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Nella luce calante della stanza dell’Udi, Kate era accanto alla lavagna, con gli occhi fissi sui colleghi seduti al tavolo. Sembravano spossati quanto lei. «Sulla base delle informazioni ricevute oggi, sono restia a escludere che Noonan abbia ucciso Nathan Troy. Non è stato abbastanza categorico nel negarlo. Ho riesaminato ciò che ha detto. Può darsi che abbia le sue ragioni per negare l’uccisione di Troy, così come ne avrà per negare l’omicidio di cui ci ha parlato Ellen. Dobbiamo far perlustrare il parco.» Guardò entrambi i colleghi.
Bernie sostenne il suo sguardo. «Stai dicendo che dovremmo metterci a vagare per quel cavolo di parco, per non so quanti cavolo di chilometri, in cerca delle opere di quel bastardo?» Si appoggiò al tavolo, sostenendosi la testa con un pugno. «Ricerche come questa, che costano un occhio… però gli piacciono gli orologi costosi.»
Joe stava indicando la lavagna. «Qual è il significato di “tempo presente-passato”?»
Kate sollevò lo sguardo verso le parole. «È questo che in parte mi porta a chiedermi se Noonan abbia ucciso Troy. Quando gli ho mostrato la fotografia, la sua risposta è stata “non è” fatto per il lavoro fisico. Poi si è corretto da solo dicendo “non era”, ma quando ha parlato delle vittime che lui stesso ha ammesso di aver ucciso lo ha fatto nello stesso modo… come se fossero ancora vivi.»
«E stare lì a esplicitare ogni possibile significato di quelle poche parole che cosa ti ha fatto capire, stavolta?»
Kate si avvicinò al tavolo e guardò Bernie dritto negli occhi. «L’uso del presente per le sue vittime è legato al fatto che queste, ancora oggi, occupano regolarmente le sue fantasie: che aspetto avevano, che cosa ha fatto loro. È il suo modo di “tenere” le sue vittime con sé. È un passatempo. Sto dicendo che Troy potrebbe essere un’altra sua vittima perché ne ha parlato negli stessi termini. È una spiegazione abbastanza esplicita per te?»
Bernie sembrava pensoso. «Però mi è sembrato convinto quando ha detto che non gli piaceva il modo in cui era stato lasciato Troy… inoltre, lui le sue vittime le strangolava con le mani.»
Kate annuì, tornando alla lavagna. «Ma di questo abbiamo già parlato, no? Spesso i recidivi cambiano modo di operare. Perlustrare il parco è probabilmente l’unico modo che abbiamo per capire se Noonan sia mai stato “attivo” da quelle parti. Se vengono rinvenuti dei resti che mostrano caratteristiche tipiche del suo metodo, potremmo legittimamente concludere che possa aver ucciso Nathan, magari modificando alcuni comportamenti, forse per ragioni pratiche.»
«E da qualche parte tu hai sentito dire che qui in polizia ci sono soldi da buttare?» gracchiò Bernie, alzandosi dal tavolo. «Sì, sì, okay. E se ci prendessimo un tè? Faccio io.»
Joe stava allungando il braccio per prendere il telefono. «Chiamo Adam. Gli chiedo se si può fare una ricerca con gli infrarossi. Impiegherebbe meno personale.» Compose un numero interno. «Adam? Joe. Ci serve aiuto, una ricerca nel Woodgate Park per vedere se ci sono corpi sepolti clandestinamente. Dici che il georadar potrebbe essere utile?» domandò, passando la chiamata in viva voce.
La voce di Adam si diffuse per l’Udi. «Dipende, perché praticamente manda delle onde elettromagnetiche nel terreno e poi calcola il tempo tecnico del rimbalzo. Idealmente servirebbe un buon contrasto tra l’oggetto ricercato e il terreno che lo circonda, dunque vanno considerate delle variabili: tipo di terreno, per quanto tempo è rimasto sepolto il corpo, se è nudo o vestito. Per l’esperienza limitata che abbiamo avuto finora, ti posso dire che se è vestito o avvolto in qualcosa i risultati sono migliori.»
Con un cenno di assenso, Kate si avvicinò al telefono, pensando alla descrizione delle sepolture data da Noonan. «Ciao, Adam. Stiamo pensando a cadaveri sepolti da più di sei anni e quasi certamente avvolti in lenzuola. Quanto al tipo di terreno del parco» guardò i colleghi «non ti sappiamo dire niente, ma pensi ci siano probabilità di successo nel caso ci fossero effettivamente dei corpi da ritrovare?»
«L’inverno è il momento migliore per queste cose, ma sei anni sono parecchi. Inoltre, il parco è grande. Avete individuato una possibile area di ricerca, tenendo a mente che le radici degli alberi possono costituire un problema?»
