68

Venerdì mattina presto, una pallida Kate si trovava nella stanza dell’Udi con gli occhi inespressivi, mentre Bernie rientrava dalla cella di custodia. «Si rifiuta di parlare prima di vederti. Non sei costretta a farlo. Io dico di lasciarlo lì a ribollire, il bastardo.» Bernie la guardò. Kate era rivolta verso la pioggia che batteva sui vetri. Squillò il telefono. Kate sobbalzò, con gli occhi spalancati, mentre Bernie sollevava il ricevitore e parlava, guardandola. «Bernie W… Sì, sì… Bene. Okay, grazie per averci avvisati, cara. Verremo a trovarlo.» Riappese mentre Kate lo fissava. «Joe ha ripreso conoscenza. Possiamo andare a trovarlo stasera.»

Con un sospiro di sollievo, Kate chiuse gli occhi, poi si alzò, avvicinandosi alla lavagna: Joe aveva scritto qualcosa riguardo a due voci che aveva sentito e poi collegato. Sollevando lo sguardo verso Bernie, disse: «Hai visto queste? Hai capito?». Bernie annuì. Lei si raddrizzò, cercando di respirare normalmente. Le sembrava di non essere riuscita a farlo per ore intere. «Vado da lui. Voglio che parli.»

L’agente di turno la fece entrare nella stanza per gli interrogatori, poi si mise di fianco alla porta, si voltò e rimase in attesa. Wellan era già lì. Kate andò dov’era seduto con un braccio appeso al collo, che toccò quando lei si sedette di fronte a lui. «Grazie mille» disse, guardandola.

Kate ricambiò lo sguardo, sapendo bene che gli aveva fatto poco più di un graffio. «Che cosa vuole?»

Il viso dell’uomo assunse un’aria fintamente triste. «Non mi dica che non siamo più “compari accademici”.» Kate si alzò e Wellan sollevò il braccio buono. «Aspetti

«Che cosa vuole?» ripeté lei.

«Si sieda. Voglio che faccia qualcosa per me…»

«Come…» Kate strinse le labbra, fissandolo, studiandolo. «Io voglio delle risposte.»

Lui scosse la testa. «Non ho risposte da darle. Non dirò niente fino all’interrogatorio.»

Kate lo guardò in viso, concentrata. «In questo caso, le risposte le troverò da sola, come hanno fatto Bernie… e Joe.» L’uomo la scrutò mentre Kate si sedeva di nuovo, pronta a parlargli. «Nathan era arrabbiato quando venne al ricevimento studenti, vero? Per via di ciò che gli aveva detto Cassandra. Per ciò che le aveva fatto il padre.» Wellan rimase seduto senza muoversi. «Nathan venne in studio da lei con un programma. Andare a Hyde Road e affrontare Henry. Minacciarlo di chiamare la polizia.» Si sporse in avanti, abbassando la voce. «E quando lei glielo sentì dire, si sentì in dovere di fermarlo.» Kate tornò ad appoggiarsi allo schienale. «Come ha fatto? Gli ha messo il litio nella cioccolata calda per non fargliene sentire il sapore? Per fargli venire un po’ di sonno, così l’avrebbe controllato meglio? Una volta a Hyde Road, lei cercò di persuaderlo a non parlare con la polizia.» Kate lo guardò disgustata. «Poi, visto che non collaborava, avete avuto una colluttazione, lei l’ha sottomesso e si è fatto aiutare da Henry a metterlo in macchina.» Scosse la testa. «Non dev’essere stata una gran fatica, considerando il litio e magari anche l’alcol che eravate riusciti a fargli mandare giù.»

Wellan stava fissando il soffitto con fare rilassato. Poi spostò lo sguardo su Kate. «Quando è uscito dal ricevimento studenti stava bene.»

