XV
Sin dal mattino di quella giornata Nataša non aveva avuto un momento libero e non era riuscita a pensare neppure una volta a ciò che l’aspettava.
Nell’aria fredda e umida, nell’angusta oscurità della carrozza dondolante, per la prima volta si immaginò al vivo ciò che l’attendeva al ballo, in quelle sale piene di luci: musica, fiori, danze, l’imperatore, tutta la splendida gioventù di Pietroburgo. Ciò che l’attendeva era così meraviglioso che ella non riusciva nemmeno a credere che fosse vero, tanto appariva in contrasto col freddo, il buio e la sensazione di prigionia che provava, dentro quella carrozza. Comprese tutto solo quando, percorsa la guida rossa dell’ingresso, entrò nel vestibolo, si levò la pelliccia e, a fianco di Sonja davanti a sua madre, salì la scala illuminata e adorna di fiori. Soltanto allora rammentò come dovesse comportarsi al ballo e si sforzò di assumere quei modi maestosi che secondo lei si addicevano a una fanciulla che partecipa a un ballo. Ma per sua fortuna sentì che gli occhi le si velavano: vedeva tutto in modo indistinto, il polso batteva cento volte al minuto e il sangue prese a pulsarle forte nel cuore. Così non le fu possibile assumere quei modi che l’avrebbero resa ridicola, e procedette, sentendosi venir meno per l’emozione e cercando con tutte le forze di nasconderla. E proprio questo, per contro, era l’atteggiamento che più le si addiceva. Davanti e dietro di loro, come loro in abiti da ballo e parlando a bassa voce, entravano altri invitati. Le specchiere lungo la scala riflettevano le dame in abiti bianchi, azzurri, rosa, il collo e le braccia nude adorne di diamanti e di perle.
Nataša guardava nelle specchiere, e in quelle immagini riflesse non era capace di distinguere la propria dalle altre. Tutto si confondeva in una sola processione scintillante. Entrando nella prima sala, Nataša fu stordita da un fragore monocorde di voci, di passi, di saluti; la luce e lo splendore l’abbagliarono ancora di più. Il padrone e la padrona di casa, che già da mezz’ora erano in piedi sulla soglia della porta d’entrata e ripetevano a tutti coloro che entravano le stesse parole: « Charmé de vous voir, » accolsero allo stesso modo anche i Rostov e la Peronskaja.
Le due fanciulle in abito bianco, con identiche rose fra i capelli neri, fecero un’identica riverenza, ma senza volerlo la padrona di casa fermò più a lungo il suo sguardo sull’esile Nataša. La guardò e a lei sola elargì un sorriso particolare, in aggiunta al sorriso di prammatica della padrona di casa. Forse, guardandola, la padrona di casa si era ricordata del tempo felice e irrevocabile della sua adolescenza e del suo primo ballo. Anche il padrone di casa accompagnò Nataša con lo sguardo e domandò al conte quale delle due ragazze fosse sua figlia.
« Charmante!» commentò, baciandosi la punta delle dita.
Nel salone gli invitati erano in piedi e si assiepavano davanti alla porta, in attesa dell’imperatore. La contessa si pose tra le prime file di questa folla. Nataša udì ed ebbe la sensazione che varie voci domandassero di lei e la guardassero. Comprese di essere piaciuta a quelli che avevano fissato su di lei la loro attenzione, e quella constatazione valse a tranquillizzarla un poco.
«Ci sono altre persone come noi, qui, e ce n’è anche di peggio,» pensò.
La Peronskaja citava alla contessa il nome delle persone più importanti presenti al ballo.
«Ecco l’ambasciatore d’Olanda, quel signore coi capelli bianchi,» diceva, indicando un vecchietto con una abbondante capigliatura argentea, circondato da signore che egli faceva ridere raccontando qualcosa. «Ed ecco anche lei, la regina di Pietroburgo, la contessa Bezuchova,» aggiunse poi, indicando Hélène che entrava in quel momento.
«Com’è bella! Non cede certo a Mar’ja Antonovna, guardate come la corteggiano tutti, sia i giovani che gli anziani. È
bella, e per di più intelligente… Dicono che il principe… sia pazzo per lei. Ma guardate quelle due: anche se non sono belle hanno attorno anche più uomini di lei.» E indicò una signora che stava attraversando il salone accompagnata da una figlia molto brutta. «È un partito che vale milioni,» disse. «Ed ecco i pretendenti. Quello è il fratello della contessa Bezuchova, Anatol’ Kuragin,» aggiunse, indicando un bel cavaliere della Guardia che era passato davanti a loro, guardando chissà dove dall’alto del suo capo eretto al di sopra delle signore. «Com’è bello, vero? A quanto si dice, sposerà quella riccona. Ma anche quel vostro cousin, Drubeckoj le fa una corte molto assidua. Si dice che siano milioni… Come? Questo è l’ambasciatore di Francia,» rispose la Peronskaja, a proposito di Caulaincourt, alla contessa che chiedeva chi fosse quel personaggio. «Guardate, sembra un imperatore. Eppure sono deliziosi, questi francesi. Non c’è nessuno che sia più delizioso, in società. Ah, eccola! No, la più bella di tutte è sempre la nostra Mar’ja Antonovna! E
guardate com’è vestita con semplicità! Un incanto! E quel grassone con gli occhiali, laggiù, è un frammassone dei primi,» disse ancora la Peronskaja, indicando Pierre Bezuchov. «Mettetelo accanto a sua moglie: ci fa una figura così ridicola!»
Pierre veniva avanti dondolando il suo grosso corpo, aprendosi un varco tra la folla e salutando con la testa a destra e a sinistra in modo così noncurante e bonario da sembrare che procedesse in mezzo alla folla di un mercato. Si faceva largo nella ressa, ed era palese che stava cercando qualcuno. Nataša guardava con gioia il viso a lei noto di Pierre, quel grassone, come l’aveva definito la Peronskaja; e sapeva che Pierre nella folla cercava loro, e in particolare proprio lei, Nataša. Pierre le aveva promesso che sarebbe venuto al ballo e le avrebbe presentato dei cavalieri.
Ma, prima che li avesse raggiunti, Pierre si fermò vicino a un uomo bruno in uniforme bianca, piuttosto basso di statura ma molto bello, che conversava in piedi accanto a una finestra con un uomo d’alta statura, carico di decorazioni e con la fascia a tracolla. Nataša riconobbe subito il giovane basso con l’uniforme bianca: era Andrej Bolkonskij, e a lei parve molto ringiovanito, molto più bello e più gaio.
«Ecco un’altra persona che conosciamo: Bolkonskij, vedete, mamma?» disse Nataša indicando il principe Andrej. «Vi ricordate che ha passato la notte da noi, a Otradnoe?»
«Ah, lo conoscete?» disse la Peronskaja. «Io non lo posso soffrire. Il fait à present la pluie et le beau temp. È
di una superbia senza limiti! Assomiglia in tutto e per tutto a suo padre. Si è legato a Speranskij, stanno elaborando insieme chissà quali progetti. Guardate come si comporta: una signora gli sta parlando e lui è voltato dall’altra parte,»
continuò, indicando Bolkonskij. «Io lo metterei al suo posto se si comportasse con me a quel modo!»