I padroni dell'Isola
In "Corriere della Sera", 30 luglio 1949.
Della deflazione ideologica da cui nascono le novelle Confidenze di un matto, I padroni dell'Isola, Un bel sogno, è testimonianza l'approdo della scrittura brancatiana nella saturazione barocca, in una perplessa dialettica di saggezza e allucinata follia, reale e immaginario satanico, veglia e sogno. La vertigine metafisica del "matto" prosegue nella vertigine cosmologica dell'Isola sulfurea abitata da un mefistofelico padrone, per concludersi in uno speculare rovesciamento onirico. La coscienza della complessità esistenziale, l'accettazione dell'antinomia intelletto-sensibilità, la liquidazione della categoria della ragione impongono a Brancati l'oscillazione tra vero e immaginario, trascritta in pagine dal risentito impianto simbolico, il cui elemento coesivo è la "sorpresa" intellettuale e la cui analiticità risponde alla trasposizione "verticale", appunto barocca, di un universo ormai precluso alla conoscenza e alla ricomposizione.