Kate si sporse in avanti talmente di colpo che ebbe il piacere di vederlo sussultare. «A parte il litio, può anche darsi che sia vero, ma se lei non l’ha ucciso, perché ci ha mentito? Alla fine dell’incontro Nathan le disse che stava andando a casa a controllare se era arrivato qualcosa che gli aveva spedito suo padre?» Wellan la guardò e Kate vide che stava tentando di indovinare come avesse fatto a capirlo. «Prima di accompagnarlo a Hyde Road, lei si è offerto di portarlo a casa per andare a prendere quel qualcosa, che nel frattempo era arrivato. Nathan lo mise nel portafoglio che lasciò nella stanza, poi tornò in macchina con lei. Non le disse mai di che cosa si trattava, vero?» Ora Kate aveva ottenuto la totale attenzione di Wellan. «Era un biglietto di andata e ritorno, quello che lei ci disse che Troy le aveva mostrato quel pomeriggio, durante l’incontro.» Vide Wellan stringere le labbra e scuotere la testa. «Impossibile. Non ce l’aveva ancora.»

Wellan si mise le mani sul viso, se lo strofinò vigorosamente e poi le lasciò cadere sul tavolo, dove si misero a tremare. Kate immaginò che volesse una sigaretta. Lui la guardò. «Adesso mi lasci dire che cosa voglio…»

«No. Uno dei fattori più importanti in tutta questa storia è che Nathan Troy aveva un forte senso del bene e del male. La sua prima reazione è stata eliminarlo. Poi ha fatto la stessa cosa a un ragazzino che sospetto non conoscesse nemmeno. L’unica ragione per cui Bradley Harper doveva morire era che aveva una cosa che era appartenuta a Henry e che lei non riusciva a trovare.»

«Non sapevo niente di Henry Levitte né dei suoi interessi.»

Sentendolo pronunciare tranquillamente quelle parole, Kate fece un cenno di assenso. «È questa la linea che intende tenere durante l’interrogatorio? Quella era un’altra cosa che non riuscivo a capire. Come fosse possibile che lei sembrasse non sapere praticamente niente di Henry Levitte nonostante foste colleghi da anni.» Kate lo guardò in faccia, prendendo dalla tasca l’orologio dal cinturino di pelle nera e sollevandoglielo davanti agli occhi. «Non capivo neppure come fosse possibile che qualcuno a cui evidentemente piacevano gli articoli costosi sostenesse di non essersi accorto che Henry Levitte portava un IWC.» Wellan aveva fatto una smorfia e si era ingobbito. «Le chiesi se si ricordasse di aver visto Levitte con indosso “un anello o un orologio” e lei rispose di non ricordare “né un orologio, né un anello”.»

Wellan si voltò a guardarla, accigliato. «E allora?»

Kate lo scrutò. «Il cambiamento nell’ordine delle parole era un’indicazione di quale dei due oggetti era il più significativo per lei: l’orologio. Quello che lei indossava quando nascose Nathan Troy sotto il pavimento del capanno sul lago.»

Wellan rivolse lo sguardo oltre Kate, osservando l’agente. «Ho finito.» Si alzò e l’agente si avvicinò.

«Ha detto che voleva che facessi qualcosa, no?» disse Kate. «Di qualunque cosa si trattasse, probabilmente non la farò, ma se lei adesso se ne va, posso garantirle che non la farò mai.» Wellan la fissò in silenzio e poi si rimise a sedere, distogliendo lo sguardo.

«Bene» disse lei piano. «Perché adesso arriviamo a Cassandra.» L’uomo buttò la testa all’indietro, sospirando, lo sguardo fisso nel vuoto. «Una volta arrivato al Woolner, non ci ha messo molto a rendersi conto della situazione, a riconoscere la vulnerabilità di Cassandra e il potenziale che tutto questo poteva avere per lei. La sua motivazione in tutto questo sono sempre stati i soldi, ma non le è neanche dispiaciuto usarla. Quando rimase incinta le disse di indicare Johnson come padre e poi la costrinse ad abortire.» Wellan tornò a guardare Kate, aprendo la bocca, ma lei lo fulminò. «Non provi a negarlo! Ce lo ha detto. Cassandra ha parlato e noi l’abbiamo ascoltata. Sappiamo come ha usato l’Occhio per controllarla e spaventarla in modo che non dicesse a nessuno ciò che sapeva. Grazie a lei, ora quella donna è un ricettacolo vivente di disturbi post-traumatici da stress.» Kate si interruppe, sentendo che non riusciva più a controllare la rabbia che provava.

«Non potete sapere tutte queste cose. Non credo che Cassandra abbia detto niente di tutto ciò.»

