CAPITOLO 27
Ore 17:10
«Mai mentire a qualcuno che si fida di te. Mai fidarti di qualcuno che ti mente». Erano le sagge parole della nonna. Fin da giovanissima, Arianna Manzoni aveva sempre cercato di assecondarle. Ancora adesso, a trentasette anni compiuti, se le ripeteva ogni mattina prima di scendere nell’arena dominata dagli uomini.
Era appollaiata, con le gambe accavallate, su uno sgabello all’interno della cabina di regia mobile del furgone di Canale 9.
La sua pelle bianchissima lasciava intravedere sulle gote, sotto i lunghi capelli lisci e neri, un lieve arrossamento dovuto al freddo. Gli occhi verdi erano fissi sullo schermo LCD. Stava osservando il tecnico che montava l’intervista fatta con Luca Zorzi al funerale del fratello. Lui era venuto bene. Rivedendosi nello schermo, per un secondo, le sembrò che anche la sua immagine, una volta tanto, le rendesse giustizia.
Sotto gli abiti da rampante giornalista d’assalto – indipendentemente da ciò che appariva sul piccolo schermo – era sempre stata una ragazza semplice. Alcuni l’avevano definita anche insicura. Certamente era infelice.
Non si trattava del lavoro, in cui era brava e apprezzata. Il problema erano le sue relazioni.
Si era sposata una prima volta a diciotto anni, con un calciatore, ma aveva divorziato un anno dopo. La seconda volta era toccato a un produttore cinematografico: matrimonio finito all’età di ventisei anni.
L’ultima storia seria l’aveva avuta poco dopo i trenta. Quella volta aveva deciso che il matrimonio non era per lei e aveva scelto la strada della convivenza. Con i medesimi risultati.
“Mai fidarti di qualcuno che ti mente”. Ormai ne era certa, gli uomini non sapevano dire la verità… Eppure continuava a cercare quello giusto. Qualche volta le era sembrato di averlo trovato, ma si rivelava sempre un errore.
In TV, nonostante la giovane età, era ormai diventata una personalità. Il suo talk show televisivo del giovedì sera era uno degli appuntamenti più seguiti della televisione pubblica per cui lavorava.
Il format del Filo di Arianna era semplice: uno o più ospiti, seduti su un divanetto di pelle bianca, in uno studio televisivo arredato come un tipico salotto italiano. Era come se il dibattito si svolgesse direttamente nelle abitazioni dei telespettatori.
Spesso, durante le due ore in seconda serata in cui si parlava di politica, spettacolo, televisione e cultura, Arianna Manzoni trasmetteva anche interviste esclusive.
Nonostante avesse una redazione composta da numerosi professionisti, le piaceva anche fare il lavoro sul territorio. Le sue interviste, a volte condite da lacrime, altre da rivelazioni sensazionali, erano ormai diventate un must.
Pochi minuti prima aveva alzato lo sguardo in direzione del palazzo a vetri di via Tuscolana. Lì era successo qualcosa e anche se Rosati non lo aveva ammesso l’istinto le diceva che era così!
Due furgoni neri erano usciti, uno dietro l’altro, in una veloce processione. Purtroppo non sembrava ci fosse qualcuno a cui poter fare domande. Improvvisamente, però, dal cancello pedonale, pochi metri oltre il grande passo carraio, aveva visto una figura infreddolita avvolta in un pesante cappotto a scacchi.
Era scesa improvvisamente dal furgone, sotto la pioggia. L’aveva raggiunta di corsa, trotterellando come sui trampoli.
Sotto il cappotto c’era una donna di mezza età con un pile colorato, due spesse lenti davanti agli occhi piccoli e uno sguardo non troppo sveglio. Inizialmente non voleva parlare, ma Arianna sapeva fare il suo lavoro. Dopo la promessa di completo anonimato e soprattutto grazie ad alcune banconote da duecento euro, si era fatta dire ciò che sapeva: nessuna fuga di gas, c’era stata una sparatoria, due tecnici morti e il cadavere di David Green era scomparso. Non conosceva altri dettagli… ma già così era moltissimo.
Arianna rientrò nel furgone bagnata fradicia. Si raccolse i capelli in una coda di cavallo e si asciugò il viso dalla pioggia. Quelle rivelazioni erano una bomba.
Prima di decidere cosa fare doveva programmare ogni mossa. Non poteva certo riportare una notizia del genere senza altre conferme. Se si fosse rivelata falsa avrebbe perso il lavoro… ma d’altra parte, se fosse stata vera, sarebbe stato un scoop eccezionale.
Rosati aveva mentito? Rendere pubblica la notizia avrebbe causato un effetto dirompente sulla successione a Zorzi!
Era una decisione difficile.
Inspirò a fondo e poi si rivolse al montatore, che con lei era l’unico a occupare la cabina di regia mobile: «Ti dispiace raggiungere Matteo? Devo fare una telefonata!».
Il tecnico scrutò fuori dal finestrino e fece cenno di sì con il capo. Raggiunse il cameraman sotto una tenda che lo riparava dalla pioggia: aveva piazzato l’attrezzatura poco lontano dal furgone, nell’unico punto in cui si riusciva a vedere l’ingresso dell’edificio.
Arianna, rimasta sola, afferrò il cellulare e cercò nella rubrica il numero da comporre.
«Pronto? Ciao, puoi parlare?»
«No, ma ti ascolto!», rispose la voce maschile all’altro capo del telefono.
«Hai sentito di Rosati?»
«Sì».
«Ha mentito. Sono fuori dalla sede della Direzione Centrale Anticrimine. Ci sono due morti e non c’è stata nessuna fuga di gas!».
«Aspetta ad aprire bocca».
«Ma stai scherzando? Questo è un affare grosso! Rosati ha mentito per garantirsi l’incarico di governo».
«Aspetta! Non dire nulla per adesso. Lasciami riflettere!».
Arianna fece un sospiro. “Mai mentire a qualcuno che si fida di te”.
«Ok!».
Ci fu un secondo di silenzio, poi la giornalista continuò addolcendo la voce: «Mi manchi, sai? Non vedo l’ora di poter stare un po’ con te!».