46

Nelle città di mare, ogni sera c’è un momento in cui il mare ignora il cielo e ha un colore tutto suo. È il blu che ha usato l’autore del più bel Trionfo della Morte mai dipinto. Lo ha realizzato nel Quattrocento a Palermo un pittore senza altro nome che il titolo di questo quadro.

Chi lo osserva incontra la morte perché chi lo ha dipinto ha intinto i pennelli direttamente nella tavolozza della Nera Signora. Al centro del quadro c’è la Morte che cavalca, squarciando la scena in diagonale, su un fremente destriero che sembra la radiografia di se stesso. Pare di sentirne il nitrito mentre lei scaglia frecce contro uomini potenti e ricchi che ne ignorano la tenebrosa presenza, e lei a sua volta ignora uomini impotenti che la invocano dalla loro disperazione perché li sollevi dal carico della vita. La giustizia ingiusta della Morte.

Guardala bene questa scena, prima che l’umidità finisca di mangiarsela come tutte le cose belle e si possa ripetere senza alibi che neanche la bellezza è immortale a Palermo. La freccia appena lanciata dalla Morte si infilza nel collo di un giovane biondo elegantemente vestito di un abito di broccato blu. Mentre nell’angolo opposto una coppia di cani, immortali finché la pittura conserverà il loro vello, latra impaurita, il ragazzo ha gli occhi aperti e stralunati, si aggrappa alla vita tendendo la mano a un amico che nulla può fare se non stringergliela, per evitargli la completa solitudine di cui gusteremo l’amaro calice. Questo affresco, staccato dalla sua parete, si trova ora nel palazzo che conserva anche l’Annunciata di Antonello da Messina. In un unico luogo sono custoditi i due colori più compiuti mai mescolati per rappresentare le due chiamate principali dell’uomo: quella alla morte e quella alla vita, il blu del Trionfo della Morte, il blu dell’Annunciata. E siccome il colore è il vessillo che l’uomo pianta nel territorio della luce che Dio ha strappato alle tenebre, il blu serve a strappare a Dio il privilegio di possedere il segreto della vita e della morte.

In quell’ora della sera in cui per un attimo le cose tacciono e la vita e la morte si mostrano per essere superate, due amici passeggiano, in riva a quel blu.

«Perché hai detto quelle cose, don Pino?»

«Tu che avresti fatto?»

«Avrei evitato.»

«Loro appiccano il fuoco alle porte della gente, e noi appicchiamo il fuoco della verità.»

«Ma quale verità? Da quando in questa città si dice la verità? Non hai visto che fine hanno fatto Falcone e Borsellino? A che serve?»

«Se la verità continuiamo a metterla in soffitta prima o poi ci dimentichiamo anche che ce ne sia stata una. Il problema di questa città è che le parole significano una cosa e il suo contrario.»

«Meglio con i doppi sensi, ma vivi.»

«Ma non lo capisci? È proprio per la vita, la vita del quartiere, la vita dei bambini, la vita delle donne, la vita degli uomini, la vita! Un padre questo deve fare! Il massimo che possono fare è ammazzarmi, e allora?»

«Non lo dire neanche per scherzo.»

«Mimmo dice sempre che di qualcosa bisogna pur morire. Tu hai moglie e figli, Hamil. A me se mi ammazzano non mi interessa. Ma poi, figurati, mica l’ammazzano un prete. Quelli sanno che parliamo, parliamo, parliamo, e non facciamo niente.»

Ciò che inferno non è
titlepage.xhtml
index_split_000.html
index_split_001.html
index_split_002.html
index_split_003.html
index_split_004.html
index_split_005.html
index_split_006.html
index_split_007.html
index_split_008.html
index_split_009.html
index_split_010.html
index_split_011.html
index_split_012.html
index_split_013.html
index_split_014.html
index_split_015.html
index_split_016.html
index_split_017.html
index_split_018.html
index_split_019.html
index_split_020.html
index_split_021.html
index_split_022.html
index_split_023.html
index_split_024.html
index_split_025.html
index_split_026.html
index_split_027.html
index_split_028.html
index_split_029.html
index_split_030.html
index_split_031.html
index_split_032.html
index_split_033.html
index_split_034.html
index_split_035.html
index_split_036.html
index_split_037.html
index_split_038.html
index_split_039.html
index_split_040.html
index_split_041.html
index_split_042.html
index_split_043.html
index_split_044.html
index_split_045.html
index_split_046.html
index_split_047.html
index_split_048.html
index_split_049.html
index_split_050.html
index_split_051.html
index_split_052.html
index_split_053.html
index_split_054.html
index_split_055.html
index_split_056.html
index_split_057.html
index_split_058.html
index_split_059.html
index_split_060.html
index_split_061.html
index_split_062.html
index_split_063.html
index_split_064.html
index_split_065.html
index_split_066.html
index_split_067.html
index_split_068.html
index_split_069.html
index_split_070.html
index_split_071.html
index_split_072.html
index_split_073.html
index_split_074.html
index_split_075.html
index_split_076.html
index_split_077.html
index_split_078.html
index_split_079.html
index_split_080.html
index_split_081.html
index_split_082.html
index_split_083.html
index_split_084.html
index_split_085.html
index_split_086.html
index_split_087.html
index_split_088.html
index_split_089.html
index_split_090.html
index_split_091.html
index_split_092.html
index_split_093.html
index_split_094.html
index_split_095.html