Una conferenza di Trampolini al Lyceum di Catania
In "Il Tevere", 22 marzo 1929.
Il quotidiano romano è il primo giornale di importanza e diffusione nazionale che s'apre alla collaborazione di Brancati, il quale vi pubblica, dal '29 al '33, articoli di vario argomento, tra cui alcune recensioni e cronache letterarie di ispirazione antiframmentista. E' questo il periodo dell'infatuazione fascista dello scrittore; egli subisce il fascino del giovane direttore del quotidiano, il siciliano Telesio Interlandi, che aveva creato attorno al suo giornale - come nota Brancati delineando un Ritratto di giornalista fascista, in "Rinnovamento", giugno-luglio 1932 - un cenacolo di "intensità fascista", attirando nella sua orbita "i migliori elementi spirituali, i più significativi scrittori nuovi" e facendosi corifeo del culto della personalità del duce. Sotto il segno della mistica mussoliniana i rapporti tra i due conterranei si consolidano: Brancati ha scritto nel '28 il mito in un atto Everest (Catania, Sem, 1931), che "peregrinò lungamente finché non approdò fra le mani di Telesio Interlandi che dalla più fitta tenebra lo trasse alla luce", munendolo di una sua prefazione. E ancora a Interlandi è dedicato il primo romanzo di Brancati, L'amico del vincitore (Milano, Ceschina, 1932) Il legame tra lo scrittore e il giornalista si spezza qualche anno più tardi, col maturare del dissenso antifascista del primo, attraverso una progressiva presa di coscienza, di cui sintomi e cause sono illustrati in una lettera del 12 febbraio 1949, con cui lo scrittore risponde all'invito rivoltogli dal suo antico mentore a non ostinarsi nel ripudio delle opere giovanili: "Dopo avere scritto (in buona fede, lo ammetto) quelle cose che Lei mi cita, e mille altre, dello stesso tenore, che Lei non cita, si entra in uno stato di perpetua nausea. Non è lo stomaco, non sono i reni, come io credetti sulla fine del '33, la vera causa di questo malessere: è il pensiero di se stessi. Finalmente si vomita. Allora, faticosamente, penosamente, si comincia a guarire" (in "Il dramma", luglio 1971)