47
Kate inghiottì dell’aria. Cercò di alzarsi. Non ci riuscì. Uno scalpiccio frenetico si stava avvicinando. La luce proveniente dalla scalinata le feriva gli occhi. Si sentiva galleggiare, sconvolta, sentiva le urla stridule di una donna. Come poteva pensare in tutto quel caos? Il tempo le scivolò di mano, falso e infido, rubandole interi minuti.
Ora Kate era avvolta in una coperta rossa e si trovava in una stanza piccola e spoglia. Aveva la nausea. La mano grossa e calda di Bernie le batté su una spalla. «Va tutto bene, Doc. Rilassati.» Sentì la voce di Joe, poco distante, vide Julian pallido e con gli occhi spalancati. La nausea saliva a ondate. Sollevando una mano dalla coperta, si appoggiò le dita sulla bocca, la fronte imperlata di sudore e le labbra bagnate di saliva. No. Ti prego. Questo no. Tutto ma non…
Deglutì faticosamente, sollevò lo sguardo e vide il viso preoccupato di Bernie, poi vide Joe che arrotolava in fretta un cono di carta di giornale. Kate strinse forte le palpebre mentre la nausea saliva di nuovo e il diaframma le si contraeva nel petto. Pensa ad altro… Pensa ad altro.
Lo fece. Pensò alla richiesta di incontrare Henry Levitte, l’indiziato principale nella loro indagine sulla morte di Nathan Troy. Levitte doveva sapere perché stavano andando da lui, doveva aver indovinato i loro sospetti. Kate aggrottò la fronte. I suoi sospetti. Sapeva che cosa sarebbe successo e si era ucciso. Si ricordò del corpo che dondolava e il suo cuore prese a batterle più forte. Che cosa ho fatto?
«Kate?» In un fruscio di grembiuli protettivi, Connie Chong apparve al suo fianco, e le parlò con voce insistente. «Guardami.» Kate aprì gli occhi e la fissò. «Dimmi dove ti trovi» le ordinò Connie. Gli occhi di Kate si fecero di nuovo vacui, vagando tra la scrivania e due grandi quadri in cornice appoggiati a una delle pareti. «Kate?»
Kate si sforzò di concentrarsi. «Non so… White Box.»
«Brava ragazza.» Si sentì il doppio click di una valigetta che si apriva, seguita di nuovo dalla voce di Connie. «È sotto shock.»
«Lui…» Kate chiuse la bocca. Un’altra ondata di nausea. Inghiottì.
Connie aveva in mano due pastiglie. «Ascoltami, Kate. Metti queste sotto al labbro superiore, una per lato. Ti toglieranno la nausea.» Kate ubbidì, le mani tremanti, la gola stretta in una morsa.
Connie spostò l’attenzione sulle altre persone presenti. «Che cosa è successo di preciso?»
Joe aveva ancora in mano il cono di carta di giornale, gli occhi fissi su Kate. Rispose Bernie. «Noi eravamo qui, al pianterreno, in attesa che Levitte ci facesse avere un messaggio per dirci che potevamo parlargli. Non è arrivato. La Doc è salita e l’ha trovato. Gli è andata a sbattere contro.» Kate strinse palpebre e labbra. «La famiglia sa che è successo qualcosa, ma non hanno ancora ricevuto nessuna comunicazione. Joe ha fermato la moglie di Levitte prima che riuscisse a salire.»
Ascoltando mentre esaminava le pupille di Kate, Connie fece un rapido cenno di assenso. «L’ho vista, era lì che beveva brandy. Mi è stata indicata.»
Bernie spostò lo sguardo da Kate a Connie. «L’hai già esaminato?»
Lei annuì. «La Scientifica ha fatto le foto, lo ha tirato giù e io ho fatto un’analisi preliminare molto rapida. Ora gli sta tenendo compagnia Igor, insieme a due agenti. Sono venuti altri poliziotti da Rose Road. Stanno gestendo la folla, bloccando chiunque cerchi di andarsene.» Tornò a guardare Kate e la osservò accuratamente, notando che stava riprendendo colore. Poi Connie richiuse la valigetta e si alzò, rivolgendo ora l’attenzione agli altri componenti dell’Udi. «Volete dargli un’occhiata? No, tu no, Kate» disse vedendo che si scostava di dosso la coperta rossa.
