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Andreas Lindeberg pensò all’espressione “nero come la pece”, quando uscì dal portone. Era così adesso, come se un velo di pece nera si stesse stendendo sulle facciate in pietra dei palazzi. Ogni cosa risultava ovattata, le crepe e lo sporco svanivano. Il portone si richiuse con fragore alle sue spalle. Le sere d’autunno avevano un sapore unico. A lui l’autunno piaceva più dell’estate e il giorno seguente sarebbe stato il primo settembre. L’estate era troppo luminosa, troppo calda, troppo trasparente, non aveva ombre, ma solo aria sottile e cielo incolore. Andreas stava leggendo le notizie sull’iPhone, ma notò comunque il motociclista sulla strada. Vestito in pelle con casco integrale, stava giusto in quel momento parcheggiando tra due macchine. Andreas lanciò uno sguardo che era più di una semplice occhiata a quell’uomo leggermente sovrappeso; certi vestiti attillati non erano necessariamente adatti a tutte le corporature. L’uomo aveva un marsupio allacciato sui fianchi e la moto era una BMW R nera. Lì a Ruseløkka la lotta per un posteggio gratuito era ardua, la gente veniva da tutto il circondario per parcheggiare in Gustav Bloms gate. Si udì un piccolo scatto quando l’uomo inserì il cavalletto. Andreas ebbe un presentimento: aveva già visto quella motocicletta, ma dove?
Guardò l’orologio e spense lo schermo del cellulare. Sei minuti alle dieci. Il supermercato dietro l’angolo avrebbe chiuso entro pochi minuti. In quel momento gli cadde lo sguardo sulla propria immagine, che si rifletteva, grazie alla luce dei lampioni, su una finestra degli uffici dell’istituto finanziario al lato opposto della strada. Scrutò il proprio corpo snello, con la giacca a vento leggera. I jeans stretti mettevano in risalto i fianchi. Ai piedi aveva scarpe da ginnastica nuove. Aveva deciso di lasciar crescere i capelli chiari. Era un bel ragazzo e poteva permettersi di indossare più o meno quello che voleva. Era sempre stato così. Da bambino era magro e non parlava mai con gli sconosciuti. Era difficile spiegare quello che era successo, appariva tutto come una serie di immagini a brandelli. Dopo quei fatti, lui era diventato un altro. Portava un segreto dentro di sé, ma adesso aveva avuto una nuova possibilità, e un nuovo lavoro, nel negozio di articoli sportivi di Grensen. Aveva chiuso per sempre con quella rompiscatole di sua madre, che lo assillava di continuo coi compiti.
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Il motociclista aveva ritirato su il cavalletto, era uscito dal posteggio e ora se ne stava dritto sulla moto con i piedi poggiati sull’asfalto pieno di buche misto a un fondo di sampietrini. Il ragazzo stava andando al supermercato, com’era sua abitudine a quell’ora. Le dita strinsero forte il manubrio. Il giorno prima era uscito con degli amici. L’adrenalina aveva un odore piuttosto intenso, per lo meno quando si mischiava al cuoio. Avevano osservato Andreas Lindeberg e Glenn Haug per un paio di settimane, facevano parte del piano. Il fratello aveva detto che quella sera sarebbe dovuto succedere qualcosa, non potevano continuare con quei pedinamenti. Capitava sempre più di frequente che uscisse incollerito a portare fuori il cane.
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Nel supermercato la luce era bianca, forte, come quella dei neon in una sala operatoria. Andreas prese un carrello, anche se non doveva comprare granché. Le strisce delle réclame erano troppo intense, di un verde quasi psichedelico. Lui odiava la pubblicità, come la voce dell’uomo che su TV3 gridava che nessun idiota poteva fare a meno degli elettrodomestici Lefdal. Prese una Pepsi Max dal frigorifero, una mela nel reparto frutta e verdura, e si mise in coda alla cassa. Aveva fame, ma quando si trattava di fare la spesa proprio non ce la faceva: per lui l’aspetto fisico contava così tanto che aveva paura di ingrassare. E poi era meticoloso, nell’appartamento regnava un ordine maniacale e c’era odore di vernice fresca.
La donna in fila davanti a lui aveva con sé un bambino rompiscatole che le stava aggrappato all’impermeabile e che avrebbe dovuto essere a letto da un pezzo. Ad Andreas i mocciosi urlanti non piacevano. Attraverso la vetrina vide un furgone scuro costeggiare il marciapiede e fermarsi, mentre il motociclista di poco prima gli si accostava. La portiera si aprì e gli uomini scambiarono qualche parola.
I giornali erano in mostra sull’espositore. Il quotidiano finanziario «Dagens Næringsliv» aveva schiaffato in prima pagina la notizia che le ricchezze petrolifere della Norvegia stavano finendo dritte nel cesso. L’«Aftenposten» riportava il titolo Il museo di Munch rischia il crollo, ma dava anche risalto a un grosso articolo sull’Isis e l’ondata di profughi che si stava riversando sull’Europa. Il «VG» aveva argomenti ben più importanti da mettere in primo piano: “Ecco perché ho scelto il silicone e Come migliorare la vostra vita sessuale”.
La ragazza alla cassa sollevò lo sguardo su di lui, rivolgendogli un fugace sorriso. Lui le chiese le sigarette e in cambio ricevette una tesserina.
Suo padre era passato dall’appartamento quel pomeriggio. Gli piaceva vedere che suo figlio teneva tutto in ordine, queste erano le cose che contavano per i genitori. Era un appartamento piccolo ma grazioso, tutto bianco, con tanti bicchieri su una mensola sopra la cucina. Il fatto che avesse lasciato la scuola era stato uno shock per i suoi genitori. Andreas capiva la madre e la sua delusione. Non è perché è una signora snob. Una nauseante sensazione di vergogna lo assalì. I suoi genitori si erano insospettiti quando aveva lasciato il secondo lavoro, ma non ne sapevano il motivo. Aveva diciotto anni, era maggiorenne, perché mai aveva ancora tanta paura dei genitori? Non era mica un robot programmabile a piacimento.
Prese il pacchetto di sigarette dal distributore vicino alla porta, poi uscì. Rimase per un istante nel quadrato di luce della vetrina del supermercato. Il furgone era sparito.
Passò un tram e Andreas attraversò la strada; in pochi, grossi morsi mangiò la mela e gettò il torsolo nel vaso di una pianta di plastica collocata di fronte a un centro commerciale. Poi svitò il tappo della Pepsi Max e ne bevve qualche sorso. Quel giorno al lavoro si era sentito stanco e aveva avuto la nausea, perché la sera prima era uscito con degli amici. Erano andati al locale gay London Pub, ma alla fine erano stati scoperti e buttati fuori, mentre ridacchiando e urlando inserivano le monete nel juke-box per la quinta volta. Avevano messo Gimme! Gimme! Gimme! A Man After Midnight degli Abba. E non erano omosessuali. Sentì il trillo di un SMS in arrivo ed estrasse il telefono dalla tasca. Era uno degli amici del giorno prima, che voleva che uscisse con loro anche quella sera, ma questa volta Andreas declinò l’invito. Il mattino dopo doveva lavorare.