21

Percorsero il vialetto pieno di erbacce e Bernie picchiò con il pugno su una porta mezza scrostata. Da qualche parte, all’interno, si levò il pianto di un neonato seguito da una voce femminile che urlò: «Amber? Amber! Porta giù il bambino. C’è qualcuno a quella porta del cacchio!». Poi la porta si aprì all’improvviso e sulla soglia campeggiò la sagoma di una donna corpulenta. Non ci fu bisogno di presentazioni. Gli occhi della donna guizzarono a controllare l’area immediatamente circostante ai suoi ospiti. «Entrate.» Si schiacciò su un lato del minuscolo ingresso e i due agenti entrarono. Bernie fiutò l’aria: sapeva di acido, di unto.

Seguendo il cenno della donna, oltrepassarono la porta alla loro destra ed entrarono in un piccolo salotto, dove regnava il disordine. La donna li seguì all’interno, raccattando vestiti, giocattoli e altre cianfrusaglie. «Non ero pronta a ricevervi. Tutta questa storia del mio Bradley… ho avuto una giornataccia.» Il petto della donna si alzò e si abbassò mentre sollevava il viso verso il soffitto. «Craig? Hai già finito i compiti?» Non ci fu risposta, ma al piano superiore qualcuno batté forte i piedi.

Fece cenno agli uomini di sedersi, mentre Bernie faceva le presentazioni. «Io sono il sergente Watts e questo è il tenente Joe Corrigan, Rose Road. Signora Harper.»

«Mi chiamo Debbie. Vi stavo aspettando. È venuta una poliziotta giovane oggi pomeriggio, un’asiatica, ma gentilissima.» La donna fece qualche passo e lasciò cadere gli oggetti che aveva raccolto nello spazio tra il divano e il muro, poi si voltò lentamente verso gli agenti, terrorizzata. «Voi sapete qualcosa. Non ditemi…»

Loro scossero la testa. «Stia tranquilla, ora…» le consigliò Bernie.

La donna si buttò a sedere in una delle poltrone malconce. «Quando torna lo ammazzo. Farmi preoccupare così!» disse con voce tremante.

Una bambina di circa otto anni apparve sulla porta, con in braccio un neonato dal viso paffuto, la schiena premuta contro il suo petto, le braccia e le gambe penzoloni. «Va cambiato, mamma.»

La donna le rivolse un’occhiata infastidita. «Sai come si fa.» Quando la bambina e il neonato scomparvero, la donna rimase a osservare Bernie estrarre il taccuino.

«Ci servono maggiori informazioni sul suo Bradley. Innanzitutto, è mai sparito prima d’ora?»

La donna pareva in dubbio. «C’è stata una volta… ma non era veramente sparito. Io ero in ospedale a partorire e suo padre era venuto qui a guardare i ragazzi per un paio di giorni. Non vanno d’accordo, Bradley e suo padre, e così Bradley è andato a casa di mia sorella senza dire niente a nessuno. Vive dall’altra parte del quartiere, verso il centro ricreativo.» Bernie annuì. Conosceva quel posto. «Mia sorella non sapeva che Bradley non aveva detto niente a suo padre.» La donna assunse un’espressione scocciata. «Non che avrebbe fatto qualcosa, comunque. Così io torno dall’ospedale e mi accorgo che il mio Bradley non c’è.» Si morse il labbro. «Spesso va da mia sorella e si ferma a dormire per una notte, a volte anche di più. Facciamo così, tra noi. Gli piace stare lì. Ci sono solo lei e Jamie, suo figlio di dodici anni. Bradley lascia sempre lì un po’ della sua roba… per lui è una seconda casa. Avevo pensato l’avesse fatto anche stavolta. Pensavo fosse lì.» Le tremarono le labbra.

«Marina la scuola molto spesso?»

La donna si arrabbiò. «E se anche fosse? Nessuno si interessa a lui. Pensano che sia stupido. Lui non lo è. Si annoia.» Rimasero in attesa. «Ogni tanto salta delle lezioni e l’ho già sgridato per questo.»

«Ha altri figli che frequentano la stessa scuola, signora?»

La donna guardò Joe, armeggiando con il fiocco della camicia. «Sì.»

«Vanno bene?»