Kate la lasciò cadere e si alzò, ancora tremante. «Io… sto bene.»
«Siediti e taci» sbottò Bernie. «Aspetta qui.»
Guidata dai due colleghi più anziani, Kate lasciò la piccola stanza e camminò lungo il corridoio angusto insieme a Connie. «Lasciando stare l’esperienza tremenda che hai appena avuto, il tuo vestito è favoloso» bisbigliò Connie, che voleva distrarla mentre facevano il loro ingresso nell’ampio salone al pianterreno per poi salire le scale sotto gli occhi della folla silenziosa e ora attentissima. «Penso che tutto il personale dell’Udi debba vestirsi elegante più spesso. Non trovi anche tu che Bernard sia particolarmente carino?» mormorò, finendo per strappare un mezzo sorriso a Kate.
Arrivarono al piano superiore, ora ben illuminato, e camminarono fino al punto in cui si trovava il corpo di Henry Levitte, in una sacca per cadaveri ancora aperta. Connie fece cenno di fermarsi. «Non troppo vicino, e tenetevi su quel lato, lontano da quest’area. È ancora bagnato.»
Tutti osservarono il corpo disteso. Kate fece vagare lo sguardo su Levitte, cominciando dalle scarpe di cuoio per poi salire verso il cavallo dei pantaloni, più scuro, e poi il torace e il viso. Gli occhi erano mezzi chiusi, con uno sfogo arrossato sotto a ciascuno di essi. Anche una guancia, un lato del collo e le orecchie erano rossi. Connie si infilò i guanti, seguendo lo sguardo di Kate. «Sfogo petecchiale associato all’asfissia.»
Kate osservò i movimenti di Connie. «Sapeva che lo avremmo accusato di essere coinvolto nella morte di Troy e… ha fatto questo» sussurrò, cominciando a tremare. Joe si tolse la giacca e gliela mise intorno alle spalle.
Connie scosse la testa, decisa. «No, Kate. Dubito seriamente che la causa della sua morte sia l’impiccagione.» Era in ginocchio e stava indicando il collo di Henry Levitte con il dito protetto dal guanto di lattice. Kate chiuse gli occhi, mentre i colleghi esaminavano il solco rosso scuro e ben delineato che vi serpeggiava intorno. «Se fosse morto impiccato, ora dovrei vedere dei lividi causati dalla coagulazione del sangue sotto la pelle, nel punto in cui la corda ha esercitato pressione sui tessuti circostanti. Non c’è niente di tutto ciò.» Guardò verso l’alto, verso la balaustra e la lunga corda che penzolava da lì, poi tornò a osservare il corpo. «Inoltre, il segno che ha sul collo avrebbe dovuto essere interrotto in un punto, dove cioè la corda tirava verso l’alto. Ho controllato. Il solco che vedete è continuo. Niente punto di sospensione. È morto prima di essere appeso.»
Gli occhi di Kate si spalancarono. «E allora qual è la causa della morte?»
«Secondo me è stato strangolato. Da dietro.» Kate guardò Connie allentare il colletto del cadavere. «Vedete come è privo di segni il collo, solco a parte? Niente lividi lasciati da dita, niente unghiate.» Sollevò lo sguardo sugli astanti. «Strangolamento per legatura. Sembra che l’assassino volesse nascondere la causa della morte. Nella speranza che passasse per un suicidio, magari?» Connie si accovacciò sui talloni, guardando gli altri. «Come al solito, in questa fase quelle che faccio sono solo ipotesi.»
«Hai idea dell’ora del decesso?» domandò Joe.
Connie alzò le spalle, eloquente. «Due ore prima che Kate lo trovasse, più o meno.» Si tolse i guanti. «Se ciò che ho detto riguardo alla causa del decesso è corretto, abbiamo tre morti: Nathan Troy, Bradley Harper, Henry Levitte. Tutti strangolati in modo simile.» Kate fissò il corpo e poi guardò i colleghi, mentre la voce di Connie riempiva il silenzio. «C’è un modello che si ripete, Udi, e la morte di Henry Levitte ne fa parte.»