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«Che è sta bicicletta?»
«Mi devi imparare. Miii, sono l’unico che non ci sa andare!» risponde perentorio Francesco.
A fronteggiarsi sono un bambino di sei anni e un uomo di quasi cinquantasei.
«Ragione hai. Amunì, vediamo che sai fare.»
«Io paura non ne ho.»
«Se non ne hai perché me lo dici?»
«Perché un po’ ce l’ho, però non lo devi dire a nessuno.»
«Ma scusa, che male c’è ad avere paura?»
«Se hai paura nessuno ti rispetta.»
«Non c’è niente di male ad avere paura, Francesco.»
«Tu hai paura?»
«Sì.»
«Di che cosa?»
«Dell’acqua alta.»
«E poi?»
«Del dolore.»
«E poi?»
«Di morire.»
«E chi ti vuole ammazzare?»
«Nessuno, nessuno. Era così per dire. E tu che paure hai?»
«Che mamma mi lascia solo.»
«No, tua madre non ti lascia mai.»
«Che ne sai? A me mi dice cose brutte ogni tanto.»
«A me dice solo cose belle di te, e quando ti dice le cose brutte non le pensa veramente. È solo che la fai arrabbiare.»
Don Pino afferra la bicicletta, una vecchia Graziella, e la guarda. «Dove l’hai presa?»
Francesco non risponde.
«L’hai rubata?»
«Era abbandonata.»
«Sì, e magari era abbandonata pure la catena.»
«Che ne so io.»
«Allora facciamo che io ti insegno, ma poi tu la vai a rimettere dove l’hai presa.»
«Sennò?»
«Sennò t’arrangi.»
«Va bene. Miii, sei fatto sperto, don Pino.»
«Io non sono sperto, Francesco. Quello si dice di chi fa il furbo per fregare gli altri.»
«Nella vita se non sei sperto ti finisce male. Il più sperto vince.»
«E chi l’ha detto?»
«Non lo so. Si dice così.»
«Dài, sali su sta bicicletta.»
Francesco si accomoda sul sellino troppo alto. Non riesce neanche a toccare per terra.
Don Pino lo sorregge da dietro e come tutti i padri lo fa girare in tondo, lasciandolo solo per brevi tratti.
Francesco impara in fretta e come tutti i bambini cade e si sbuccia le ginocchia e i gomiti. Sono ferite che si ricordano per sempre quelle della prima volta in bicicletta.
Alla fine va da solo, fino a sparire.
Don Pino rimane a guardare la strada vuota.
«Sono figli. Prima o poi se ne devono andare.»