«E invece sì.» Kate infilò di nuovo la mano in tasca e ne estrasse un altro oggetto che sbatté sul tavolo. Wellan fissò la Montegrappa. «Mi ha chiesto di dargliela. Ormai è libera dalla sua morsa.» Prima che l’uomo potesse prenderla, Kate afferrò la penna e se la rimise in tasca, guardandolo. «Anche Johnson e Buchanan hanno parlato. Hanno sempre sospettato che Henry Levitte non fosse una brava persona, ma, come tanti, avevano ignorato quell’aspetto perché ce n’era un altro da cui invece traevano beneficio: a Levitte piaceva dispensare potere. Adorava la stima che gli altri mostravano nei suoi confronti quando “aiutava” qualcuno, quando concedeva favori. Sia Buchanan che Johnson accettarono l’offerta: una carriera facile e ottime opportunità d’affari per Buchanan e una rapida ascesa accademica al Woolner per Johnson. Buchanan avrebbe fatto fortuna grazie a un’azione compiuta quando era ancora studente, quando testimoniò di aver avvistato Nathan per far pensare che fosse ancora vivo e in salute giorni dopo la sua morte. Ingolosito dalla prospettiva, Buchanan accettò, anche se probabilmente non si rese davvero conto di ciò a cui aveva acconsentito. Johnson invece si era reso utile, a quel tempo, controllando Cassandra. Non è chiaro se si fosse reso conto dello scopo delle sue azioni: Cassandra non andava controllata perché volevano proteggerla, ma per assicurarsi che non riuscisse a stabilire dei legami con persone con cui poi avrebbe potuto parlare, persone che avrebbero potuto ascoltarla. Levitte scelse Johnson perché non c’era alcun rischio che la sfruttasse dal punto di vista sessuale.» Wellan teneva lo sguardo fisso sul pavimento. Kate lo stava guardando in faccia. «L’ultima azione con cui Buchanan e Johnson hanno “ripagato” Levitte è stata quella di non collaborare con le nostre indagini.»

«Quei due» ringhiò Wellan, beffardo. «Entrambi inutili sfruttatori. Loro e Roderick. Non mi dica che quello se la cava senza accuse.»

«È accusato di aver aggredito sessualmente Bradley Harper.»

Wellan distolse lo sguardo, la mano tremante sulla bocca. Kate immaginò che stesse pensando all’interrogatorio incombente. «Quindi questo è tutto ciò che avete?»

Kate scosse la testa. «Oh, no. Abbiamo lei. Mi sembra interessato a ciò che sta succedendo ad altre persone in questa situazione. Non vuole sapere che cosa accadrà a sua sorella?»

«No, grazie. Non mi interessa.»

Wellan era sempre più irrequieto e Kate immaginò che stesse morendo dalla voglia di fumare. «Lei non ha capito da solo che cosa stesse succedendo al Woolner. Qualcuno l’ha aiutata. Le ha indicato la direzione giusta. Qualcuno che non era direttamente coinvolto ma che doveva aver sospettato ciò che stava accadendo. Prima di venire a cercarla al Woolner, il tenente Corrigan aveva scritto qualcosa sulla lavagna che abbiamo di sopra.»

«E questo in che modo avrebbe a che fare con me?» domandò lui con voce stanca.

«Glielo spiego subito. C’è qualcosa che non sa di Joe Corrigan. Oltre a essere un agente di polizia è anche un musicista. Ha “orecchio”.» Kate si chinò in avanti. «Ci è voluto uno straniero e con un bell’orecchio come il suo per sentire davvero il suono della sua voce e di quella di Theda. Ha scritto una domanda: “Vengono dallo stesso posto?”.» Si appoggiò di nuovo allo schienale, fissandolo. «Ha indovinato il collegamento.»

«Adesso passiamo a parlare di quello che voglio…»

«Non prima che mi abbia detto perché è dovuto morire anche Joel Smythe. Noi pensiamo che Troy gli avesse detto ciò che Henry Levitte aveva fatto a Cassandra.»

Wellan si fece rosso in viso. «È quello il problema dei bacchettoni come Troy! Parlano a destra e a manca e non si fermano mai a pensare che quello che dicono potrebbe avere degli effetti indesiderati.» Si fermò e si asciugò la bocca con il dorso della mano.

