XVI
«È venuta a stare per qualche tempo da me,» disse la principessina Mar’ja. «Il conte e la contessa saranno qui a giorni. La contessa è in uno stato spaventoso, ma anche Nataša aveva bisogno di consultare un medico. L’hanno fatta venire con me quasi con la forza.»
«Sì, ci sarà una famiglia che non abbia un suo dolore?» disse Pierre rivolgendosi a Nataša. «Sapete certamente che è accaduto nello stesso giorno in cui siamo stati liberati. Io l’ho visto. Che meraviglioso ragazzo era!»
Nataša lo guardava, e in risposta alle parole di Pierre, gli occhi si spalancarono ancora di più e le brillarono.
«Che cosa si può dire o pensare per consolarsi? disse Pierre. «Nulla. Perché doveva morire un ragazzo così caro, così pieno di vita?»
«Sì, di questi tempi sarebbe difficile vivere senza la fede…» disse la principessina Mar’ja.
«Sì, sì, è la pura verità,» disse in fretta Pierre.
«Perché?» domandò Nataša, fissandolo negli occhi.
«Come perché?» esclamò la principessina Mar’ja. «Il solo pensiero di ciò che ci aspetta di là…»
Nataša senza ascoltarla fino in fondo, guardò di nuovo Pierre con aria interrogativa.
«E anche perché,» proseguì Pierre, «solo chi crede in un Dio che ci guida può sopportare una perdita come la sua e… la vostra,» concluse.
Nataša aveva già aperto la bocca per dire qualcosa ma all’ultimo momento si trattenne. Pierre subito distolse lo sguardo da lei e si rivolse di nuovo alla principessina chiedendole degli ultimi giorni di vita del suo amico. Ora il turbamento di Pierre era quasi scomparso, ma sentiva che era anche scomparsa tutta la sua libertà di prima. Sentiva che su ogni sua parola e azione pesava un giudizio che gli premeva di più di quello di tutti gli uomini messi insieme. Ora mentre parlava pensava all’impressione che le sue parole avrebbero fatto su Nataša. Non diceva appositamente ciò che poteva piacerle, ma qualunque cosa dicesse si giudicava dal punto di vista di lei.
La principessina Mar’ja, come sempre succede, cominciò a parlare con una certa pena delle condizioni in cui aveva trovato il principe Andrej. Ma le domande di Pierre, il suo sguardo animato e febbrile, il suo volto in preda alla commozione, a poco a poco la indussero a entrare in quei particolari che temeva anche per sé di risuscitare.
«Sì, sì, è così, così…» diceva Pierre, protendendosi con tutto il corpo verso la principessina e ascoltando avidamente il racconto. «Sì, sì, si era dunque calmato, raddolcito? Con tutte le forze, dell’anima aveva sempre cercato una sola cosa: essere perfettamente buono, che certo non poteva temere la morte. I difetti che aveva - se ne aveva - non derivavano da lui. E così si era raddolcito?» chiedeva ancora Pierre. «Che fortuna che abbia potuto vedervi,» disse a Nataša rivolgendosi improvvisamente a lei con occhi pieni di lacrime.
Nataša sussultò. Per un istante si accigliò e abbassò gli occhi. Ebbe un momento di esitazione se parlare o non parlare.
«Sì, è stata una fortuna,» disse poi con voce sommessa e profonda. «Per me sicuramente è stata una fortuna.»
Fece una pausa. «E lui… anche lui… diceva che lo desiderava quando venni da lui…»
La voce di Nataša si incrinò. Arrossì, strinse le mani sui ginocchi e ad un tratto, facendo chiaramente uno sforzo su se stessa, alzò il capo e cominciò rapidamente a parlare:
«Noi non sapevamo niente quando siamo partiti da Mosca. Io non osavo chiedere di lui. E a un tratto Sonja mi ha detto che era con noi. Non ho pensato a niente, non potevo immaginarmi in che stato fosse; avevo soltanto bisogno di vederlo, di essere con lui,» diceva tremando e ansimando.
E senza farsi interrompere, raccontò ciò che non aveva mai raccontato a nessuno: tutto quello che aveva provato in quelle tre settimane del loro viaggio e della loro vita a Jaroslavl’.
Pierre l’ascoltava a bocca aperta fissandola con gli occhi pieni di lacrime. Ascoltandola, non pensava né al principe Andrej, né alla morte, né a ciò che essa raccontava. L’ascoltava e provava solo compassione per la sofferenza che lei provava nel raccontare.
La principessina, contraendo il viso per trattenere le lacrime, sedeva vicino a Nataša e per la prima volta sentiva la storia di quegli ultimi giorni dell’amore di suo fratello e di Nataša.
Questo racconto doloroso e gioioso era evidentemente necessario a Nataša.
Essa parlava, unendo i particolari più insignificanti ai segreti più intimi e dava l’impressione che non avrebbe mai finito. Diverse volte ripeté le stesse cose.
Dietro la porta si sentì la voce di Dessalles che domandava se Nikoluška poteva entrare a dare la buona notte.
«Ed ecco tutto, tutto…» disse Nataša.
Si alzò rapidamente nel momento in cui entrava Nikoluška e quasi corse verso la porta, urtò contro l’uscio nascosto dalla portiera e scappò via dalla stanza con un gemito di sofferenza e di tristezza.
Pierre guardò la porta da cui era uscita e non riusciva a capire come mai a un tratto fosse rimasto solo al mondo.
La principessina Mar’ja lo riscosse da questo stato trasognato richiamando la sua attenzione sul nipote che era entrato nella stanza.
La faccia di Nikoluška, così somigliante a quella del padre, in quel momento di intima commozione in cui Pierre si trovava, gli fece un’impressione tale che dopo averlo baciato si ritirò in fretta verso una finestra col fazzoletto in mano. Avrebbe voluto accomiatarsi dalla principessina Mar’ja ma essa lo trattenne.
«No, Nataša e io restiamo in piedi anche fino alle tre; ve ne prego, restate. Darò ordine che servano la cena.
Andate da basso. Noi vi raggiungeremo subito.»
Prima che Pierre uscisse, la principessina gli disse:
«È la prima volta che parla così di lui.»