44
Kate era seduta al tavolo dell’Udi a lavorare su quella che sembrava l’unica pista in loro possesso in quel momento: Henry Levitte. La voce di Bernie interruppe i suoi sforzi. «Prima di dimenticarmene, a che ora dobbiamo passare a prenderti, stasera? Ho detto a Corrigan che gliel’avrei fatto sapere.»
Kate abbassò lo sguardo sull’orologio. «Sei e mezzo. Verrete a prendere anche Julian. Viene a cambiarsi a casa mia. Dov’è Joe?»
«Alla Commissione di valutazione per il suo corso di addestramento alle armi da fuoco. Quanto all’incontro di stasera con Levitte, io e te dobbiamo decidere cosa dirgli e, soprattutto, che cosa non dirgli, perché la mia impressione è che entro le nove di domani mattina quello chiamerà un avvocato. Se non prima, nel caso in cui ne avesse già uno a portata di mano.»
«Tu conosci meglio di me la procedura. Dimmi la tua opinione, così ne terrò conto insieme al profilo psicologico di Henry Levitte e agli obiettivi che vogliamo raggiungere.»
Bernie si strofinò le guance ombreggiate di barba. «Va bene. E non appena avremo pronta una strategia bisognerà informare Goosey.» Prese il telefono. Riappese due minuti dopo. «Passa di qui tra mezz’ora.»
L’attenzione di Kate fu catturata da qualcosa negli appunti presi nel corso della visita a Cassandra Levitte. Seguì con il dito una riga di simboli stenografati, dopo essersi fermata per qualche secondo, sollevò lo sguardo verso Bernie. «Hai mai pensato a quanto sia difficile capire il vero significato delle frasi di qualcuno se la voce è del tutto atona?»
Bernie aggrottò la fronte e si diede qualche colpetto sulle tasche, in cerca di una penna. «Ora che me lo dici, non posso dire di averlo mai fatto.»
Kate fissò gli appunti. Quando l’avevano incontrata, Cassandra aveva preso una notevole quantità di farmaci. Cercò altri segni in particolare. Quando le aveva chiesto delle occasioni in cui Nathan era venuto a casa sua, la donna aveva descritto un momento in cui lei era malata e suo padre era arrabbiato. Kate riguardò le parole testuali pronunciate da Cassandra: «No… Quella volta». Si rivolse a Bernie. «Ascolta queste due frasi. Prima: “No… Quella volta”. Seconda: “No… Quella volta”. Che cosa ne pensi?»
«Sai qual è il mio atteggiamento nei confronti di tutto questo mettere le parole sotto al microscopio» commentò Bernie.
Kate fece appello a tutta la pazienza che aveva. «Questa era Cassandra che parlava di una volta in cui Troy era andato a casa sua. Le ho chiesto se riuscisse a ricordare l’ultima volta in cui le aveva fatto visita. Al momento ho pensato che dicesse, “No, quella è l’unica visita che ricordo”. Invece no. Stava dicendo che la visita che aveva descritto era stata l’ultima! Vedi?»
Bernie andò accanto a Kate per leggere gli appunti, che ai suoi occhi erano solo geroglifici. «Stai dicendo che l’episodio che ti ha descritto era…»
«L’ultima visita di Troy. Esattamente. Ora ascolta che cosa ha raccontato: lei si era ammalata, suo padre era arrabbiato, si sono rotte delle cose e sono rotolate in giro.» Sollevò lo sguardo per fissarlo. «Penso che possa esserci stata una lite fra Troy e Henry Levitte. A quel tempo, Levitte era molto più giovane. Potrebbe addirittura esserci stata una colluttazione.»
Bernie annuì lentamente. «Ti seguo, Doc. Stai dicendo che Nathan Troy non è morto al lago, bensì nella villa di Hyde Road? Dobbiamo stare attenti a ciò che diciamo a Levitte quando lo incontriamo stasera.»
Alcuni minuti dopo sentirono avvicinarsi i passi pesanti del sovrintendente capo Gander. Entrò lanciando occhiate preoccupate a entrambi. «Andiamo al punto. Voglio vedere un piano con scritto sopra “Cautela”.»
Bernie assicurò che durante quell’incontro non avrebbero alzato i toni. Avrebbero informato Henry Levitte che ora era il primo nella lista degli indiziati per l’omicidio di Nathan Troy. Gli avrebbero lasciato intendere che non era necessariamente sospettato di aver commesso l’omicidio, ma di possedere informazioni su quanto era accaduto.
«Formuleremo la nostra richiesta di comparizione in modo che capisca a cosa sta andando incontro» disse Kate. «Aspetteremo di vedere se verrà con un avvocato.» Mentre continuava, Gander tenne gli occhi fissi sul pavimento. «Nella prossima mezz’ora lo contatteremo per accordarci sull’orario migliore per parlargli.» Mentre pronunciava le ultime parole, Furman era entrato a grandi passi nella stanza e ora era in piedi accanto alla porta. «Non gli daremo nessun dettaglio. Sarà una cosa del tipo: “Abbiamo delle ‘intuizioni’ riguardo alla morte di Nathan Troy e vogliamo parlarne con lei qui, domani”.»
Bernie mise il foglio in mano all’ispettore capo, mentre gli occhi di Furman scivolavano verso Kate e poi verso Gander stesso, che annuì in segno di approvazione. «Siete sempre certi riguardo alla qualità delle informazioni che avete raccolto?» domandò, guardando prima Bernie e poi Kate. Entrambi fecero di sì con la testa. «Il tenente Corrigan è della stessa opinione?» Altro cenno di assenso.
Furman interruppe la conversazione. «Giusto per ribadire la mia posizione, non sono d’accordo con questa iniziativa e non la sostengo.»
Kate lo guardò negli occhi. «Avendo identificato Henry Levitte come primo indiziato, occorre sentire il prima possibile che cosa ha da…»
Furman la guardò in cagnesco. «Ho ancora dubbi sulla mancanza di prove.»
Kate indicò la lavagna. «Gli indicatori ci sono tutti.»
L’uomo scosse la testa. «Sono quasi due anni che è qui e non ha ancora capito come funziona.»
Gander gli rivolse un’occhiata stizzita. «Lascia stare. Kate fa parte dell’Udi per via della sua esperienza in ambito psicologico. Se lei dice che gli indicatori presenti sono affidabili, ci fidiamo.» Kate sentì accendersi delle fiammelle di incertezza nella testa mentre guardava Gander abbottonarsi la giacca. «Non avete avuto altre notizie dalle perlustrazioni nel parco?» domandò il sovrintendente capo. Lei e Bernie scossero la testa e Gander si voltò per uscire dalla stanza, seguito a ruota da Furman.