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Preoccupata, controllando l’orologio, Kate camminava per la casa silenziosa. Maisie non era ancora arrivata, ma sarebbe già dovuta rincasare. Entrò nello studio, la testa affollata di pensieri sugli avvenimenti del giorno, e la sua attenzione fu catturata dal dipinto di Henry Levitte appeso al muro. Distolse lo sguardo e si voltò, incapace di associarne la bellezza a ciò che sapeva sul suo autore. Il telefono dell’ingresso squillò e lei corse a rispondere. Era Whittaker, di turno alla reception di Rose Road. Poteva andare a prendere Maisie, che era stata prelevata al Woodgate Park da alcuni agenti?
Dopo neanche dieci minuti, Kate entrò al quartier generale della polizia. Maisie stava parlando animatamente con un sorridente Whittaker e con la sua collega. Entrambi erano chini sul bancone della reception e la stavano guardando. «Così, poi è arrivato Adam, quello della Scientifica…» Cambiò subito espressione quando vide la madre. «Oh.»
«Che cosa ti è saltato in mente?» sibilò Kate quando fu davanti a lei.
Whittaker spostò lo sguardo da Maisie a Kate. «È tutto a posto, dottoressa Hanson. Gus Stirling era al parco con gli agenti e ha riconosciuto sua figlia, così l’ha fatta portare qui da una macchina non appena…»
Kate lo interruppe. «Non è a posto proprio niente. Non avrebbe dovuto trovarsi lì.» Si rivolse a Maisie. «E mentre torniamo a casa cerca di trovare una spiegazione sul perché hai lasciato la scuola e sei andata in quel posto quando ti avevo espressamente chiesto di non andarci. E fa’ in modo che sia credibile.» Kate girò i tacchi e Maisie la seguì, a testa bassa, salutando con la mano i due agenti sorridenti.
Mezz’ora dopo erano in cucina e Kate stava gettando nel wok le verdure affettate. Maisie aveva dato la sua spiegazione: tutte le sue compagne di scuola sapevano del lavoro di Kate in polizia e sapevano che cosa stava succedendo al Country Park, così Maisie era andata lì con «una delle gemelle strambe». «Stavamo cercando informazioni per un altro articolo che sto pensando di scrivere. Non vedo perché tu debba agitarti tanto. È un luogo pubblico e ci interessava. Siamo andate solo a dare un’occhiata. Per quanto ne sai, potremmo anche aver trovato qualche indizio.»
Kate la guardò, furente. «Quel parco non è sicuro.»
«A dire il vero, mamma cara, quando siamo arrivate c’era già la polizia.» Poi, vista la situazione, Maisie tentò un approccio diverso. «E indovina una cosa? Ho incontrato il tuo amico Adam, quello della Scientifica. Stava facendo una prova con qualche attrezzatura, tipo un piccolo carrello con le ruote. Lo spostava in giro e aveva un favoloso portatile collegato e ho visto come…»
«Taci! Quando ho scoperto dov’eri stata mi sono preoccupata tantissimo. Non capisci?»
«Okay, non c’è bisogno di gridare» borbottò Maisie.
Kate si spostò i capelli dal viso. «Senti, Maisie, non voglio spaventarti, ma in giro ci sono delle persone veramente pericolose. Lo sai già, pensa a che cosa è successo a Chelsey l’anno scorso.» La ragazzina era stata rapita da Harry Creed nel corso della precedente indagine dell’Udi.
«Sì, e credo che non me lo dimenticherò mai. Quella volta non sono andata con Chel e oggi sono rimasta dove la polizia poteva vederci. La Gemella Stramba se l’è data a gambe.»
Anche se era ancora esasperata, Kate capì quel che Maisie le stava dicendo. In generale lei era una persona di buon senso, ma le cose brutte accadono lo stesso, anche a chi sta sempre attento… «Sto solo dicendo che quando ti ordino di non fare qualcosa… non farlo, per favore.»
«Mi dispiace» rispose Maisie, assumendo per un istante un’espressione contrita. «Però mamma, il fatto è che le cose che mi ha detto Adam erano veramente interessanti. Ho deciso! Farò l’antropologa forense.»
Kate stava frugando nei cassetti del freezer. «Ti prego, dammi la forza» mormorò nell’aria gelida.