Trampolini si imbatte in una donna alle soglie del Giardino Bellini
In "Giornale dell'Isola", 2 febbraio 1930.
Il protagonista di questa novella, come della precedente, era già apparso nella prosa onirica e apocalittica Il giudizio universale e nel racconto in tre puntate Trampolini si fa monaco (pubblicati sul catanese "Giornale dell'Isola" rispettivamente il 12 agosto 1927 e il 19, 21, 24 gennaio 1928, sono stati esclusi dalla presente silloge per la loro provvisorietà stilistica) Lo scrittore procede per successive fasi alla definizione del personaggio, mediante la descrizione analitica dei tratti somatici, l'approfondimento delle caratteristiche psichiche (iroso, libertino, gaudente, bugiardo, Trampolini appare dominato dal pensiero della donna), la ricognizione realistica dello status sociale e dell'ambito geografico che è teatro delle avventure di Trampolini (Catania, i paesini della costa ionica e dell'entroterra etneo) Ci troviamo perciò di fronte a un ciclo, il primo di una serie con cui lo scrittore si avvia alla costruzione della storia di un personaggio attraverso segmenti biografici anche minimi, e comunque privi di progressione nel plot. L'intenzione programmatica dell'autore, impegnato proprio in quegli anni in un'operazione di sliricizzazione e sganciamento dall'eredità dannunziana, di cui nella prima giovinezza era stato tenace assertore (vitalistica, l'ispirazione della rivistina "Ebe", da lui creata nel '24 secondo un'utopia di rifondazione "poetica" della vita; decadenti, se pur con evidenti scorie crepuscolari, i versi pubblicati sul periodico catanese "Giornale dell'Isola letterario"; estetizzante, il poema drammatico Fedor, composto tra il '24 e il '26), è orientata verso il bozzetto naturalistico, contaminato da curiose e beffarde situazioni surreali. L'individuazione di D'Annunzio quale idolo polemico di Brancati è resa possibile dall'intonazione parodistica che domina il ciclo di Trampolini e che lo scrittore ottiene attuando uno scarto tra il contenuto delle novelle e la forma linguistica: il primo appare volutamente realistico, laddove il significante risulta aderente alla lezione dannunziana e ai moduli della koinè colta novecentesca. L'ambientazione realistica, l'assunzione di un punto di vista prevalentemente omodiegetico, la presenza di innumerevoli spunti autobiografici sono infatti tradotte in scrittura dall'alto coefficiente di letterarietà: la forma verbale veggo largamente documentata nella tradizione poetica, il lessema aulico meriggio, costruzioni prefissali formate con procedimenti derivativi eletti come i parasintetici a prefisso in- quali intenebrato e inombrato, i frequentativi presenti nella tradizione lessicografica dotta come torreggiare, i prefissali in -ura come gli ovvi arsura, largura, frescura, la serie dei deverbali a suffisso zero, quali arpeggi, sboccio, abbaglio...; e, dal punto di vista sintattico, la distorsione di marca poetica nell'uso della diatesi e della reggenza, l'uso del genitivo ipotattico, che rompe gli schemi prosastici, come immensità dell'abbaglio solare o un sorriso di donna più che una donna sorridente, e numerosi altri prestiti più o meno riferibili alla matrice dannunziana.
L'intento parodistico, in questo ciclo di novelle ancora irrisolto, sarà pienamente attinto nel racconto del '41 Singolare avventura di Francesco Maria (ora ne Il vecchio con gli stivali, cit.); ma l'assunto ideologico di tale imitazione deformante, ribaltata in giuoco straniante, si riscontra già in un articolo di poco anteriore alla suite di Trampolini, in cui Brancati dichiarava la propria emancipazione da D'Annunzio: "Dirò subito che, a quindici anni, io ero dannunziano anche nelle midolle [] Ora ci siamo liberati. E questa confessione è il primo atto della nostra libertà" (Confessioni di un provinciale sulla sua esperienza dannunziana, in "Giornale dell'Isola", 16 dicembre 1927)