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Il lunedì Kate fece lezione all’università la mattina presto. Più tardi, quando arrivò all’Udi, trovò Bernie e Joe in piedi accanto alla lavagna. Bernie le fece un cenno di saluto. «Stavo dicendo che quando vedremo Buchanan dovremo spremerlo fino a fargli dire esattamente che cosa sa della scomparsa di Troy, ma per adesso continuiamo a lavorare sulle nostre teorie.» Indicò sulla lavagna i nomi dei tre responsabili di reati a sfondo sessuale della zona. «Phillips lo abbiamo già incontrato. E tra cinque minuti esco e vado da questo qui» disse, colpendo violentemente il nome di Morrell. «Okay, i suoi precedenti, vittime femmine e adulte, non quadrano con il nostro caso, ma voglio comunque parlarci, perché finora ha evitato di rispondere alle chiamate e ai messaggi.»
La porta si spalancò e apparve Furman, con un completo color carbone di squisita fattura. Si muoveva con la consueta andatura che sprizzava boria da tutte le parti. «Watts, voglio che tu vada dalla famiglia di quello studente di belle arti, quel Comesichiama…»
«Nathan Troy» sbottò Kate.
«Fatti fare una lista delle persone frequentate dal figlio al tempo della…»
«Siamo già stati dai signori Troy» disse Kate.
«E io voglio che ci torniate.» Gli occhi di Furman erano fissi sulla lavagna. «Fatti dare altri nomi, Watts, non importa se li ricordano solo vagamente.» Guardò dall’altra parte del tavolo. «E voglio un’ora del suo tempo, tenente. Di sopra ci sono una delegazione del ministero degli Interni e alcuni affaristi locali dalle tasche belle piene. Sto per dare inizio a una tavola rotonda: La polizia armata nel ventunesimo secolo. Tra cinque minuti?» Joe fece un impercettibile cenno di assenso.
Quando stava per uscire, Furman si voltò. «La prossima settimana indirò una riunione per valutare i progressi fatti sul caso Troy. La mia impressione è che siate impantanati. Cerca di tirare fuori qualcosa di utile, Watts.» Se ne andò, chiudendo la porta con decisione.
Bernie si alzò in piedi, battendosi le mani sulle tasche. «Quando sarò io il capo, qui, farò costruire un bel muro di mattoni e lui… dove sono le mie chiavi, maledizione?»
Kate gli indicò il davanzale della finestra, poi guardò Joe. «Vuole sfoggiarti davanti agli altri.»
«Risposta armata: la stella nel firmamento di Furman.» Joe scosse la testa. «Che babbeo.»
Kate guardò i due colleghi sparire oltre la porta. Torno all’università, a correggere un altro po’ di scritti. Guardò la lavagna e lesse il nome del terzo incriminato per reati sessuali, Ronald Dixon. C’erano anche i contatti dell’agente che lo sorvegliava. Kate riconobbe il nome. Occorreva parlare con Dixon. Poteva essere lui il responsabile dell’aggressione a Bradley Harper l’anno precedente, o magari ne sapeva qualcosa. Era anche abbastanza vecchio da poter essere coinvolto nella questione Troy all’inizio degli anni Novanta. Kate sollevò la cornetta e compose il numero, segnandosi sul quaderno l’indirizzo di Dixon durante l’attesa. Dopo tre squilli, qualcuno rispose.
«Wellan.»
«Sono Kate Hanson. Ha un minuto?»
«Per lei sì.»
«Abbiamo delle nuove informazioni su Troy. L’undici novembre doveva andare da qualche parte. Le aveva detto qualcosa?»
«Undici novembre? No, non mi dice niente.»
«Non ricorda di aver sentito da nessuno che Troy doveva fare una gita insieme al padre?»
«Non mi pare. La mia impressione sul padre di Troy era che non gli interessasse quello che faceva il figlio al Woolner e che i due non andassero d’accordo. Non ricordo di aver sentito niente dagli studenti. E Henry non avrebbe detto niente comunque, perché le vite degli studenti non gli interessavano.»
Kate lo ringraziò e riappese. Poi sollevò di nuovo il ricevitore, compose un altro numero e attese. «Servizio sorveglianza della polizia di West Midlands. Come posso aiutarla?» Kate spiegò chi fosse e chiese dell’agente che sorvegliava Dixon.
