunta.

Azionò il freno e cercò di scendere al volo. La manovra però non fu così semplice come l’aveva immaginata. L’inseguitore faticò a tenere l’equilibrio e il potente due cilindri gli sfuggì di mano andando a schiantarsi contro i tavolini di un bar.

Gli avventori si scostarono come attirati altrove da una calamita invisibile e la moto rovinò sul frigorifero dei gelati. Ci fu qualche secondo di silenzio, poi i presenti cominciarono a inveire in una lingua incomprensibile.

L’uomo ritrovò l’equilibrio e alzò lo sguardo in cerca della sua preda.

Davanti a lui, la stradina piegava a sinistra ed era ancora più stretta. In fondo si vedevano uno spiraglio di sole e uno spicchio di mare.

Non la individuò immediatamente, ma dopo pochi istanti la vide sbucare da dietro un oleandro rosa. Stava scendendo in direzione del porto.

Non avrebbe avuto scampo.

 

 

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