Lo straniero scontento
In "Tempo illustrato", 15 aprile 1943, col titolo Ritratto di donna. Fu poi ripubblicato, col titolo che ha nella presente raccolta, in "Corriere d'Informazione", 6-7 agosto 1951. Ora ne Il borghese e l'immensità, cit.
Al disgusto del proprio tempo, in cui lo scrittore avverte la sua condizione di "straniero", si accompagna la nostalgia per il passato, quell'era felice dominata dal buon gusto, dalla misura, dai piaceri del buon senso, che coincide con il sorgere del nuovo secolo. La retrodatazione brancatiana del proprio mondo ideale trova dunque giustificazione nel rifiuto del tempo storico, avvertito nelle sue componenti di grossolanità intellettuale e di oppressione. Questa, e la novella che segue, apparendo come microstrutture narrative deprivate dell'azione (in quanto passaggio da una situazione alla successiva), pertengono al genere del ritratto psicologico. Veri racconti del "tempo perduto", scaturiti dalla stessa ispirazione che dettò all'autore il rimpianto di una Stagione calma (la novella posta ad apertura della raccolta In cerca di un sì, cit.) e per quell'età dell'oro che coincide con l'infanzia, rievocata con ottica retrospettiva in numerose pagine autobiografiche, nei romanzi, nei racconti (cfr., tra questi ultimi, La signorina Carla, in "Quadrivio", 29 agosto 1937), essi postulano una maniera d'essere della coscienza in rapporto col mondo.
La prosa presenta una variante strutturale di notevole interesse; infatti nella lezione originaria essa appare come trascrizione di una pagina di diario, ed è dunque una narrazione omodiegetica in prima persona, introdotta da un brevissimo cenno informativo indirizzato al lettore. Nella seconda redazione il cenno informativo iniziale viene ripreso e reso più esplicito nelle battute finali, che chiariscono come l'autore del diario sia stato assassinato per il proprio dissenso nei confronti del regime totalitario in cui viveva. La seconda indicazione permette l'attualizzazione della vicenda; la collocazione temporale e il riferimento storico si fanno più precisi. Nella prima redazione dunque la novella si concludeva con "si era aggravata", mentre successivamente è instaurato un intero brano a partire da «. Dall'inchiesta che si è fatta...». Nella seconda redazione, inoltre, anche il brano informativo iniziale viene posto tra parentesi, così che entrambi gli inserti appaiono avulsi dal contesto del racconto "secondo", mediante la forte cesura del segno parentetico isolante. Possiamo azzardare congetturalmente che l'inserto iniziale (che trasferisce il narratore al ruolo di semplice cronista neutrale) sia stato aggiunto, anche in questo caso nell'evidente intento di sfuggire alla censura, dopo che la novella venne rifiutata dal direttore del "Corriere della Sera", a cui Brancati l'aveva inviata nel '42, con la seguente giustificazione: "Caro Brancati, ho ricevuto il vostro articolo Ritratto di donna. Sarei lieto di pubblicarlo per il modo come è scritto, ma sarebbe un grave errore farlo comparire nel "Corriere" e per noi e per voi, perché voi fate della gioventù d'oggi un ritratto che è proprio il contrario di quello che noi stiamo scrivendo a proposito del Ventennale; ed avete torto perché non si può dare un giudizio generale così severo su tutta una serie di generazioni pur col massimo rispetto verso i vecchi e gli anziani ai quali, se non voi, io appartengo." E Brancati, da parte sua, commentava in una lettera all'amico Raffaele Leone: "La paura della gioventù ha sostituito, nei vecchi d'oggi, la paura della morte."
Oltre a queste varianti instaurative, nella novella sono presenti altri interventi correttori in ambito lessicale e, più circoscritti, in ambito sintattico, sempre sulla linea d'un accrescimento di referenzialità: "questo pensiero" è sostituito da "questa considerazione"; "col progresso del tempo" diviene "col passare del tempo"; "le anse delle porte" è corretto in "le maniglie delle porte"; "cavalieri dell'Ordine" è trasformato in "cavalieri della Corona"; il partitivo "dei vecchi" è sostituito dall'articolo determinativo "i vecchi"; "unica volta nella mia vita" diviene il più comune "una sola volta nella mia vita"; "tanta predilezione della natura" è precisato in "tanta predilezione da parte della natura"; l'avverbio elativo viene cassato "«smisuratamente» aggravata"