Lei annuì. «Vanno molto bene, in effetti… Oh, adesso ho capito. Mi state chiedendo della differenza tra i miei figli? Il mio Bradley è il più grande e, a dire il vero, Ron non è suo padre. Bradley è nato quando stavo passando un brutto momento. Era appena morta mia mamma e lo so che lo vizio, gli lascio fare tutto quello che…» Si morse di nuovo il labbro.

Joe si alzò, prese un foglio dalla tasca del soprabito e andò dalla donna seduta. «Ci interessa sapere se ha idea di dove possa andare Bradley quando non è a scuola, signora. Vede? Questa è una pianta delle immediate vicinanze.»

La donna vi chinò sopra la testa, subito indicando i luoghi che conosceva. «Questa è la nostra via e quella è la scuola… Ecco, mia sorella vive lì, ma non è andato da lei.» Prese la mappa dalle mani di Joe e la esaminò. «C’è il centro ricreativo, ma non credo ci sia andato. Sa che telefonerebbero a casa o a scuola se ci andasse nell’orario delle lezioni. Lo stesso vale per i negozi. La scuola manda in giro della gente a cercare quelli che saltano le lezioni. Il mio Bradley non è stupido.»

Joe tese una mano e indicò una vasta area segnata in verde. «E questo posto?»

La donna fece di no con la testa, decisa. «No. Lì non ci va.»

Dal suo posto, Bernie vide che stavano prendendo in considerazione il parco. «Come mai ne è così sicura?»

La donna distolse lo sguardo, arrossendo mentre raccontava dell’aggressione subìta da Bradley l’anno precedente. Erano stati alla stazione di polizia locale per sporgere denuncia, ma non era stato fatto niente perché Bradley aveva rifiutato di fornire dettagli sull’aggressione, a parte dire che un uomo gli aveva messo le mani addosso.

Sentirono il rumore della porta d’ingresso che si apriva e poi si chiudeva. «Dev’essere arrivato Ron.»

Un uomo basso e magro, in abiti da lavoro, con un berretto calcato fino alle sopracciglia, entrò nella stanza, portando con sé una folata d’aria fredda. «Che cosa ci fanno questi qui?»

«Sono di Rose Road. Stanno cercando Bradley. Vogliono sapere di lui, dove va.» Il nuovo arrivato era diretto verso una porta che dava sul retro della casa.

Bernie si alzò faticosamente in piedi. «Aspetti un attimo! Siamo qui per cercare informazioni sul figlio di Debbie. Lei ha qualcosa da dire? Su dove potrebbe essere?»

L’uomo parlò senza voltarsi del tutto. «No, tranne che quando finalmente si deciderà a tornare a casa vorrò sapere che cosa ha fatto di certa roba mia che si è fregato.»

«Come una torcia, per esempio?»

Le parole di Bernie fecero bloccare di colpo l’uomo, che si voltò a guardarli. «Forse. Mi gironzola sempre intorno per trafficare con le mie cose.»

«Ce la può descrivere?» disse Bernie, lanciando un’occhiata a Joe.

L’uomo scrollò le spalle. «Nera con delle parti di metallo a ogni estremità. Niente di speciale. Solo che non mi va che lui si prenda le mie…»

«Abbiamo saputo che l’anno scorso Bradley è stato aggredito al Woodgate Park» continuò Bernie. «Lei che cosa sa al riguardo?»

«Niente.» L’uomo si tolse il cappotto e il cappello di maglia, rivelando capelli sottili, a ciuffetti. «Non ci sarebbe dovuto andare, no? Era stato avvisato. Sono stato io a portarlo dagli sbirri. Tempo sprecato. Non gli ha detto una parola.» L’uomo fece un cenno verso l’altra parte della stanza. «Con lei parla di più. Io non ci sono sempre. Non so perché stiate facendo tutto questo casino. Ha sedici anni.» Con queste parole, Ron si infilò nella porta e scomparve.

Debbie Harper si stava mordendo il labbro, il viso pieno di preoccupazione. «Adesso mi sto facendo delle domande. Al mio Bradley piaceva quel parco. Io gli ho sempre detto di non andarci, ma… È sempre stato un solitario e poi ha fatto amicizia con un ragazzo, a scuola, e ho pensato: “Adesso che ha un amico gli farà bene. Meglio che starsene tutto il tempo da solo”. Io lo so com’è. Ma quando ho scoperto chi era ho cambiato idea e adesso mi chiedo se non sia andato al parco con lui

«Chi?» domandò Bernie.