Kate ci pensò su. «La porzione di terreno intorno al lago, ma è solo un tentativo.»
«Okay, lasciate fare a me. Quando segneremo l’area, faremo anche una perlustrazione visiva. Dovrò chiedere l’autorizzazione, però.»
Kate si incupì. «A chi?»
«A Facciadiculo, purtroppo, ma non perdiamo subito le speranze, dai. Vi faccio sapere tra qualche giorno.»
Bernie appoggiò il vassoio sul tavolo, passando le tazze fumanti a Kate e a Joe e poi prendendone una per sé. La faccia da bulldog con l’influenza era scomparsa. «Rilassati, Doc. Aspettiamo e vediamo che cosa succede.» Ingollò il tè. «Mia mamma teneva sempre il bollitore sul fuoco. C’era sempre una teiera pronta. Diceva che serviva a diluire i guai. E guarda che il tè di mia mamma si poteva tagliare con il coltello.»
Dopo un breve silenzio, Kate posò la tazza e guardò i colleghi. «Visto che per il momento non possiamo fare nient’altro per la questione Noonan, che ne direste di considerare un’altra possibilità?» Si avvicinò alla lavagna. «Avete visto gli appunti che ho scritto in merito al mio incontro con Roderick Levitte?» I due annuirono e Kate procedette a illustrare la possibilità che Roderick fosse direttamente coinvolto nell’omicidio di Troy, o quantomeno informato al riguardo.
Joe si appoggiò allo schienale della sedia, incrociando le mani dietro la testa. Quando Kate finì, disse: «Mi sto chiedendo quanto sia probabile che l’assassino sia lui. Mi pare un tipo troppo incostante. La mia sensazione sull’omicidio Troy è che sia stato eseguito con freddezza».
«Io ho già detto che questo Roderick mi sembra pazzo» sbuffò Bernie.
Kate guardò Joe, oltre il tavolo. «Io sono convinta che sia lui il “Rod” citato da Rachel Troy. Può sembrare un tipo strano, ma questa non è una ragione per escluderlo dalla lista dei possibili indiziati. Il modo in cui si è presentato e il suo atteggiamento sono indicativi di una personalità emotivamente instabile. Pensa a persone e situazioni in termini di bianco o nero, giudica tutto in base a criteri estremi: buono-cattivo, meraviglioso-disastroso, con lui-contro di lui, e tende a cambiare queste opposizioni varie volte in lassi di tempo brevissimi. È sospettoso e malfidente e probabilmente anche un po’ paranoico.» Kate abbandonò la lavagna e si avvicinò al tavolo. «Non possiamo escluderlo. Il suo atteggiamento nei confronti di Nathan Troy era vetriolo puro. Lo ha descritto usando le parole “deprecabile” e “spregevole”. Ha detto che Troy lo ripugnava e schifava e che non era adatto a frequentare il Woolner College, forse suggerendo anche che non fosse adatto a “vivere”.»
Bernie posò la tazza. «Quella parte ha catturato la mia attenzione, anche se è un’altra opinione su Troy che non combacia con quelle degli altri.» Guardò Kate, aggrottando la fronte. «Aspetta un minuto. Le parole che ha usato… Pensi suggeriscano che Troy avesse dei problemi a livello sessuale?»
L’attenzione di Kate si spostò dalla lavagna ai colleghi. «È esattamente quel che penso, Bernie, ma se provassimo a non focalizzarci su Nathan? Innanzitutto considera questo: la maggior parte di noi è consapevole del proprio funzionamento interno – i nostri pensieri, le nostre motivazioni, i nostri interessi… giusto? Che cosa succede se sul piano morale li percepiamo ripugnanti al punto di sentirci davvero in ansia e a disagio? Che cosa facciamo?»
Gli occhi di Joe erano fissi in quelli di Kate. «Se ricordo bene i miei rudimenti di psichiatria… li proiettiamo su qualcun altro?»
Kate annuì. «Esattamente. Questo ci porta dritti al mio secondo punto: io credo che le parole di Roderick Levitte su Nathan Troy siano una sua proiezione.» Vedendo il viso di Bernie contrarsi in una smorfia, Kate continuò. «È un meccanismo di difesa psicologica. Lui sta così male per le idee e i desideri che ha, che considera disgustosi, che deve attribuirli a qualcun altro. Nel caso di Roderick Levitte penso che quel qualcuno sia Nathan… anche se, di mio, non sono una freudiana.»
«Non sia mai» borbottò Bernie.
«È un modo pratico di prendere le distanze da tutta l’angoscia causata dai pensieri deviati che stanno nella sua testa.»
Bernie le lanciò un’occhiata. «E questo dove ci porta, esattamente?»
