Avventure di Tobaico
In "Cronache", 6 aprile-18 maggio 1946; il brano posto in appendice, Notizie su Tobaico, fu pubblicato in "La Stampa", 17 dicembre 1938.
Anche in questo caso interveniamo nell'ordinare cronologicamente i testi, posponendo le Notizie, la cui composizione è anteriore alle Avventure, per ricostruire la vicenda in un continuum logico-tematico. In tal modo le sette puntate di "Cronache" e la novella si saldano in una macrostruttura legata in connessione causale-temporale, con uno svolgimento narrativo compatto e lineare, disposta in capitoletti che sono vere e proprie monodie su un personaggio psicologicamente caratterizzato. Per lo stesso motivo abbiamo preferito offrire il testo primitivo, unitariamente concepito e coordinato, anche se alcuni brani saranno poi ripubblicati dall'autore sul "Corriere della Sera" con varianti testuali congrue e con un protagonista che non avrà nome Tobaico ma Luigi Panarini (cfr. Diario, 6 dicembre 1950, ora in Diario romano, a c. di S. De Feo e G.A. Cibotto, Milano, Bompiani, 1961; Diario - Appunti sul passato, 3 gennaio 1951, ora in Diario romano, cit.; Una sfida del 1912, 1 marzo 1951; Un duello del 1912, 30 marzo 1951; Un'amicizia singolare, 9 maggio 1951), e altri lo scrittore trasferirà in un testo teatrale, Avventure di Luigi Panarini (scritto nel '53, ora in V. Gazzola Stacchini, Il teatro di Vitaliano Brancati) Inoltre, il personaggio del provinciale timido, gentile, innamorato "stilnovista", appare nel Don Giovanni in Sicilia (Milano, Longanesi, 1941) col medesimo nome, e il ritorno di Tobaico nella casa distrutta da un bombardamento era stato già descritto nel racconto del '44 La casa felice (ora ne Il vecchio con gli stivali, cit.), il cui protagonista, sempre col nome di Panarini, era delineato in pagine che presentano una corrispondenza testuale con quelle delle Avventure apparse su "Cronache"
La difformità dell'onomastica non introduce dunque nessun elemento di divaricazione tra i due personaggi: Tobaico-Panarini sono ricorrente proiezione di un uomo ideale, di inalterabile serenità, bonomia e irrinunciabile fiducia, dissociato dalla realtà del suo tempo, che peraltro gli risulta inconoscibile. Questo rapporto di dissociazione dal reale, di inattingibilità delle sue ragioni storiche, è rappresentato dall'autore all'interno della scrittura, scivolando entro un linguaggio-travestimento che si serve di un livello di artificiosa letterarietà, teso all'imitazione dannunziana. Scrive infatti Gazzola Stacchini: "Questi eroi, nella fuga in un linguaggio corpulento e in velleità aristocratiche, compensano la loro propria esistenza piccolissimo-borghese, la sublimano tanto in alto che poi, davanti agli urti della realtà, precipitano." Essi, e il loro ambiente, sono "quanto di più poetico Brancati ci abbia lasciato, oltre che di più ricco e denso linguisticamente"