Epilogo
Pella, regno di Macedonia, 360 a.C.
2121 anni prima…
Quando il rostro in bronzo della trireme entrò nel golfo di Termaico, sull’Egeo, il sole del ventesimo giorno era già alto nel cielo.
Dopo la morte in mare di Archita, Timeo di Mnesagete aveva preso il comando della nave. I centoventotto rotoli che avevano a bordo non erano stati distrutti come avrebbe desiderato il loro maestro. D’altra parte, non potevano essere riportati nella Magna Grecia, perché non tutti avrebbero creduto che la morte dello stratego fosse stata un incidente.
Dove andare quindi? Dove potevano essere nascosti scritti tanto potenti da consentire di prevedere il futuro?
La risposta era soltanto una: collocarli in bella vista tra altre migliaia, se non milioni di rotoli, che contenevano il sapere dell’umanità. Quale posto migliore se non una biblioteca, magari quella di un giovane monarca da poco incoronato?
Appena la trireme ebbe attraccato alla banchina, con l’acropoli che svettava sotto le cime verdeggianti della Bottiea, Timeo supervisionò i marinai che scaricavano i rotoli.
Non poteva sapere quale sorte sarebbe toccata loro negli anni e nei secoli successivi, troppo lontani perché lui si avventurasse in previsioni. Non poteva immaginare che sarebbero sopravvissuti a incendi, guerre e carestie. Non poteva neppure vaticinare che alla fine, duemila anni dopo, sarebbero stati trascritti in un libro in miniatura, poi inserito in una gemma.
Tutto ciò che gli interessava in quel momento era invece usarli a suo vantaggio: per vendicare la sua famiglia massacrata dai persiani innanzitutto, ma anche e soprattutto per trarne profitti, notorietà, denaro e prestigio personale.
«Timeo!», si rivolse a lui un ufficiale, «un emissario ti attende per condurti a Palazzo. Il re è ansioso di conoscerti».
Il matematico annuì, lisciandosi la veste gualcita per il lungo viaggio. Filippo II, della dinastia degli Argeadi, era il diciottesimo re di Macedonia, da poco asceso al trono. Era stato il soggetto inconsapevole di numerose “ipotesi” di Archita, ancora prima che indossasse il diadema e quando il maestro era ancora in sé.
Il monarca non poteva certo immaginarlo, ma lui invece sì: entro pochi anni avrebbe generato un erede, che su suo consiglio avrebbe chiamato Aléxandros. Grazie alle previsioni di Timeo, il giovane condottiero avrebbe sconfitto l’odiato l’Impero persiano e sarebbe stato ricordato per sempre come Alessandro Magno.