«Quel Butts. Stuey. È una cattiva compagnia. Suo padre è stato dentro per violenza domestica.» Con le guance grassocce rigate dalle lacrime disse: «Ditemi che non pensate gli sia successo qualcosa di brutto.»

«Faremo tutte le indagini necessarie» disse Joe, scambiandosi un’occhiata con Bernie. «Nel frattempo, ha una foto recente di Bradley?»

Alzandosi dal divano, la donna si avvicinò a una credenza con appoggiato sopra un mucchietto di cianfrusaglie. Aprì un cassetto e vi frugò dentro, poi ne estrasse un piccolo oggetto e lo mise in mano a Joe. «Questa è la foto che gli hanno fatto a scuola lo scorso ottobre.»

Joe la guardò con un cenno di assenso. «Ci può dare anche una descrizione fisica? Altezza? Peso?» Passò la foto a Bernie.

La donna deglutì forte. «È biondo… come vedete dalla foto. Non è tanto alto. Un metro e settanta, direi. Un po’ pesantino. Ha preso da me, vedete… ha le ossa grosse.»

«C’è qualche ragione specifica per cui non ha denunciato la scomparsa il giorno in cui non è rientrato? O il giorno seguente?»

«Come vi ho detto, pensavo che fosse da mia sorella.» La donna fece un cenno in direzione della porta da cui era passato il compagno, con espressione indurita. «E anche per colpa sua. Lui ha detto che non c’era niente di cui preoccuparsi, che Bradley ha sedici anni e che era ora di smetterla di agitarsi per lui. Non avrei dovuto dargli retta. Avrei dovuto chiamare mia sorella per controllare.» Il viso della donna si contrasse, coperto di lacrime.

Al suono di piedi che scendevano le scale si ricompose, asciugandosi frettolosamente gli occhi mentre due ragazzini entravano nella stanza. Si avvicinò loro, posando a ciascuno una mano su una spalla. «Questo è Craig e questo è Jarvis.» Il più giovane dei due le tese due fogli. La donna li prese, guardando il risultato del loro lavoro con i pennarelli. I due agenti videro una frase spiccare sui volantini colorati che avevano preparato: Vi prego, aiutateci a ritrovare nostro fratello!

La donna rivolse loro un mezzo sorriso. «Siete stati davvero bravi, ragazzi. Avete fatto un bel lavoro.»

Qualche minuto dopo, Bernie stava scrutando la finestra del pianterreno di un’altra casa. Quando Joe bussò alla porta d’ingresso per la terza volta, Bernie scorse un leggero allargamento nei listelli delle veneziane.

Poi la porta si aprì e apparve la signora Butts con una sigaretta in mano. Li guardò entrambi, il viso pieno di ostilità, le labbra ritratte. «Basta! Non avete niente di meglio da fare? Vi sembra il momento? L’altro giorno l’avete veramente sconvolto.»

Joe fece un passo avanti. «Dobbiamo entrare, signora. Abbiamo altre domande da fare a suo figlio.»

Scocciata, la donna fece un passo indietro e gli agenti entrarono in un salotto dominato da fumo, mobili imbottiti in cuoio rosso e da un televisore fissato alla parete e sintonizzato su Sky Sports. Joe osservò la donna mentre li seguiva all’interno della stanza per poi dirigersi verso un’altra porta. «Dov’è lui?»

«Lasciateci un attimo di respiro, sto andando a chiamarlo! Non è stato bene da quando lo avete fatto andare a Rose Road. La sua asma…» La donna scomparve dietro la porta. Gli agenti rimasero in attesa; Bernie osservò la stanza, pensando che, a giudicare dall’arredamento e dagli apparecchi elettronici, in quella casa dovevano avere soldi da buttare. Ma dubitava fossero soldi puliti.

A un suono quasi impercettibile si voltarono. Sulla soglia, in piedi, c’era Stuart Butts. Niente uniforme scolastica, questa volta, ma sempre elegante. Bernie notò i pantaloni stirati con la piega. Lo guardò negli occhi. «Abbiamo altre domande da farti. Vieni a sederti.» Ignorando il divano rosso, Stuart Butts entrò nella stanza e si mise a sedere su una sedia da ufficio con le rotelle, gli occhi azzurro pallido fissi sui visitatori. «Vogliamo sapere qualcosa del tuo amico Bradley Harper. E quella cosa la puoi anche spegnere.» Indicò l’enorme televisore con il pollice.

