Confusione in montagna
In "Il Resto del Carlino", 28 marzo 1938.
Risale al 1936 il secondo soggiorno romano dello scrittore, che questa volta s'accosta ai gruppi d'intellettuali che facevano "fronda", dando prova di anticonformismo e libertà di pensiero, se pure con un linguaggio e uno stile "indiretti" A Roma, dunque, Brancati frequenta Longanesi e Maccari e scrive sulle loro riviste, "L'Italiano", "Il Selvaggio", "Omnibus", acuendo il gusto per la rappresentazione satirica di fatti di costume e personaggi, descritti con quello stile allusivo che permetteva di aggirare il controllo dei censori di regime. Nasce la serie delle "Lettere al Direttore" inviate dalla Sicilia e pubblicate su "Omnibus" tra il '37 e il '38. Ma lasciamo la parola allo stesso Brancati: "La corrispondenza era pubblica nella forma, ma in effetti privatissima, scritta in inchiostro simpatico che solo il disgusto per la società di allora rendeva nero [] I contenti di vivere nel proprio tempo, gl'infermi di brutale salute, i cervelli oscurati dal "buon sangue", rimanevano esclusi dalla conversazione che si svolgeva fra poche persone, non eroiche, ma di buon gusto. Nacque così lo stile allusivo, che non manca di grazia e perfino di bellezza" (Diario romano, cit.) Uno stile di cui partecipa questo racconto, il cui titolo è indizio del disprezzo che animava lo scrittore per il conformismo di cui dà prova l'uomo-massa, felice del proprio tempo, immerso nella "confusione" dell'alienazione mondana. E "confusione" è lessema chiave della prosa, ribadito nel titolo e accentuato da termini ruotanti attorno al medesimo polo semantico (disordine e l'espressionistico deverbale frequentativo gridio)