Un architetto sfortunato

 

 

Il giovane architetto Emmanuele Villani, stanco di chiedere alla mamma il denaro per le sigarette, stava per chiudere le valigie e lasciare Catania, quando una telefonata dello zio, professore d'università, gli fece sapere che dai quartieri alti stava per muovere un cliente. Si trattava dal duca Fausto Villadora, un personaggio per nulla trascurabile, possessore di non sapeva nemmeno lui quanti giardini, vigneti, case e palmeti. Questi giardini erano però abbandonati e, se è vero che l'occhio del padrone ingrassa i campi, essi dovevano addirittura essere stecchiti. L'occhio del padrone, da anni, non correva sui campi e stava fisso nello specchio a scrutare la faccia alla quale apparteneva. Non era troppo pallida la fronte e non era affilato il naso? Questo ricco signore, da molto tempo, badava a non morire con un affanno e uno scrupolo che gli avevan tolto l'appetito e il sonno. Non ch'egli fosse ammalato. Ma bisognava essere veramente ammalati per morire? e poi qual è l'uomo del tutto sano? I microbi fanno ressa da ogni parte, sono milioni, sono miliardi, non v'è cosa che non sia coperta di microbi. Essi sono invisibili e silenziosi, ma il ricco signore non era più in grado di dire che non li vedesse e non li sentisse. Egli li sentiva formicolare, la notte, sul cuscino e sulle coperte, li sentiva brusire leggermente sul nocciolo della pesca ch'era rimasto nel piatto del comodino. In quanto a vederli, non li vedeva proprio, ma di tanto in tanto qualcosa baluginava vicino alla sua bocca ed egli, ovunque si trovasse, a teatro o in un caffè, soffiava forte davanti a sé per cacciare lontano quei milioni di cosettine che volevano la sua morte.

Naturalmente, egli non metteva la stessa cura nel difendere i propri campi. E come avrebbe potuto? Dov'era il tempo? Un uomo scrupoloso o difende la propria persona o difende i propri campi. Così, il mal secco coricava ogni anno, entro i fossati, molti alberi di limoni, i possedimenti non avevan né porte né muri né sentieri, le case prendevano di muffa come le grotte, le bestie intisichivano, i fattori rubavano, ma in compenso, tutto, nel corpo del padrone, era regolare, chiaro e parlante come un libro aperto. Egli conosceva ogni mattina lo stato della vescica, la pressione del sangue, i battiti del cuore, il peso del corpo; l'acqua da bere veniva sterilizzata, i cibi pesati e ben cotti; nel vestirsi, venivan prese cautele molto ingegnose, come ad esempio quella d'infilare la camicia dalle gambe per non fare passare una stoffa che, in fondo, non era sterilizzata, proprio sulla bocca e sul naso. Negli ultimi anni, però, la malinconia di prendere sempre gli stessi provvedimenti contro, sia detto a bassa voce, la morte, che ne inventa di tutti i colori per introdurre i suoi microbi nel corpo umano, e il pensiero, sconfortante davvero, che, alla fine, in un modo o nell'altro, avrebbe dovuto vincere lei, e l'aria morta della camera, e un certo amico che aveva dato buoni consigli, e uno strano sentimento di benessere che gli era venuto dalla vista di un pettirosso posato sulla ringhiera del balcone, tutto un concorso di circostanze lo aveva indotto a occuparsi meglio delle terre e delle case. L'idea di un ingresso monumentale per i giardini di Paternò gli parve una idea piacevole.

 

Emmanuele aspettò per due mesi questo singolare cliente che trovava le giornate di marzo e di aprile ancora troppo fredde per una sortita. Finalmente, un due maggio, il duca varcò la soglia di casa Villani. Era pallido, non volle lasciare in anticamera né il soprabito né la sciarpa ch'egli alzava continuamente fra la propria bocca e il proprio interlocutore. Emmanuele, nonostante il calore con cui avrebbe voluto accogliere questo prezioso personaggio, dovette contentarsi di stringergli due dita fredde che sfuggirono subito alla stretta.

