Appendice

Notizie su Tobaico

 

Tobaico acquistò la sua gravità intorno ai vent'anni, mercé una cura di arsenico e di calcio. Quei trenta chili, che si aggiunsero ai suoi quarantacinque, furono altrettanti consigli che la natura gli diede: camminare lentamente, portare i guanti nella tasca della giacca mezzi fuori mezzi dentro, guardare nel piatto del ristorante se mai ci fosse una mosca, aspirare alla mano di una nobile ereditiera.

A questi consigli, Tobaico aggiunse di suo quello di voltarsi con garbo verso il lato destro, in modo che al punto, da cui s'era partita la voce irriverente, il suo sguardo arrivasse quando il padrone della voce era sparito.

Perché nello stesso anno, in cui la cura di calcio e di arsenico aveva fatto della presenza di Tobaico sulla terra quello che si dice una bella presenza, voci singolari gli s'erano messe alle calcagna.

Tobaico non voleva attribuirle a nemici e nemmeno a burloni; ma non poteva attribuirle ad amici o ad ammiratori. Il caso di pensare che si rivolgessero a un altro, fu lungamente esaminato da lui; ma essendogli quelle voci risuonate attorno, nel cuore della notte, quando la strada era totalmente deserta, Tobaico troncò quel benevolo esame. Le voci erano di timbro giovanile, ma avevano un tono di comando.

Al lido, in estate, mentre egli andava in maglia da bagno, fra il mare e gli ombrelli, quelle voci comandavano: "Tobaico, va a vestirti!" Nelle solennità civili, quando Tobaico in divisa passeggiava per la via principale, sonoro come una campana dalla cintola in su, e cigolante di cuoi e pelli e gomme, dalla cintola ai piedi, quelle voci comandavano: "Va a spogliarti!" Infine, quando, nei giorni feriali, Tobaico andava per il corso elegantemente vestito di abiti comuni, quelle voci, non avendo nulla da eccepire sul suo vestito, passavano a una singolare sfiducia sull'utilità che Tobaico stesse sveglio e in piedi, e gli comandavano: "Va a letto!"

Questo consiglio di andare a coricarsi gli veniva dato dalle voci nelle ore meno opportune per il sonno. Alle dieci del mattino, uscendo di casa ancora gonfio di sonno, il grido "Va a letto!" non trovava nel cuore di Tobaico una rispondenza perfetta. E meno ancora ne trovava nei momenti in cui egli, fermo sotto il sole di mezzogiorno, conversava con una signora o signorina.

Ma chi erano questi giovani dissennati e disoccupati che passavano il tempo a gridare per la strada il nome di un gentiluomo e a dargli consigli così poco affettuosi? Cercare di vederli, Tobaico non voleva, perché il pensiero di una rissa nella via principale gli riusciva insopportabile; fingere di non udirli, non poteva nemmeno, perché, al grido "Spogliati!" tutti si voltavano verso di lui sorridendo, e se, con lui, c'era un amico, questi gli scuoteva il braccio e gli diceva: "Hai sentito?"

"Ho sentito! Ho sentito!" faceva lui, guardando per terra. "Giovani dissennati!"

Ma un giorno pensò: "Giovani? Ormai devono essere dei vecchi!" Infatti quelle voci lo seguivano da quindici anni.

 

Quando Tobaico riuscì a condurre all'altare la nobile ereditiera, e la chiesa era tutta piena di conti, cavalieri e baroni, parenti della sposa, sulle facce dei quali si leggeva un unico pensiero: "Che matrimonio sciagurato!", Tobaico pensò con paura che uno dei soliti comandi potesse d'un tratto risuonare sotto le volte del tempio. Egli supplicò tutti i santi che aveva di fronte, e quelli che gli riuscì di vedere voltandosi a destra. Al santo che gli stava quasi sulla testa rivolse la preghiera di svelargli il nome dello sconosciuto che, da venti anni, lo perseguitava con la sua voce. Volle il caso che, terminata la preghiera, Tobaico vedesse scendere da una vetrata un raggio di sole e posarsi su di un piccolo vecchio la cui faccia pareva sempre stuzzicata da un invisibile ramoscello, tanto era pieno di tic. "Canaglia!" pensò Tobaico. "E' un parente di mia moglie! Questa città è piena di vecchi maniaci."

Egli tornò a pregare Dio: si accontentava magari che gli gridassero "Spogliati!" o "Vestiti!" Ma il grido "Va a letto!", in quella delicata occasione, con la nobile sposina accanto, gli pareva un'offesa, una ferita così grave all'onore e al pudore, che veramente non l'avrebbe sopportata.

"Ma vuoi vedere," masticava fra le preghiere, "che quel nano maniaco mi griderà proprio Va a letto!"

Ritornando, col cuore ribollente, e le orecchie che già gli fischiavano di quel grido maledetto, per la navata principale, non poté fare a meno di staccarsi dalla sposa e avvicinare la bocca al viso del piccolo vecchio. Gli voleva dire: "Guardati dal gridarmi Va a letto!" Ma la minaccia gli uscì in forma indiretta. "Ed ora," gli disse con un sarcasmo talmente profondo che nessuno avrebbe sospettato che egli non parlasse seriamente. "E ora gridami Va a letto!"

Il piccolo vecchio, sbalordito da questo incarico singolare che lo sposo gli dava, e lieto della fiducia di cui era onorato, seguì la coppia fin sulla porta della chiesa. Poi, vincendo i dubbi e gli scrupoli, salì sopra una sedia e, a Tobaico, che s'era fermato pallido come un morto un gradino più in basso della sposa, gridò con l'aria affettuosa di chi fa un brindisi: "Tobaico, va a letto!"

Sogno di un valzer e altri racconti
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