Paese di montagna
In "Totalità", n' 2, 1933, col titolo Il tempo vola. Fu poi ripubblicato, col titolo che ha nella presente raccolta, in "Il Popolo di Roma", 24 agosto 1941. Non si registrano varianti significative tra le due redazioni.
La riproposta di questa novella, come di molte altre apparse su periodici, dimostra come il ripudio a cui l'autore condannò l'opera giovanile fino al '36, denunciando i suoi primi libri come "abominevoli, scritti da un ragazzo sconsiderato che portava il suo nome", riguardasse il versante della sua produzione narrativa più direttamente impegnato sul piano politico. Paese di montagna si situa invece sulla linea che condurrà Brancati all'ampia rappresentazione corale degli Anni perduti e ne anticipa il blocco tematico centrale, la non-vita consumata nell'attesa del cambiamento prima, nella paura del mutamento poi. Infatti la novella si sviluppa all'interno della categoria spaziotemporale, scandita nella rapida successione delle ore della giornata e dell'andamento ciclico stagionale. Lo scrittore si affida agli elementi espressionistici amalgamati intorno a una rete di semantemi cinetici (subito, ecco, ed ecco, poi, e poi, d'ora in ora...), di sintagmi con valore dinamico (passa il tempo, il tempo vola), di lessemi istantanei (fuggire, succedersi), spesso rilevati gerarchicamente attraverso la posizione forte occupata nella catena sintattica, ora ad incipit ora in clausola. La circolarità di questo tempo chiuso, bruciato nella ripetitività dei gesti e delle parole, all'interno di una casa, entro i confini di un paesetto, è espresso mediante anafore, formule avverbiali implicanti il ritorno, e soprattutto mediante la ripetizione quasi testuale delle battute iniziali della novella nella conclusione. La dimensione totalizzante che negli Anni perduti assumerà la noia, attraverso il reticolo di monotone vite parallele, è qui ottenuta con l'iterazione che in un certo senso spalanca una finestra sulla durata esterna, ed è accentuata dal tono favolistico, realizzato con una serie di accorgimenti quali l'impiego di frasi riassuntive (così passano gli anni), discorsive (non è vero che...), colloquiali (si capisce che), indeterminate e impersonali (si decise, si narrava...). L'atmosfera di soddisfatta e inconsapevole animalità che si spande nella prosa, è ancora una volta tozziana, soprattutto per il motivo della regressione orale nel cibo, che consente alle "signorine" brancatiane, come ai fratelli protagonisti di Tre croci, di trovare una fittizia ragione di vita.
Questa novella costituisce inoltre il primo tentativo brancatiano di disegnare sinotticamente (secondo il tracciato del "romanzo di formazione") un'intera vita, e non un momento o un episodio particolari. Il problema più difficile che si presentava all'autore era allora un problema di concentrazione narrativa, che Brancati raggiunge mediante un processo di semplificazione essenzializzante: il linguaggio si fa, dunque, di tipo medio, antieroico il tono, normale la sintassi, paratattica la costruzione frastica, univoca la semantica, logica e fortemente segmentante la punteggiatura, mentre tutto lo sviluppo della fabula mostra, nel suo complesso, maggiore coesione.