Un bel sogno
In "Corriere della Sera", 28 febbraio 1952. Fu poi integralmente riproposto dall'autore nel pamphlet Ritorno alla censura (Bari, Laterza, 1952), preceduto da un cenno introduttivo che ne chiarisce il valore allegorico di parabola anticlericale: "Ho pubblicato una fantasia col titolo "Un bel sogno": il sogno di coloro che vorrebbero attuare le esortazioni di padre Lombardi e del professor Gedda."
Un bel sogno chiude il cerchio del discorso brancatiano contro il conformismo, il cui pericolo egli aveva denunciato negli anni della dittatura in due racconti di In cerca di un sì, Il sogno di Lucia, del '37, e La nave del sonno, del '39, e su cui ora lo scrittore ingaggiava l'ultima sua grande battaglia intellettuale. Persino nei titoli i tre racconti autorizzano la costituzione di una macrosequenza in cui, con notevole precisione diagnostica, l'autore rappresenta la società massificata soggetta a un regime totalitario. Immersa nel sonno collettivo, che è vacanza della ragione, è la folla che circonda Lucia; al sonno s'abbandona, dopo una parentesi di frenetico attivismo, Raffaele, protagonista della seconda novella; e in una città cloroformizzata dalle parole d'ordine dell'organizzazione clericale approda il protagonista dell'ultima novella.
L'anticonformismo come "ideologema", l'anticonformismo come tensione intellettuale è dunque il messaggio conclusivo di Brancati, il suo appello più immediato e imperioso.