Avvocati sottili
In "Il Popolo di Roma", 11 aprile 1940.
La prosa inaugura una serie di cronache e una galleria di ritratti ambientati nella provincia, scritti e pubblicati tra il '39 e il '42, in un periodo in cui Brancati, scoppiata la guerra, si era rifugiato nel paesino etneo di Zafferana. In essi domina la propensione per la pittura dei paradigmi sociali, per lo schizzo satirico dei personaggio circoscritto e determinato geograficamente e socialmente nel borghese della provincia del Sud, ironicamente fissato nei suoi tic e nelle sue manie e, in particolare, nella sua impotenza di fronte alla realtà, che fa preferire allo scontro con questa lo sterile esercizio sofistico dell'intelligenza come occupazione mondana ed elusiva. La condanna per l'astrazione dai problemi reali scorre cifrata, nella dimensione seconda e doppia dell'ironia, in queste novelle, dove i toni drammatici affiorano dalla filigrana della riflessione sul destino dell'uomo e dai sottintesi allegorici rinvianti alla situazione storica italiana. L'autenticità dei tipi umani che le popolano è garantita dai parametri di realtà assunti dalle loro vicende, seguite con ottica minuziosa e attestate dal tono medio del linguaggio.
Negli anni Quaranta, d'altra parte, lo stesso Brancati indica i suoi maestri di stile in Gogol e Flaubert; il primo, "il più meridionale dei narratori del Nord ha una fantasia tutta di cose", è "osservatore dei costumi umani" e cerca "nei fatti, nei discorsi degli impiegati e dei provinciali, la buona materia per la sua ottima poesia" In quanto a Flaubert, è il suo metodo del "realismo assoluto" ad interessare Brancati. Del narratore russo come del romanziere francese, egli scriverà in un articolo (Giudizi morali sugli scrittori, in "La Stampa", 24 luglio 1941), dove formula una poetica e un programma letterari che sanzionano l'aderenza alla realtà, evitando la sterilità della cronaca. Infatti la prosa di Brancati si qualifica per l'ambivalenza dei significati simbolici sottesi all'impianto razionale del discorso e alla scrittura logica che insieme li occulta e sostiene. E' l'uso "intellettuale" del realismo che l'autore vagheggia, e cioè l'estrazione delle implicazioni simboliche dal dettaglio analiticamente descritto.
Lo scrittore possiede ormai, e ampiamente fruisce, il tessuto sintattico di ascendenza naturalistica: sintagmi nominali che decompongono nozioni complesse in piccole unità, conferendo precisione al racconto e alla descrizione; valorizzazione di un lessico che punta all'oggettività linguistica; utilizzazione accorta di un meccanismo di resa delle impressioni visive, di sensazioni tattili e auditive. Inoltre l'aggettivo ha affatto perduto il suo carattere di ephitetus ornans per divenire definitorio, informativo, deittico; mentre l'istanza di precisione è accentuata dall'equilibrio delle pause digressive. Anche il ritratto, pur riprendendo il cliché impressionistico, tende a cogliere il personaggio nel suo essere attivo, evitando l'immobilità descrittiva, avvertita dall'autore come limitazione: "In letteratura [] è impressionante come tutti siano capaci di notare minuti particolari, di descrivere una persona attraverso le sue scarpe, la cravatta, la giacca [] Il risultato è una imprecisione e indeterminatezza assoluta."