Le giunse all’orecchio una voce dal tono professionale. «Salma Huq.»
Kate sorrise. «Ciao, Salma.»
Il breve silenzio fu interrotto da un gridolino. La sua interlocutrice l’aveva riconosciuta. «Kate! Ma che diav… Come stai?»
Kate aveva ben presente la giovane brillante che, tre o quattr’anni prima, aveva seguito il suo corso di criminologia all’università. «Bene, grazie, e tu?» Dopo aver ascoltato, le disse: «Ti chiamo dall’Unità delitti insoluti, polizia di Rose Road. Mi servono delle informazioni su un tuo assistito, Ronald Dixon. All’inizio dell’anno scorso è stato arrestato per l’aggressione di un quindicenne al Woodgate Country Park.» Silenzio. «Salma?»
«Fra i vari tuoi talenti c’è per caso anche la chiaroveggenza?»
Le sopracciglia di Kate si sollevarono. «Perché, scusa?»
«Attualmente è fuori con la condizionale, dopo aver scontato nove dei quindici mesi previsti dalla sua sentenza, ma proprio in questo momento stavo finendo di compilare i moduli per farlo rimettere dentro.»
Dixon si era guadagnato l’imminente ritorno in carcere perché pareva che nelle ultime settimane fosse stato scoperto a frequentare personaggi equivoci, e sembrava inoltre che avesse sedotto la giovane madre di due ragazzini della zona, la quale aveva parlato di lui a un’amica descrivendolo come «un principe azzurro». Salma era inarrestabile: «Di recente è stato sempre meno collaborativo. Ha evitato due appuntamenti con me e stamattina ha saltato la terapia di gruppo. È più che sufficiente a rimandarlo dentro».
«Puoi descrivermelo in breve?»
Salma obbedì, spiegando che Dixon era stato giudicato come elemento ad alto rischio di recidività per via della sua storia criminale, che comprendeva molestie fisiche e non, nei confronti di donne adulte e di minorenni di entrambi i sessi. I resoconti del suo percorso di cura mostravano che soprattutto il suo atteggiamento nei confronti dei bambini era rimasto estremamente distorto. «In pratica ritiene che non ci sia niente di male ad abusarne. Che cos’altro? Ah, sì. Ha inclinazioni violente. Nel corso degli anni, per quanto ne sappiamo, ha avuto due partner, due donne. La prima è durata qualche mese, la seconda tre anni. Lui la picchiava e lei l’ha mollato. Lo ha descritto come “un uomo dalla doppia personalità”. I nostri documenti non segnalano che abbia figli, per grazia divina, ma non si può mai essere sicuri di niente.»
Kate annuì, comprendendo quanto fossero significative quelle indicazioni. Comprese anche la difficoltà dell’uomo nel gestire i suoi rapporti con le donne adulte, intuendo che probabilmente oscillava fra un atteggiamento da zerbino riconoscente e un altro da implacabile tiranno.
Salma aveva altre cose da dire. Nel corso della terapia, Dixon aveva confermato, benché di malavoglia, di aver fatto uso di pornografia violenta che coinvolgeva adolescenti di entrambi i sessi. «Inoltre, un altro membro del suo gruppo ha fatto la spia, riferendo che andava in un locale di Lozells, un centro massaggi con personale minorenne. Capito il personaggio?»
«Fin troppo bene. Ho un indirizzo, Jannings Road 14. Vive solo?»
«Sì. Negli ultimi dieci giorni lo abbiamo messo sotto sorveglianza. Non sembra che ci sia nessuno con lui.»
Kate pensò al suo progetto di far visita a Dixon. «Volevo anche sapere se è considerato pericoloso per eventuali aggressioni a professionisti.»
«Mmm… sicuramente è un tipo ostile. Ma non abbiamo niente a sostegno di possibili accuse di violenza fisica. Perché?»
«Vorrei incontrarlo.»
«Da dopodomani non ne avrai più occasione.»
Kate riappese. Doveva farlo, ora o mai più. Prese la borsa e il cappotto, fermandosi solo per staccare dalla lavagna le fotografie di Nathan Troy e Bradley Harper.