In casa Parini

 

I componenti della famiglia Parini s'erano accorti che Rodolfo li trattava in un modo che a loro tutti, sembrava offensivo. C'era, nello sguardo di quel giovanotto, un'affettuosa quanto non richiesta attenzione verso qualcosa di ciascuno a cui quel ciascuno non voleva dare importanza; come se Rodolfo, di un brillante equipaggio, preparato con cura per una festa, andasse a scovare proprio la servetta e se ne innamorasse. Il giovanotto non mostrava di avvedersi neppure del lavorio intellettuale del professore Parini (il quale, del resto, non faceva che citare, citare, citare, e si pensava quanto sarebbe stata lunga, nel giorno del giudizio, la lettura della bibliografia di tutte le colpe del professore); o dei falsi peccati della signora Silvia che voleva essere compianta per la sua immoralità così "moderna" e per il suo "scetticismo così triste per una donna", ma così importante comunque; o delle pose annoiate, di ragazza che purtroppo conosce tutto, in cui Mariella stava sdraiata da mattina a sera; o della freddezza virile e bieca di Fausto. Ma essi credevano di avere un significato, uno scopo e un valore solo in quegli aspetti della loro vita che Rodolfo non aveva alcuna voglia di notare.

E perché Rodolfo non voleva notarli? Per cattivo gusto o per superbia, per immaturità o per malizia?

Tutto questo non si manifestava in discorsi aperti; anzi non se n'era mai fatta parola, nemmeno nell'intimo di se stessi; ma le repulsioni e le ostilità erano chiare, e ciascuno, senza conoscere bene la parte che aveva scelto, s'era messo d'impegno nel proposito di dimostrare a Rodolfo che usava di una sciocchezza rara nel guardare le persone a quel modo, che s'ingannava clamorosamente su tutto, ch'era un vero e proprio sonnambulo e che per lui sarebbe arrivato come un colpo di fucile alla schiena, l'attimo del risveglio.

Fausto, che confidava a Rodolfo, senza però riuscire a farlo impensierire, l'idea ch'egli fosse destinato a morire bambino, avrebbe desiderato di morire davvero, se il destino gli avesse consentito di tenere un occhio semiaperto e poter guardare da quello spiraglio la faccia, finalmente spaventata, del cugino (purtroppo, il destino chiude ambedue gli occhi dei morti; su questo, il piccolo Fausto aveva assunto delle informazioni precise) Mariella era in cerca di un peccato ch'ella potesse eseguire sotto gli occhi di Rodolfo, suscitandovi dell'onesta meraviglia (perché Mariella aveva del peccato un'idea confusa e ardita: come di un esercizio difficile, in cui la donna potesse dimostrare tutta la sua valentia e la sua sapienza) La signora Silvia avrebbe volentieri introdotto un amante nella propria camera, facendolo prima passare dinnanzi alla porta socchiusa di Rodolfo - di notte, naturalmente, - e in uno di quei sabati che il marito destinava alle sue gite archeologiche. Ma dov'era l'amante? Ella si avvide, con molta sorpresa, di non avere un amante. Era straordinario: in realtà, ella non aveva un amante. Ma avrebbe potuto averlo, come del resto lo aveva avuto, cinque anni avanti. Bastava incoraggiare uno di quei giovanotti che manifestavano tanta, tanta mai voglia di accostarlesi alla bocca, quando, dopo averle baciato la mano, le dicevano: "Arrivederci!" Bastava... O forse non bastava. Per la prima volta, notò che c'era qualcosa di sospetto in quei giovanotti; come un vecchio cacciatore che vede continuamente apparire delle lepri, spara e uccide; ha notato che quelle lepri erano un po’ troppo docili, ma soltanto ora si accorge ch'esse sono legate per un piede ai cespugli. Fra quei giovanotti, faceva ella veramente strage? Ma sì, ma sì. La signora Silvia si accontentò di questa doppia risposta affermativa; era una donna che buttava via la realtà, le prove e i fatti, quando non funzionavano a dovere; così faceva con le forbici, quando si coprivano di ruggine. Un amante? Ma sicuro: non uno, ma venti avrebbe potuto averne, se avesse voluto. (Venti! Che scandalo! Esisteva, dunque, la facoltà di averne venti? La cifra venti, comunque, esisteva... Via! Che sciocchezza!) E del resto, anche Rodolfo avrebbe potuto essere un amante. Bel ragazzo! A portata di mano... Questa era un'idea. Ma era preferibile dormirvi sopra, come sull'affaire del venti, che era una cifra, ch'era una facoltà, ma forse non poteva mai avverarsi che venti uomini, venti cravatte, venti cappelli a cencio, venti numeri telefonici, quaranta scarpe... (Basta, Dio, con queste sciocchezze della fantasia! Qualche volta, però, la fantasia diventa capricciosa. Un giorno, per esempio: ella era bambina e sonnecchiava; aveva pensato con orrore: se uno mettesse per isbaglio un piede sul quadro della Madonna? Ed ecco che la fantasia fa vedere continuamente un piede che passa sul volto della Madonna... Ella stringeva i pugni, serrava le palpebre, aveva orrore della fantasia, che Iddio la maledicesse! Venti amanti! Eccolo di nuovo: venti amanti! Basta! Non si ha dunque nessun potere sulla propria fantasia?)