Kate annuì. «Capisco. Troy ha detto a Joel ciò che sapeva e… non si è reso conto dell’effetto che gli ha fatto?» Wellan non disse nulla. «Forse Joel aveva vissuto un’esperienza simile durante l’infanzia e le parole di Troy ebbero un considerevole impatto su di lui?» Kate sapeva che non sarebbe arrivata una conferma, ma sapeva anche che quella era una spiegazione plausibile per l’improvviso crollo di Joel Smythe.

Voleva andarsene, ma c’era un ultimo fatto di cui parlare. «Stuart Butts ha detto…»

«Stuart Butts è un bugiardo che ucciderebbe sua madre se pensasse di poterla scampare!» Wellan la incenerì con lo sguardo. Era infuriato. «Scapperà prima che inizino i processi. Sempre che inizino.»

Fece una risata aspra. «Oh, certo. Non penso proprio che il piccolo bastardo si rimetterà sulla retta via per diventare un bravo cittadino. Ve l’ha detto che era lui a reclutare i ragazzini?»

«Ci ha parlato di lei. Lei organizzava tutto per Henry Levitte. Lei gli ha dato la possibilità di agire come ha agito. Lei adescava i minorenni nei centri ricreativi, li attirava offrendo loro lezioni di disegno, poi droga, poi denaro.»

Vide Wellan alzarsi in piedi. Aveva finito e non voleva mai più rivederlo. Lo guardò attraversare la stanza mentre sentiva riaffiorare alla memoria delle parole che aveva dimenticato. «Che cosa intendeva quando ha detto di aver bisogno di un altro paio d’anni al Woolner? Per fare cosa?» L’uomo si fermò, ma senza voltarsi. Con la fronte corrugata, Kate guardava l’uomo di spalle. «Voleva altri soldi? Dopo tutti quelli che aveva accumulato grazie a Levitte, oltre a quelli estorti agli “ospiti” delle feste a Hyde Road – che contatteremo – non erano ancora abbastanza?» Vedendo che Wellan si voltava, Kate si fermò. «Dove sono? Dove sono tutti i soldi?»

«Non saprà niente da me.»

Kate si sporse in avanti, fissandolo, rivedendo con la mente i dettagli di un ritratto che aveva notato nel suo studio. Una giovane donna dalla pelle olivastra con un neonato in braccio. Dubitava di quanto le aveva detto Wellan, cioè che il dipinto era di una sua studentessa. «Ancora due anni… e si sarebbe trasferito altrove. Costruendosi una nuova vita.»

Wellan si fece cupo in viso. «Ho un’ottima squadra di avvocati che mi difenderanno.»

«Allora pensi a questo» disse Kate, alzandosi. «Se c’è qualcuno che l’aspetta, una donna, una moglie in Grecia – o in Italia? – verrà a sapere di questa indagine molto presto. E quando lo saprà, si prenderà tutti i suoi soldi e qualunque altra cosa abbia messo da parte e poi scomparirà.» Guardò il viso irrigidito dell’uomo. «E quando non avrà più soldi, i suoi avvocati saranno ancora disposti a difenderla?»

Kate attraversò la stanza, diretta alla porta. Lui la guardò mentre la apriva. «Volevo che facesse una cosa per me, si ricorda?»

«Vada all’inferno» disse Kate, senza fermarsi, mentre l’agente di custodia si avvicinava a Wellan e lo prendeva per un braccio.

«Non è per me. Lo farà? Kate

Sollevando lo sguardo, Bernie vide entrare Kate, si alzò e andò ad accendere il bollitore, guardandola mentre si metteva a sedere, i gomiti sul tavolo, le mani sulla bocca. Tornò con una tazza di tè e gliela mise davanti. Lei ne bevve un sorso, tenendo gli occhi bassi.

«Tutto bene, Doc?» Lei fece di sì con la testa. «Che cosa voleva Wellan?»

Kate si mise comoda. «È molto preoccupato. Per il futuro benessere del suo cane.»

Ci fu un breve silenzio, interrotto da Bernie. «Vuoi venire con me o devi tornare a casa?»

Lei guardò l’orologio. «Kevin è a casa con Maisie.» Sollevò gli occhi. «Dove vai?»

«Dai Troy, per raccontargli che cosa sta succedendo, e poi da Debbie Harper. Dopodiché arriverà anche l’ora in cui possiamo andare a trovare Joe.» Kate prese il cappotto.

Niente di umano
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