«Questo ci parla di Roderick come persona, così come la sua personalità ci parla di lui. È un tipo che può essere impulsivo e spericolato. Ne ho avuto conferma quando l’ho incontrato: aveva sulla scrivania delle ricevute di scommesse e un bicchiere, e il suo aspetto fisico conferma le mie impressioni. È stanco, in sovrappeso, trasandato e incapace di compiere azioni semplici. Sospetto che beva regolarmente per consolarsi. In breve, è malconcio e probabilmente depresso.»
Bernie si imbronciò. «Ti ha detto che Troy aveva delle idee equivoche, delle idee schifose, ma che in realtà quelle idee sono sue? Dunque Roderick Levitte potrebbe essere un pederasta?»
Kate posò il pennarello. «È sicuramente un altro indiziato. Rachel Troy ci ha detto che c’erano dei contrasti fra lui e Nathan. Mi immagino che una ventina di anni fa Roderick Levitte bazzicasse il Woolner, forse crogiolandosi nella luce riflessa del padre, professore ed eminente artista, e che con ogni probabilità detestasse qualunque studente lo facesse sentire inadeguato. Come Troy. Non possiamo escludere che a quel tempo avesse grosse difficoltà a gestire i suoi pensieri e le sue emozioni e che fosse invidioso di Nathan Troy. Sarebbe una combinazione potente.»
Kate si sedette sul tavolo. «A proposito, si è lasciato sfuggire dove si trova ora sua sorella Cassandra: una struttura psichiatrica privata di nome Hawthornes, a Edgbaston. Dobbiamo farle visita. Il prima possibile.»
Bernie si frugò in tasca. «Quando hai parlato di Troy nel periodo in cui stava al Woolner mi hai fatto venire in mente che ho ricevuto una telefonata da Billington, il giornalista, riguardo alle ultime occasioni in cui è stato visto.» Tirò fuori un foglietto. «Sentite qua. Una volta è stata il dieci novembre 1993… il colloquio di orientamento di Troy con il suo tutor, il tuo amico Wellan. L’ha riferito lui nel corso delle precedenti indagini sul caso. Billington dice che era stato visto anche un’altra volta, da Alastair Buchanan. Sembra che all’epoca avesse rilasciato una dichiarazione in cui diceva di aver visto Troy il tredici novembre, mentre usciva dal campus diretto a Linden Road con uno zaino in spalla. Questo è l’ultimo avvistamento che Billington è riuscito a ricostruire.»
Mentre Bernie si avviava verso la lavagna per aggiungere questi dettagli, Kate e Joe si scambiarono un’occhiata. «Buchanan non ce lo ha detto» disse lei.
«Gli ho telefonato e gliel’ho chiesto» disse Bernie. «Stando a lui, se l’è “dimenticato”, e inoltre voi due non glielo avete mai chiesto.»
Joe aggrottò la fronte. «Rompipalle.»
«Era certo che fosse Troy?» domandò Kate.
«Ha detto che era lui.»
«Ci sta prendendo in giro» mormorò lei.
«Non credo che gli siamo piaciuti, Rossa.»
«Non gli sono piaciuta io. Rimane tra gli indiziati.»
Dopo aver aggiunto alcune parole alla lavagna, Bernie tornò al tavolo. «Billington mi ha detto che al tempo dell’assassinio nessuno dei giornalisti che stavano seguendo la storia riuscì mai a rintracciare Joel Smythe, e lo stesso vale per la polizia. Sembra che sia sparito dalla circolazione più o meno nello stesso periodo di Troy.»
Kate rifletté ad alta voce. «Se la testimonianza di Buchanan è affidabile, dove stava andando Troy il tredici novembre?» Sollevò lo sguardo verso Joe. «Ti ricordi che cosa ha detto Bill Troy sul fatto che lui e Nathan avevano in programma di fare una gita insieme?» Guardò l’orologio. Erano le cinque del pomeriggio. Doveva andare a casa. Cercò delle informazioni sulla lavagna, poi sfogliò in fretta le pagine del quaderno e infine si fermò. «Ecco. Bill Troy ci ha detto che lui e Nathan dovevano fare una gita insieme a Londra, che avevano pianificato per…» girò la pagina «oh, l’undici novembre. Bill ha detto che aveva comprato i biglietti ma che non erano mai riusciti a partire, perché Nathan non si era presentato in stazione.» Kate si appoggiò di nuovo allo schienale della sedia. «Quindi questo dove ci porta…» Si alzò. «Non mi importa un accidenti di quello che dice di aver visto Buchanan. Non mi fido di lui. Se non teniamo conto della sua dichiarazione e Nathan non è più stato rivisto dopo il dieci, significa che il tredici magari era già morto.»
Joe annuì. «Come hai detto prima, Buchanan rimane l’indiziato numero uno.»