Mentre ella pensava così, Rodolfo le sedeva di faccia e fumava. Nel salotto non c'erano che loro due.

"Rodolfo" disse la signora Silvia "tu, che pensi bene di tutti quanti, cosa pensi di me?"

"L'ha detto lei stessa" rispose il giovane, ridendo. "Penso bene."

"E se invece non meritassi la tua stima?"

Rodolfo smise di ridere e si fece attento. La signora, molto lusingata, continuò: "Se io non fossi degna di varcare a testa alta la soglia di questa casa?"

"Ma io non credo..."

"Ebbene, tu devi credere e non credere. Tu devi immaginarmi come una buona madre di famiglia, come un'ottima moglie, e nello stesso tempo lasciare un posticino al sospetto che io sia una donna immorale."

"Lasciamo pure un posticino!" disse Rodolfo, tornando a sorridere.

"Una donna immorale! Capisci? Una donna immorale!"

La signora si agitava per dare a questa idea, di una donna immorale, una gravità estrema. Ma sentiva che il suo giovane interlocutore era tutto occupato nella consueta distrazione e aveva il viso atterrito per compiacenza, che hanno i soci del Circolo Femminile quand'ella suona dei pezzi "terribles"

"Rodolfo" disse la signora bruscamente "se in un periodo della mia vita, avessi avuto molti amanti ("Venti!" le scappò dalla fantasia), la cosa avrebbe certo la sua importanza?"

"Oh, sicuro!" fece Rodolfo. "Sarebbe molto importante: anzi, grave."

"Tu penseresti male di me?"

"Eh, credo di sì."

La signora si alzò sfiduciata. No, quel ragazzo non aveva creduto alla storiella dei molti amanti, e se anche vi avesse creduto, la cosa non avrebbe avuto per lui alcun valore. La signora sentì fermamente che Rodolfo avrebbe continuato a pensar bene di lei. Oh, insopportabile questo bene che non si sa a che cosa di te si rivolga, questo sguardo di simpatia che salta la tua faccia, le tue mani, le tue parole e si dirige verso un punto della tua persona così strano, così poco importante, così inesistente forse! Un tale ragazzo è un ragazzo noioso, forse anche maleducato. Giusto: volendo porre la cosa nei suoi veri termini, Rodolfo era un ragazzo educato male. La signora avrebbe messo volentieri della violenza nel rinnovare l'educazione di Rodolfo. Comunque, gli augurava qualcosa di sgradevole che gli strappasse dagli occhi quello stupido e profondo sguardo di gratitudine. Sì stupido e profondo. Purtroppo, anche profondo...

 

Sogno di un valzer e altri racconti
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