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«Nasconde gli sbirri, parri’, te lo dico io. Con tutto sto viavai di persone.»

Così sentenzia il capo del gruppo di fuoco di Brancaccio.

«Sicuro sei?» chiede Madre Natura.

«Pure in televisione è andato. Se cominciano i giornalisti siamo consumati, siamo. Ci fa fare la figura dei minchioni.»

Madre Natura resta in silenzio e ripensa alle parole del corleonese: «Gli devi rompere le coma al parrino, si tira i picciotti cu’ iddu».

Madre Natura comanda a Brancaccio.

Con i suoi fratelli compone una Trinità, controllano il quartiere come Padre, Figlio e Spirito santo: uno dà gli ordini, uno si occupa delle finanze, uno spara. L’unica accortezza, con questa trinità terrena, è sostituire alla parola “amore” la parola “rispetto”, la sintesi perfetta di fedeltà e timore, che neanche Dio può permettersi. “Mangio e faccio mangiare” è il loro motto, cosa che nemmeno il Padrenostro con il suo pane quotidiano può assicurare.

Comandano con il beneplacito dei corleonesi, ai quali sono graditi, dopo che a Brancaccio il potere di Michele Greco, detto il Papa, è venuto meno nel 1984. Li chiamano “I Picciotti”. Per antonomasia. Sanno tutto. Vedono tutto. E poi fanno tutto. Con le mani che altri prestano loro: il gruppo di fuoco di Brancaccio, del quale fa parte il Cacciatore.

Sono giovani e determinati, la nuova leva della famiglia. Il capo mafioso è il dio che sa e decide. È occhi, mente, parola. Esercita il puro potere.

I tre gravano su quelle strade come un cielo troppo basso. Garantiscono protezione, anche se il prezzo da pagare è a volte l’asfissia. Il potere è controllo, non esiste potere buono e innamorato dei sudditi. Il potere è necessario: assicura equilibrio e sopravvivenza. E quando c’è il pane, non c’è ragione di lamentarsi.

«Tu sei pronto?»

«Quello che vuole lei, parri’.»

Madre Natura fa un gesto che indica soldi.

«Manco i piccioli per la parrocchia ha voluto, quelli per riparare il tetto. Lo sa com’è testardo, è riuscito pure a trovare i soldi per i locali del centro, anche se avevamo alzato il prezzo più del doppio. Testa dura è. Dopo la marcia che ha fatto in onore di Falcone, abbiamo fatto saltare il furgone della ditta che sta facendo i lavori nella chiesa. Ma iddu continua…»

«Ha la carne dura? Gliel’ammorbidiamo un po’, come si fa con i polpi, ma bisogna prenderlo dai tentacoli. Facciamo qualche carezza a quelli che gli stanno intorno.»

Ciò che inferno non è
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