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Leila Jones aprì la porta. «Entri pure, dottoressa Hanson. Temo che abbia fatto un viaggio a vuoto. Cassandra non è qui.»
Entrando, Kate la fissò. «Dov’è?»
La signorina Jones tese una mano verso l’ufficio. «Il suo umore ieri si è stabilizzato, così se ne è andata a stare da sua sorella, che se ne prenderà cura nei prossimi giorni.»
Kate sentì salire la preoccupazione. Miranda sapeva che sua sorella aveva bisogno di protezione? Miranda stessa poteva essere un pericolo e… Chi si era preso cura di Cassandra la sera precedente? Si scostò i capelli dal viso. In quel momento c’era qualcos’altro che doveva fare. «Sono venuta per vedere lei.»
Sorpresa, la signorina Jones la guidò nel suo ufficio e le fece segno di sedersi, poi si avviò dietro la scrivania, dove c’era un massiccio faldone. «Sto aggiungendo i dettagli dell’ultimo soggiorno di Cassandra alle sue cartelle, quindi sono molto…»
Con gli occhi sulle cartelle cliniche, Kate domandò: «Ha saputo di suo padre?».
La signorina Jones annuì, seria. «Sì. Speriamo che questo non causi un’altra crisi, ma con il giusto sostegno e un attento monitoraggio dell’assunzione dei farmaci penso che si possa essere ottimisti.»
«Mi serve il suo aiuto.»
La direttrice le lanciò un’altra occhiata sorpresa. «Non saprei come, ma se posso aiutarla lo farò.»
«A lei piace Cassandra, vero?» L’altra donna annuì. «Nel corso della mia visita insieme al tenente Corrigan, Cassandra non è stata esplicita, ma ciò che ha detto – insieme ad altre informazioni di cui disponiamo sul suo conto – mi ha dato motivo di credere che la famiglia Levitte abbia delle dinamiche molto… problematiche.» La direttrice la guardò intensamente negli occhi e Kate capì che aveva colto l’allusione agli abusi subiti da Cassandra. «Le nostre indagini sono iniziate con la morte di un ragazzo avvenuta nel 1993. Sono morte altre due persone e, come lei sa, sono preoccupata per la sicurezza di Cassandra. Lo sono sempre di più.» Gli occhi di Kate si posarono sul faldone. «Devo vedere le sue cartelle cliniche.»
Leila Jones giunse le mani sopra al faldone davanti a sé e fissò Kate con uno sguardo eloquente. «Non posso aiutarla. Deve rendersi conto che si tratta di materiale riservato. Questi documenti sono stati consegnati alla Hawthornes e affidati a me al preciso scopo di controllare le cure impartite a Cassandra Levitte in questa sede…»
Qualcuno bussò con forza alla porta e una giovane in grembiule lilla chiaro entrò nell’ufficio. «Mi scusi, signorina Jones, può venire adesso?»
Il viso della direttrice si fece teso mentre si alzava. «Deve scusarmi, dottoressa Hanson. Abbiamo una questione da risolvere con uno dei nostri residenti.» Le indicò la porta. «Le mostro l’uscita.»
Kate fu frettolosamente invitata a uscire dall’ufficio e si ritrovò nell’ampio atrio, da cui sentì il rumore forte di qualcosa che andava in pezzi da qualche parte, in una stanza lungo il corridoio. La donna in grembiule lilla scomparve subito nella direzione da cui era venuto il rumore e Leila Jones la seguì, indicando la porta d’ingresso. «La pregherei di uscire, grazie.»
Kate attraversò l’ingresso e aprì la porta, rimase in piedi per qualche secondo, poi lasciò la presa sulla maniglia. Mentre la porta si richiudeva, lei si voltò e guardò il corridoio. Non si vedeva anima viva. Tornò all’ufficio, entrò, chiuse la porta e vi si appoggiò. Una voce dentro la sua testa le gridava di pensare alle regole, alla professionalità, all’etica. E non era la prima volta.
Allontanandosi dalla porta, le orecchie tese, si affrettò a raggiungere la scrivania e prese il faldone. Non c’era tempo di leggerlo con attenzione. Leila Jones poteva tornare da un momento all’altro. Con una rapida occhiata si accorse che c’era qualche foglietto adesivo rosa che sporgeva tra le pagine dei fascicoli. Sempre all’erta, fece scorrere le pagine fino a trovare il primo. C’erano i dettagli sui farmaci presi da Cassandra. Litio. Lo sapevano già.
Kate scorse altre pagine, fino al secondo foglietto. Si immerse nella storia clinica di Cassandra, vagliando decine di commenti scritti a mano. Furono tre lettere a bloccarla: DPP. Tutto ciò che era stato detto sulla giovinezza di Cassandra le aveva fatto nascere un sospetto che ora vedeva confermato. Eccola lì. Data presunta di parto. Anni prima, a diciannove anni, Cassandra Levitte era incinta. Kate sentì dei suoni attutiti da qualche parte fuori dall’ufficio e continuò a leggere, in cerca di altro materiale. Lo trovò qualche riga sotto, accanto alle parole Padre putativo: due iniziali che la lasciarono senza fiato. MJ.
Richiuse il faldone e si affrettò ad andare alla porta. Lì rimase in ascolto, poi sbirciò fuori. Si sentivano delle voci, una delle quali era quella di Leila Jones. Kate lasciò l’ufficio, corse silenziosa attraverso l’ingresso, aprì la porta principale e se ne andò.