«Non è mio amico» borbottò il ragazzo, prendendo il telecomando dal bracciolo di una poltrona vicina e puntandolo verso lo schermo.

«Perché l’altro giorno non ci hai detto che tu e Harper avete marinato la scuola e siete andati al parco?» latrò Bernie.

«Perché non lo abbiamo fatto.»

Fece qualche passo verso il ragazzo, indicandolo con l’indice, proprio nel momento in cui entrò la signora Butts, che intervenne con voce affannosa. «Ehi! Non potete venire qui a spadroneggiare in questo modo.»

«E invece sì.» Bernie non la guardò nemmeno, aveva gli occhi ancora fissi su Stuey. «Parla. Ora! Oppure ti troverai a Rose Road prima ancora di riuscire a dire la parola “arresto”.»

Stuey lanciò a Bernie un’occhiata inquisitoria, cercando di capire fino a che punto gli agenti sapessero qualcosa. «Va bene, siamo andati al parco. E allora? Non abbiamo fatto niente.» Bernie incrociò lo sguardo di Joe e gli fece un cenno impercettibile. Era meglio che continuasse Corrigan. L’unica cosa che avrebbe avuto voglia di fare lui, in quel momento, sarebbe stato dare un bel ceffone a quel ragazzino impertinente.

Joe guardò Stuey girare lentamente sulla sedia, con espressione guardinga. «Dicci tutto ciò che sai, Stuart, e assicurati che sia davvero tutto, altrimenti verrai con noi in centrale.»

Butts offrì una versione riveduta e corretta: sì, lui e Harper avevano lasciato la scuola dopo aver risposto all’appello ed erano andati a piedi fino al Country Park. Quando aveva cominciato a piovere se ne erano andati. Non avevano visto niente e non avevano fatto niente.

Joe si alzò in piedi e gli si avvicinò a passi lenti e misurati, con le mani nelle tasche del soprabito. «Okay. Adesso invece ce la racconti tutta. Nei dettagli.» Rimase in piedi, sovrastando il ragazzo, che riprese a parlare, aggiungendo qualche elemento. Quando si era messo a piovere si erano rifugiati in un «capanno» vicino al lago, dove avevano «cazzeggiato» e poi se ne erano andati. «Come hai fatto a far scivolare la tua torcia sotto al pavimento?»

Osservarono il volto di Butts irrigidirsi, gli occhi chiari che passavano rapidi da un agente all’altro. «Non l’ho fatto. Non era mia.»

Nel giro di cinque minuti ottennero una versione meno censurata. C’era stata una piccola baruffa tra i due, in seguito a cui il pavimento era stato danneggiato. Ne avevano sollevata una parte e la torcia era rotolata nel buco.

Il tono calmo della voce di Joe risuonò nuovamente nella stanza. «Che cos’altro c’era nel buco?»

«Niente. Non c’era niente da vedere. Non abbiamo neanche guardato.»

Nel corso di quello scambio, Bernie non gli aveva staccato gli occhi di dosso neanche per un attimo. Fece qualche passo verso Stuey, che smise di parlare. «Certo che avete guardato.» Vide la giovane bocca contrarsi. «Proviamo con questa domanda: Dov’è Bradley Harper?»

«Non ne ho idea.»

Il respiro di Bernie si fece più affannoso. Stava sentendo salire la rabbia. «Okay. Proviamo con quest’altra: che cosa sai dell’aggressione subìta da Bradley Harper al parco, l’anno scorso?»

Il viso di Stuey si fece inespressivo. «Niente. Non dirò altro e conosco i miei diritti. Non potete arrestarmi.»

Due minuti dopo, Bernie aveva fatto una telefonata a Rose Road, da cui gli avevano detto che fino ad allora non erano emerse piste su dove potesse essere Bradley Harper. La Range Rover si allontanò dal marciapiede dirigendosi verso il quartier generale. Bernie era furibondo. «Quel Butts è un bugiardo farabutto, ma ce l’abbiamo in pugno. C’era il suo DNA in quel capanno sul lago e Bradley Harper era proprio lì, con lui. C’erano entrambi quando il pavimento è stato rimosso. Penso che abbiano litigato. O Bradley Harper se l’è data a gambe e adesso è troppo spaventato per farsi rivedere, o Butts gli ha fatto qualcosa di brutto. Intendo contattare Gander per poter arrestare Butts. Spero che tu non abbia da fare, stasera.»

«No» rispose Joe.

Niente di umano
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