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«Se non esci subito da quella stanza, ti garantisco che non ne esci più.»
Così ha detto mio padre questa mattina. Sono rimasto asserragliato finché l’aereo ha preso il volo senza di me, solo allora ho aperto, sicuro di aver trionfato. Ho scoperto di aver vinto una battaglia e non la guerra quando mio padre è entrato in stanza senza dire niente, ha preso la chiave e mi ha chiuso da fuori. Non avrei mai pensato di trovarmi prigioniero a casa mia, in camera mia. La cameretta-porto è diventata una camera-galera. Secondo mio padre questo mi darà il tempo per macerarmi nel senso di colpa. In realtà i sensi compromessi sono altri, visto che sono costretto qui dentro senza poter mangiare e andare in bagno. Spero mi passino almeno i viveri e un secchio. Quelli non li negano neppure ai prigionieri politici.
Per fortuna c’è Manfredi. Quando i miei escono, apre la porta e io posso recuperare le funzioni vitali di base.
«Poeta, mi stai diventando epico! Ora siediti un attimo e parliamo. Voglio capire meglio. Ti sono cresciute le palle tutte in una volta?»
«Mi sembra di essere già stato abbastanza chiaro.»
«Guarda che non ti conviene inimicarti anche me, il tuo unico possibile alleato. Ascoltami: hanno deciso che tu a Brancaccio non ci metti più piede. Non potevi pensare di passarla liscia.»
«Che vuoi che facciano? Che mi tengano chiuso in casa? Ho diciassette anni. Chiamo la polizia.»
«Sì, e io il manicomio. Adesso datti una calmata. Ricordati che quello razionale sono io. Ora raccontami per bene.»
«Quando vedi certe cose, poi non puoi più ignorare. Non mi va di girarmi dall’altra parte e fare finta di nulla.»
«Non ti sembra di esagerare? Come se io vedessi un documentario sui bambini in Africa e partissi per risolvere il problema.»
«Appunto. Siamo talmente rincretiniti che vediamo le cose senza più sentirle. Io so che quel poco che posso fare lo devo fare. Non posso ignorare quello che ho visto.»
«Cos’hai visto?»
«Un uomo che ha bisogno di aiuto, che ci lascia la pelle ogni giorno e da quei pezzi di pelle dipende la vita, e non sto esagerando, di bambini e ragazzi. Non sono nato per pensare solo al mio futuro.»
«E a cosa dovresti pensare, a quello degli altri? Mi sembri un po’ esaltato.»
«No. Voglio solo provare a mettere a disposizione ciò che ho. E poi ho visto…»
«Cosa?»
«Ho visto Lucia.»
«E chi è?»
«Una ragazza.»
«Fin qui ci ero arrivato. Come tutti i poeti credi che basti vedere una volta una ragazza che ti piace per essere innamorati. Ma quando smetterai di avere diciassette anni?»
«Non ho bisogno della tua approvazione. Sono i miei diciassette anni. Non i tuoi.»
Manfredi rimane in silenzio.
«E com’è?»
«I miei diciassette?»
«No. Lei.»
«Bella. Forte. Reale.»
«Reale?»
«Sì, reale. Ha un anno meno di me ma non vive fuori dal mondo come me. C’è nata e cresciuta dentro alla realtà.»
«Tu no?»
«Sì, ma non nella realtà tutta intera. Quella è fatta di luci e ombre.»
«Sei sicuro di fare la cosa giusta?»
«Sicuro vorrei diventarlo. Ma se non mi butto non succederà mai. È come un giorno di mareggiata in cui non c’è più spiaggia.»
«Versi di?»
«Miei. O stai a terra o stai in mare. C’è spazio solo per entrare o uscire, non c’è più la soglia tra i due, mare o terra.»
«Certe volte riesci a incantare pure me. Cercherò di parlare con papà e mamma.»
«Intanto fammi un favore.»
«Quale?»
«Coprimi. Voglio andarci oggi a Brancaccio.»
«No, adesso aspetti che ci parli io. Non puoi bruciare la trattativa prima che cominci.»
«Cortés bruciò le navi sulla spiaggia quando arrivò nel nuovo mondo. Si poteva solo andare avanti, niente spazio per i rimorsi. Meglio rimpianti che rimorsi.»
«Fede, tu non sei Cortés.»
«Neanche Cortés era Cortés prima di aver bruciato quelle navi.»
Manfredi sorride.
«Ho una cosa da fare. Vado e torno. Tu fingi che io sia in camera e che non voglia vedere nessuno. Io lascio la musica accesa.»
«Fai presto. Ah, c’è una cosa che devo restituirti.»
Lo guardo interrogativo. Mi dà un cazzotto nello stomaco e mi piego per proteggermi, ma è troppo tardi.
«Così siamo pari, don Chisciotte. Mi raccomando, stai attento ai bambini con il maglio perforante di Jeeg Robot d’Acciaio. A proposito, è un po’ che non guardiamo l’Uomo Tigre. Potrebbe servirti a ripassare qualche tecnica per non farti mettere al tappeto… dai bambini.»
Piegato e senza respiro, cerco di articolare qualche sillaba, ma non esce nulla.
«Credevi di farla franca? Ricordati che ci sono gerarchie da rispettare.»
A poco a poco recupero il respiro.
«Ritorna in quel paese da cui sei uscito senza il mio permesso.»
«Resti il mio poeta preferito, anche da maledetto.»
«Ti maledico, allora. Sparisci!»
«Sbrigati.»
I maschi risolvono così le vertenze: è una cosa che le donne non capiranno mai. Senza mio fratello sarei soltanto un’ipotesi di maschio.