CAPITOLO 5
Rodi, Grecia,
40 minuti dopo
Il giorno dei funerali solenni di Alberto Zorzi, la baia di Lindos, nella parte orientale di Rodi, era tranquilla e il mare azzurro da togliere il fiato. Il cielo era sgombro di nuvole e sotto un sole scintillante la spiaggia si stava poco a poco popolando di vacanzieri fuori stagione.
Eva osservava lo splendido paesaggio dall’imponente vetrata della cucina. Stava armeggiando distrattamente con pane, yogurt greco e marmellata. Indossava un bikini arancione e un copricostume bianco che le cingeva fianchi perfetti. I lunghi capelli neri e lisci erano sciolti sulla schiena e il colore uniforme e brillante era interrotto soltanto da una ciocca color argento sulla tempia.
La casa, una splendida costruzione moderna in vetro e cemento, era incastonata su una rupe. Si affacciava da una parte sul paese – fatto di case bianche, stradine strette, saliscendi e botteghe colorate – e dall’altra a strapiombo sul mare, in una posizione da cui si godeva di una splendida vista sulla baia di Vliha, meglio conosciuta come Pallas Bay. Non molto lontano da lì, al di là della baia di Saint Paul che dava sul versante opposto rispetto all’abitato, negli anni Sessanta avevano girato alcune importanti scene del famoso film I cannoni di Navarone con Anthony Quinn. In seguito, l’attore americano, innamorato della bellezza del luogo, aveva acquistato una casa nella baia di Ladiko, poco più a nord, e quell’angolo dell’isola era stato ribattezzato “baia di Anthony Quinn”.
La TV era accesa e la CNN stava trasmettendo in mondovisione la vista dall’alto di piazza San Giovanni in Laterano, stracolma per la cerimonia funebre del premier italiano.
Prima di cominciare a preparare la colazione, si era fermata nell’ampio soggiorno a osservare le facce affrante sedute in prima fila nella basilica.
La TV aveva inquadrato la moglie di Zorzi, che indossava uno dei suoi inseparabili cappelli perfino in chiesa, e il fratello del primo ministro, Luca Zorzi. Poi le telecamere avevano indugiato lungamente anche sulle personalità europee presenti, come la presidente francese e il presidente tedesco Sattelmaier in lacrime.
Mentre le immagini scorrevano sulla bara coperta dalla bandiera dell’Unione Europea e due prelati la cospargevano di incenso, Eva distolse lo sguardo. Si voltò e raggiunse il bancone della cucina affacciato sulla grande vetrata.
La piccola agenda rossa era appoggiata vicino al lavandino. L’aveva guardata e riguardata. Subito dopo aver sistemato l’israeliano con cento milligrammi di stricnina, però, si era accorta che qualcosa non andava.
L’uomo sarebbe dovuto morire in meno di venti minuti… eppure era riuscito a fregarla.
Chiuse gli occhi e per un attimo fu a Roma. Diluviava e lei camminava velocemente attraverso piazza di Spagna con indosso solo un impermeabile di plastica. Teneva l’agendina in mano per cercare di non farla bagnare.
L’aveva aperta più volte, nervosamente, ma era completamente bianca. Solo nella parte finale c’era una serie di scarabocchi, di pasticci, di ghirigori, di numeri, di uno e di zero che si ripetevano ossessivamente: 1 1 1 1 0 1 1 1 1 0 1 1 1 1 0 1 1 1…
La parte iniziale invece era assolutamente vuota.
Eva si guardò indietro prima di salire verso Trinità dei Monti. La piazza era semideserta a causa della pioggia: c’era solo una coppia di turisti che sfidava il freddo e stava fotografando la fontana della Barcaccia.
Scosse la testa, ancora una volta. Non poteva essere stato Yaniv Eliyahu, o David Green, come si faceva chiamare adesso. Non poteva essere stato lui, non era abbastanza sveglio. O forse sì?
Eppure l’agenda era quella, non aveva alcun dubbio. Il problema era che qualcuno aveva strappato alcuni fogli, anche se non se n’era accorta subito. Il lavoro era stato fatto egregiamente, forse con un taglierino. Guardandola bene, però, si notava che almeno una decina di pagine erano state tagliate.
Un rumore sordo la fece tornare al presente.
Si spostò in direzione di una fila di monitor, collocati in una rientranza sulla parete alla sua sinistra. Da lì poteva osservare tutti gli angoli della villa: dalla splendida camera da letto con il camino sospeso, al bagno con la vasca idromassaggio. Tutto era immobile come l’aveva lasciato.
Altri tre monitor inquadravano il giardino, la terrazza sul mare e l’entrata della casa. Proprio quest’ultima la fece sussultare. Due SUV neri erano fermi lì fuori. Alcuni uomini erano già scesi e uno aveva forzato la serratura del cancello.
Si domandò se il rumore che aveva udito potesse essere stato uno sparo.
Una frazione di secondo dopo ogni dubbio fu fugato: attraverso l’immagine a circuito chiuso vide che dalla seconda auto erano usciti altri tre uomini. Indossavano dei passamontagna neri e tenevano tra le mani piccole pistole mitragliatrici.
Eva valutò velocemente la situazione e considerò le alternative: non sembrava ce ne fossero molte.