"A vostra disposizione!" disse Emmanuele, sedendo in una sedia alta. Ma il ricco signore faceva correre gli occhi stanchi e allarmati per il pavimento.

"Ebbene?" fece Emmanuele.

"Qui," disse piano piano il duca, "voi avete l'abitudine di sputare sul pavimento."

Emmanuele divenne rosso in faccia, e il primo impulso che ebbe fu quello di dare una stretta all'odiosa sciarpa che gli stava davanti, farne un guinzaglio e trascinare il ricco signore per le stanze, fin sulle scale, dalle quali buttarlo giù con un calcio. Ma si tenne. "Per nulla!" rispose. "Non so proprio come abbiate potuto pensar questo."

"Quelle macchioline laggiù?"

"Ma quella è un po’ d'acqua caduta da un vaso di fiori!"

"Oh, scusate!"

Pesantemente il duca espresse il desiderio di avere per i suoi giardini di Paternò un ingresso monumentale, e l'architetto promise con fervore che avrebbe fatto del suo meglio. Il cliente se ne andò presto, dopo aver portato la mano, che avrebbe dovuto dare ad Emmanuele che gli tendeva la sua, davanti al naso e alla bocca.

Dopo quel giorno, i rapporti fra l'architetto e il duca furono soltanto epistolari; il caldo dell'estate e lo scirocco dell'autunno impedirono al ricco signore di lasciare la propria casa, né d'altro canto egli avrebbe gradito una visita di estranei portatori di bacilli. Egli si mostrava sempre scontento dei progetti di Emmanuele, e li rimandava indietro con dei piccoli no a matita rossa. Finalmente, dopo un anno, scrisse sì, benissimo, sì, e incaricò Emmanuele di fargli il progetto d'un intero villaggio colonico: era la felicità e la ricchezza! Ma subito dopo il duca non diede più segni di vita, ed Emmanuele, disperato, si dava pugni sulla testa, e mordeva e masticava la carta da disegno. Un pomeriggio, abbattuto con un pugno il portiere, e quindi il cameriere del duca, riuscì a penetrare nella stanza più interna del palazzo di costui.

Il duca, ch'egli trovò ritto e fermo nel mezzo del salone, aveva poco che vedere col duca ch'egli conosceva e al quale i suoi occhi s'erano abituati. Un che di nuovo, leggero, estremamente limpido, s'era introdotto in quella nobile persona e, mentre l'aveva dimagrita e quasi prolungata nella parte opaca della carne e delle ossa, vi aveva appiccato strane fiammelle nella parte degli occhi, dei denti, delle unghie. Il duca sembrava felice di una inquietante felicità.

"Signor mio," egli disse, "finalmente ho capito me stesso e la mia vita. Io sono alla vigilia di diventare un uomo tranquillo... Mi sono sbarazzato della parte noiosa di me stesso e sto per mettere l'altra, quella più debole e bisognosa di aiuto, sotto una protezione sicura. Io ho fatto donazione..."

"Donazione?" fece Emmanuele. "Come, donazione?"

"Sì, a mio nipote! di tutto!"

"Come, di tutto?" gridò ancora Emmanuele. "Questa è una..." ma s'interruppe e, inchinandosi, confidò a una mattonella del pavimento, dipinta di occhi grandi e piccoli, tutta la disperazione che aveva nei propri.

"Venite!" disse il duca. "Venite con me!"

Entrarono, per una porta imbottita, in una grande stanza le cui finestre, chiuse da imposte doppie e ricoperte ai margini di velluti, mandavano, verso il tetto, raggi spezzati e calmi. "Quelle finestre," spiegò il duca, con la voce sempre più debole, "filtrano l'aria. La poltrona che vedete nel fondo si riscalda e raffredda per mezzo di un apparecchio che ne regola il calore. Il cibo mi verrà da questa parete!" E così detto, il duca, premette un bottone e aprì nel muro una gran bocca nera, dalla quale si precipitò fuori, come una lingua che fa versacci, uno scranno coperto di piatti: "Ho anche dei libri, ho il telefono, ho la radio! Potrò vivere qui in santa pace!"

"Ma questa è una prigione!" fece Emmanuele.

