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«Te li do io i soldi.»

Maria lo fissa con i suoi occhi stanchi mentre don Pino poggia sul tavolo una busta con cinquantamila lire.

«E che ci faccio? Don Pino, quelli mi ammazzano.»

«Bisogna che ti cerchi un lavoro, ma intanto smetti di venderti.»

«E che lavoro? Non so fare niente.»

«Troveremo qualcosa.»

«È impossibile, parri’. Pure la casa mi tolgono se non faccio quello che devo.»

«E vuoi condannare anche Francesco a questa vita?»

Maria apre la bocca e il suono che ne vorrebbe uscire si trasforma in un pianto scorticato. Gli occhi si riempiono di mascara, il viso di capelli, il petto di singhiozzi.

«Aiutami, ti prego, aiutami, non ne posso più! Se non mi butto dalla finestra è solo per Franceschino.»

Don Pino la abbraccia e le aggiusta i capelli dietro le orecchie come si fa con una bambina, mentre lei continua a lavarsi con il pianto e ad asciugare con i capelli le lacrime.

«Andrà tutto bene. Vedrai, Maria. Non aver paura.»

«Perdonami, ma io il coraggio non ce l’ho.»

«Pensaci un po’. Porta Francesco a mare. E pensaci con calma.»

La camicia nera di don Pino è maculata di lacrime.

«Faresti le pulizie da qualche signora anziana? Magari le fai la spesa?»

«Ma se tutti mi conoscono…»

«Non qui. Cerchiamo altrove.»

«Chi te lo fa fare, parri’?»

«Cosa?»

«Di aiutare una come me, che te ne viene?»

«Il tuo sorriso.»

Per un attimo Maria lo lascia intravedere, ed è in quel sorriso che ha guardato per la prima volta Francesco, è in quel sorriso che per la prima volta ha guardato un ragazzo che le piaceva, è in quel sorriso che vorrebbe un giorno svegliarsi, al mattino, dopo una notte d’amore donato.

Quando la porta si chiude dietro di lui, don Pino incrocia Nuccio, che sta andando a riscuotere i soldi da Maria.

«Anche lei, parri’? E bravo. Ha gusti buoni!» Lo squadra sarcastico, con i denti scoperti ingialliti dalle troppe sigarette.

«La dovete lasciare stare questa ragazza.»

«Ma come, lei può e io no, parri’? Che giustizia è questa?»

«Ma che stai dicendo? Di cosa stai parlando?»

«Parri’, non c’è niente di male se ti piace fottere. Siamo uomini.»

«No, tu sei una bestia. Io sono un uomo.»

«Andiamoci piano con le parole, che già stai sgarrando assai.»

«Sei tu che parli troppo. Maria è una madre che ha bisogno di un lavoro. E la devi lasciare stare.»

«Parri’, togliti di mezzo che già mi sta venendo il sangue e finisce male.»

«No, io non mi sposto. Vattene e non tornare più.»

E rimane davanti alla porta, immobile, con gli occhi che tremano di determinazione e di paura allo stesso tempo.

«Se non ti levi t’ammazzo.»

Don Pino si avvicina lentamente, con una mano tesa e il palmo rivolto verso l’alto come chi chiede carità. Poggia la mano sul braccio di Nuccio.

«Per favore, vai via.»

Lo dice con un sorriso la cui mitezza ricorda a Nuccio gli occhi di sua madre e qualcosa dentro di lui, non sa dire cosa, o qualcuno dentro di lui, non sa dire chi, lo spinge a fermarsi.

«Parri’, non finisce qui. Ti devi fare i cazzi tuoi. Hai capito?»

Don Pino lo guarda allontanarsi. Sente la camicia fradicia di sudore.

La porta si apre ed esce Maria.

«Che succede?»

«Niente, niente, mi girava la testa. Mi sono dovuto sedere un attimo.»

«Vuoi un bicchiere d’acqua?»

«No, no. È passato.»

«Ti stanchi troppo, parri’. Con questo caldo, poi.»

«Devi andare via da qui, Maria.»

«Testa dura, sei…»

Ciò che inferno non è
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