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Siamo a cena. C’è anche Costanza, la fidanzata di Manfredi.
Mamma ha cucinato per quindici persone, anche se siamo in cinque, ma si sa che l’amore qui moltiplica per tre e si manifesta nell’eccesso di calorie.
Mio fratello e io ci siamo rappacificati. Non credo che abbiamo mai superato le ventiquattro ore in rotta: dopo un po’ ci sentiamo ridicoli, di chiunque sia la colpa.
«Tutto pronto?» chiede Costanza. Sembra abitata dagli animali più eleganti del pianeta. Ha un cigno nel collo, un levriero nel busto, un persiano negli occhi e mille specie di farfalle tra i capelli.
«Sì.»
«Starai benissimo. Devi assolutamente andare da Harrods e da Fortnum & Mason. Ci sono tutti i tipi di tè, di biscotti, di essenze, di spezie, di profumi… un paradiso.»
«Costanza ha ragione, e portami quel Royal Blend Tea che si trova solo lì. È un po’ caro, ma vale tutto quello che costa» si entusiasma mamma.
«Io vorrei un bel vinile dei Beatles, ma originale» dice Manfredi. «E poi, mi raccomando, fatti una foto ad Abbey Road sulle strisce pedonali.»
Mio fratello è fissato con i Beatles. C’è stato un periodo in cui assomigliava talmente tanto a Lennon che lo chiamavano John.
Papà contempla compiaciuto la sua famiglia raccolta a rendere onore all’arte culinaria di sua moglie. Avrebbe voluto anche una figlia femmina, ma forse è stato meglio così. Per lei. Non so come sarebbe sopravvissuta con me e Manfredi.
«Papà, tu cosa vuoi?»
«Quello che vuoi tu, Federico. A sorpresa. Io voglio che tu stia bene e che impari l’inglese come Dio comanda.»
«Dio comanda di sapere l’inglese? Anche lui? È proprio vero che non c’è più religione. Tutti fissati con questo inglese» scherzo bonariamente.
«Sai quanto ci costa questo soggiorno, Federico. Sii all’altezza.»
«Lo sarò. Infatti ho deciso di risparmiare i soldi.»
Tutti puntano gli occhi su di me.
«Ho deciso di non partire.»
«Ti è venuta paura, Poeta? Lo sapevo. È successo anche a me. La sera prima non volevo più partire» sorride Manfredi.
«Non ho paura. Ho altro da fare. Proprio perché non ho paura, resto.»
«Ma che stai dicendo?» chiede mia madre.
«Resto a dare una mano a don Pino Puglisi a Brancaccio. Che senso ha andare in Inghilterra se nemmeno conosco l’altra metà della mia città? Non posso andare a imparare una lingua nuova se non so parlare la mia. Che me ne faccio?»
«Federico, l’argomento non è in discussione. I soldi sono già stati investiti. Quando torni aiuterai il tuo professore quanto vuoi. Non mi pare che le due cose siano incompatibili.»
«Invece lo sono. Proprio non ci arrivate. Non è un fatto organizzativo. I soldi me li guadagnerò lavorando e ve li restituirò.»
«Il discorso finisce qui. Tu domani parti. Fine.»
Mio padre non alza mai la voce, quando lo fa è segno che il discorso è finito veramente. Non ci sono margini per ulteriori trattative, e allora devo fare la voce grossa anche io.
Mi alzo da tavola. Mi chiudo in camera e non esco finché sarà troppo tardi per prendere l’aereo.
Tra l’aver ragione e l’aver coraggio ho scelto la seconda. Costi quel che costi.