"Non è una prigione: è un asilo sicuro... Sì la vita umana dovrebbe svolgersi all'aria aperta. Ma io ho paura dell'aria aperta. Mia madre, insieme a me, ha partorito questa paura. Non sono mai riuscito a vincerla..." Così dicendo, egli sembrava guardare la propria voce, che si mescolava con quei panni, quei velluti, quelle imposte doppie e vi si perdeva dolcemente, come fra pochi anni tutto intero egli stesso avrebbe fatto.

"Addio!" disse Emmanuele, ormai privo di cliente.

Sogno di un valzer e altri racconti
titlepage.xhtml
content0001.xhtml
content0002.xhtml
content0003.xhtml
content0004.xhtml
content0005.xhtml
content0006.xhtml
content0007.xhtml
content0008.xhtml
content0009.xhtml
content0010.xhtml
content0011.xhtml
content0012.xhtml
content0013.xhtml
content0014.xhtml
content0015.xhtml
content0016.xhtml
content0017.xhtml
content0018.xhtml
content0019.xhtml
content0020.xhtml
content0021.xhtml
content0022.xhtml
content0023.xhtml
content0024.xhtml
content0025.xhtml
content0026.xhtml
content0027.xhtml
content0028.xhtml
content0029.xhtml
content0030.xhtml
content0031.xhtml
content0032.xhtml
content0033.xhtml
content0034.xhtml
content0035.xhtml
content0036.xhtml
content0037.xhtml
content0038.xhtml
content0039.xhtml
content0040.xhtml
content0041.xhtml
content0042.xhtml
content0043.xhtml
content0044.xhtml
content0045.xhtml
content0046.xhtml
content0047.xhtml
content0048.xhtml
content0049.xhtml
content0050.xhtml
content0051.xhtml
content0052.xhtml
content0053.xhtml
content0054.xhtml
content0055.xhtml
content0056.xhtml
content0057.xhtml
content0058.xhtml
content0059.xhtml
content0060.xhtml
content0061.xhtml
content0062.xhtml
content0063.xhtml
content0064.xhtml
content0065.xhtml
content0066.xhtml
content0067.xhtml
content0068.xhtml
content0069.xhtml
content0070.xhtml
content0071.xhtml
content0072.xhtml
content0073.xhtml
content0074.xhtml
content0075.xhtml
content0076.xhtml
content0077.xhtml
content0078.xhtml
content0079.xhtml
content0080.xhtml
content0081.xhtml
content0082.xhtml
content0083.xhtml
content0084.xhtml
content0085.xhtml
content0086.xhtml
content0087.xhtml
content0088.xhtml
content0089.xhtml
content0090.xhtml
content0091.xhtml
content0092.xhtml
content0093.xhtml
content0094.xhtml
content0095.xhtml
content0096.xhtml
content0097.xhtml
content0098.xhtml
content0099.xhtml
content0100.xhtml
content0101.xhtml
content0102.xhtml
content0103.xhtml
content0104.xhtml
content0105.xhtml
content0106.xhtml
content0107.xhtml
content0108.xhtml
content0109.xhtml
content0110.xhtml
content0111.xhtml
content0112.xhtml
content0113.xhtml
content0114.xhtml
content0115.xhtml
content0116.xhtml
content0117.xhtml
content0118.xhtml
content0119.xhtml
content0120.xhtml
content0121.xhtml
content0122.xhtml
content0123.xhtml
content0124.xhtml
content0125.xhtml
content0126.xhtml
content0127.xhtml
content0128.xhtml
content0129.xhtml
content0130.xhtml
content0131.xhtml
content0132.xhtml
content0133.xhtml
content0134.xhtml
content0135.xhtml
content0136.xhtml
content0137.xhtml
content0138.xhtml
content0139.xhtml
content0140.xhtml
content0141.xhtml
content0142.xhtml
content0143.xhtml
content0144.xhtml
content0145.xhtml
content0146.xhtml
content0147.xhtml
content0148.xhtml
content0149.xhtml
content0150.xhtml
content0151.xhtml
content0152.xhtml
content0153.xhtml